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massima, su cui egli si fondava, per sapere a tempo, difendersi, ed offender l'inimico. Nelle affermazioni dogmatiche di Socrate, la più importante per valor critico fu quella della virtù; che per sè stessa era Critica de' filosofi anteriori, i quali avevano trasandato l'elemento morale, come altresì Critica dello scetticismo, che lo aveva sprezzato, e del paganesimo, e del comune opinare, i quali non sapevano farne stima. Socrate non ebbe coscienza (e a chi è riuscito mai agevole filosoficamente d'averla ?) dell'energia critica, che è nel principio morale, ma è debito nostro il riconoscere, che l'affermazione della virtù, in mezzo ai vaneggiamenti cosmologici de' filosofi e al procedere poco leale de' Sofisti, fu un atto assai glorioso (1). Si dee riconoscere inoltre, che l'elemento morale, cui Socrate chiedeva aiuto, lo guidava a comprendere l'importanza di quella massima antica: Conosci te stesso, che è impulso per applicare la facoltà critica su lo stesso soggetto pensante. Ma ciò, che più manifestamente critico era nel procedimento di Socrate, consisteva nella sua provvida controversia; in cui pareva e' s'impicciolisse per mostrare, che non havvi verità, la quale, per virtù d'osservazioni critiche manifestate col mezzo del definire, del distinguere e dell'indurre, non isveli alla mente i rapporti d'un vero con altro più alto e quindi con una dottrina, che entrambi gli inchiuda.

L'importanza di Socrate nella Storia appare, in quanto esercitò l'energia critica della mente con maggior coscienza, non già, per dir vero, come un metodo che stia da sè, ma come un mezzo per tôrsi all'errore e giugnere alla verità. Platone pone su le labbra di Socrate parole, che accennano al suo procedimento critico, come p. e. quelle: Io son pra

(1) E il sentimento morale era sì energico, che sol per esso, più che per la vigoria scientifica di quel filosofo, si puo dire, che l'idea del sapere era in lui vivente, come affermava lo Schleiermacher nel suo scritto sul merito di Socrate come filosofo. Vedi OD. SCHMIDT, Delineaz. della Storia della Filosofia, trad. per Gio. Bat. Pastorini; Parte prima, Sez. terza, § 45.

tico in qualche modo di obiezioni (Tav avtikinεav). Per evitare errori, ei trovava necessario l'esaminare il soggetto, verso cui la mente si volge, e secondo lui la Filosofia è cosa convenevole e importante per l'uomo. Così smettendo ricerche altissime, ma vuote, Socrate faceva discendere la Filosofia nelle indagini proprie dell'uomo: onde Cicerone disse, che quell'Ateniese avea trasportato la Filosofia dal cielo su la terra. Il suo metodo era critico in questo, che, a forza di far sentire le difficoltà d'un subietto, si creava modo di esaminare un problema e di risolverlo: ἀνάγκη πάντα μεταστρέφοντα λόγον βασανίζειν (1). Mediante la massima: Conosci te stesso, egli oppose lo studio del piccolo mondo al grande, il che è proprio dell'ingegno critico; il quale, per mezzo dell'analisi, riduce a niente le troppo affrettate sintesi. E un altro uffizio dell'Ingegno critico si vede in questo, che quanto per i sette Savi era una semplice massima morale, divenne per Socrate un principio metodico. Un terzo ufficio v'è nella ricerca del dove le indagini filosofiche deono prender cominciamento, giacchè è regola critica importantissima, che una Filosofia è nel suo corso e nelle sue conclusioni quale è stata nel cominciare.

L'importanza critica dell'insegnamento di Socrate si scorgeva altresì nel metodo, che adoperava per iscuotere le menti de' giovani. « Non so, » gli diceva in una conversazione scientifica Teeteto, « non so, se tu parli secondo che pensi, o il fai per tentarmi (ǹ éμоû áложεрä) ». Dai dialoghi di Platone si comprende, come la virtù critica di Socrate consisteva nel fare che altri rispondesse a qualche sua domanda, poi di esaminare, a grado a grado, insieme la risposta, e trovarvi degli errori e aprirsi la via per il vero. «Esaminiamo, » diceva egli, « chè se così faremo ci accadrà di trovare ciò che cerchiamo, o penseremo saper meno ciò che ignoriamo: «e questo, » ei soggiungeva, « non è spregevole per fermo. » E avveniva quel che Platone loda

(1) TEETETO, edit. Didot. 147, 15-20: "Necessarium rationem illam quae omnia invertit examinare

in Socrate, cioè, ch' e' dava ai giovani coscienza delle proprie forze. Rendea così aperto qual sia l'importante lavoro dell'ingegno critico nella pedagogia. E ben ne accennava l'importanza quando diceva, che Dio l'obligava a far da levatrice (alɛúεσ0α) alle menti giovanili, perchè, adoperando le proprie lor forze, rinvenissero la verità: di tal guisa ei sapeva splendidamente distinguere l'insegnamento critico dal dogmatico. E richiesto di qual nazione si fosse, sapeva rispondere essere cittadino del mondo. Diceva altrove: nessuno può essere amico degli Dei, se non chi studia di somigliar loro.

Tra i discepoli di Socrate il più grande fu Platone. Ebbe meno che il maestro coscienza del proprio ingegno critico, ma lo superò veramente nell'intuito del soggetto, nel sentimento delle difficoltà da vincere e nel bisogno di giugnere a un sistema scientifico. L'ingegno critico era in Socratè giunto presso che alla coscienza dell'arte del disputare; in Platone è energia dello spirito, che, non conscia come Critica, sparge però la sua forza nell'esame delle questioni filosofiche. Per questo aspetto, è vero ciò che è stato detto da Giorgio Hegel: la filosofia come scienza esser cominciata con Platone. Egli cercava non le opinioni (pıλodožíα), ma l'immutabile, l'eterno, il razionale, con l'intento di ridurlo a sistema. Platone anzitutto si mostra compreso dal pensiero, che il problema filosofico non era stato sciolto per lo innanzi a causa della ristrettezza dei sistemi ideati dai filosofi; gli parve quindi necessità razionale il dover abbracciare tutto il pensiero per giugnere ad una soluzione. In ciò sta la nota speciale del genio di Platone. La sua mente è sovratutto sintetica. Ne' dialoghi è mestieri cercarvi la dottrina a grandi tratti, chè ne' particolari è poco precisa. Ma in quelli è sempre sintetica. Dą quando a quando, entro alla Storia della Filosofia, si osserva sorgere il bisogno della sintesi raccoglitrice degli elementi migliori ne' vari sistemi: gli esempi si hanno in Platone, in Leibnitz e in Hegel. Siffatta sintesi è per sè stessa una Critica vagliatrice di ciò che è contenuto nella storia; il difetto è, che lo spirito non sottopone a Critica il bisogno

che spinge a quella sintesi, nè il modo e la natura di questa. Or perchè un tal bisogno si è manifestato in lui? Non perchè si erano avuti e Jonii e Pittagorici ed Eleati, e Socrate stesso, ma principalmente perchè ci era stata una sofistica, che aveva tentato di far piombare le menti nel dubio. Senza di questa non sarebbero criticamente intelligibili nella storia nè il far di Socrate, nè il lavorìo filosofico di Platone. Quella sofistica scosse le intelligenze, le rese più ardite e le costrinse a divenire più critiche per conseguire maggior larghezza di idee e più solidi argomenti. E Platone giunse ad esser presso che l'inventore della dialettica, di cui qualche raggio s'era visto risplendere appo Socrate ed i Sofisti stessi. Per Platone la dialettica ebbe ufficio di liberare l'idea da elementi estranei e seguirla negli svolgimenti; e di scrutare le forme e il valor razionale del pensiero, cercando i primi principi e le ultime conseguenze, sì da ordinare il tutto (per mezzo di concetti supremi) in un sistema. La dialettica è critica, in quanto raccoglie il vero dagli altrui sistemi e ne evita gli errori, e in quanto assesta razionalmente i veri per giugnere alla scienza. Ciò che le manca è d'essere Critica quanto al risultamento cui conduce: e perciò non può evitare definitivamente gli strali dello scetticismo. La dialettica ha giovato per abituare lo spirito ai procedimenti filosofici ed a passare dall'uno all'altro d'essi, ma nel concludere (giova il ripeterlo) ha sempre mostrato un manco di Critica. Però la dialettica è, come metodo, il risultamento della Critica intorno alla Storia della Filosofia, sicchè pone colui che l'adopera all'apice della Filosofia passata e della contemporanea: tale almeno è sempre la sua tendenza. La Critica insita nel procedimento dialettico non sa ancora contraddistinguere sè stessa, ma segretamente insegna, che si deve giudicare di tutto per virtù di principi. Chi non si ferma ad intendere l'importanza critica, benchè parziale, che la dialettica platonica ha nella Storia della Filosofia, non può comprendere appieno il valore di quel filosofo. E quindi un uomo di vivace ingegno, come il Voltaire, giugnerà a dire in tutta gravità: « Il faut convenir que

des hommes raisonnables qui viennent de lire l'Entendement humain de Locke, prieraient Platon d'aller à son école (1) ».

La dialettica è l'alleanza, benchè non fatta criticamente, tra l'elemento dogmatico e il critico. Per essa si vincono gli avversari e si ascende ad una conciliazione suprema, che però non è critica quanto a sè (2). Le idee di Platone sono il risultamento della sua Critica contro la massima: L'uomo è misura di ogni cosa; ma, in quanto costituiscono il suo sistema, sono un prodotto meramente dogmatico. La differenza tra un prodotto dogmatico e uno critico è, * che il primo proviene dal bisogno di giugnere a un punto per evitare alcuni già criticati inconvenienti e dalla persuasione, che, tolti questi, facile e piano è il cammino verso la verità completa; mentre che il prodotto critico è quello che deriva in modo diretto dalla Critica sì degli elementi che lo compongono, come della sintesi stessa, che lo costituisce. L'importante nella filosofia di Platone, è che egli comprese l'esistenza d'una facoltà speciale, che dà l'eterno, l'immutabile, il razionale. La vónois di Platone era Critica della doa; e solo, acquistando coscienza di ciò, la Ragione si poneva in istato di contradistinguere la Filosofia dal sapere comune e da ogni altra dottrina. Il filosofo ateniese però non s'accorse, che questi stessi elementi, ch' e' metteva fuori della scienza, potevano divenire una Critica del suo ragionare. Imperocchè, appartenendo essi alla vita, hanno senza dubio una forza critica contro il sistema, che non sa sottoporseli. Quindi lo stesso Pla

(1) VOLTAIRE, Nouveaux Mélanges Phil. Hist. et Crit. ecc., pag. 124, ediz. 1770.

Ire partie,

(2) La forma stessa del dialogo adoperata da Platone lo mostra fornito d'ingegno critico tendente a conciliazione. Acconciamente diceva il Tasso: "Ma pur fra tutti gli altri modi estimo questo usato nel dialogo, il più dilettevole e il meno odioso: perchè altri non v'insegna il vero con autorità di maestro, ma il ricerca à guisa di compagno; e ricercandolo per sì fatta maniera, è più grato il ritrovarlo... (Dialogo intorno alla Poesia Toscana, nell'epist. dedicatoria.)

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