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CAP. XXII.

CONTINUAZIONE DEL CAP. ANTECEDENTE.

La Critica, quand'anche non si eserciti in cose di letteratura propriamente detta, ha sempre di sua natura alcun che di letterario: quindi, a continuazione del capo antecedente, io desidero notare in breve con quai caratteri, generalmente parlando, ella si offre in mezzo alla presente civiltà.

La Critica non si volge più su l'esteriore delle opere, ma specialmente ricerca il pensiero, che ne ha governato l'autore. Essa, è stato detto, non è nè assoluto pensiero, nè assoluta arte, ma tiene alcun che d'entrambi : è il pensiero, che ha creato un lavoro, e che ritorna o si ripiega in sè. Quell'esame ella cerca di fare secondo principîì, più o meno ammessi, più o meno discussi, e sebbene niuno l'abbia ancora ridotta a scienza e niuno le abbia ancora assegnato scientificamente un metodo, pure ognuno ne parla e l'applica, sapendo che è scienza e come se tale fosse, mostrando di avere in serbo un metodo da quella governato. Ciò produrrà, è vero, un po' di confusione e d'incertezza sino a che la Critica non acquisti verace assetto di Scienza e metodo, ma fin d'ora però attesta, che la sua natura e la sua dignità sono state riconosciute. Ed ora con maggiore insistenza di prima si ricerca nell'esame di libri altrui l'elemento critico, che ha governato l'autore; così, p. e., dice lo Scherer: « L'elemento critico manca affatto al De Maistre.... Ma checchè egli ne dica, l'elemento critico è nel mondo l'elemento del moto e del progresso; ed ei che ha mente, del resto sì vigorosa, sì chiaroveggente per certi riguardi, ha tolto a sè ogni intelligenza dell'avvenire, negando di ammettere i diritti della Critica ». La ricerca insistente dell'elemento critico nelle opere, che si esaminano, si inizia appena tra i dotti, ma riescirà senza dubio utilissima.

Presso alcune nazioni, la Critica è affare di tutti i giorni; e si presenta assestata, gentile, abituata a un fare sciolto sì, ma conscio di sè, capace a riguardare nell'opera, di cui giudica, l'impronta della vita e degli studi dell'autore, come nella costui vita la possibilità e il perchè dell'opera stessa. Cammina ella a passo sicuro per ammetter certi principi altra volta combattuti, senza curarsi d'opposizione e come se mai ne fosse stata fatta; tien conto d'ogni progresso; chiede molto agli autori, ma senza essere scortese e senza sprezzo, studiosa di mostrarsi abile, precisa, intelligente. Se il pensiero però si spinge addentro a questa Critica; che va innanzi di giorno in giorno, vi si osserva lo studio di ridurla a un'arte con andamenti determinati, con slanci e pause combinati non per approfondire il tema, ma per produrre effetto sul lettore. Vi è in essa un'arte, che ha accettato alcuni principî e vi si è sottomessa, più che la coscienza che questi principi fan parte e servono di sostegno ad una scienza. Ciò dipende da questo intento, che è sì notevole appo i Francesi e che costituisce i pregi e i difetti della loro letteratura, di slargare l'ingegno per tutti gli studi possibili, cercando principi e idee saglienti, chiare ed esteriormente capaci a presentarsi multilatere, per dar maggiori punti di contatto, e quindi ridurre principî e idee in istato di divenire popolari, amabili ed accettevoli presso tutti.

La Critica ha ormai tendenza ad allargare il suo potere; ma è facile scorgere, massime quando è da molto tempo esercitata, come ella cerca, presso alcuni, di mantenersi in un certo riserbo e quindi concluder poco. « Prenez, scrive il Sainte-Beuve, tous les hommes considérables auxquels s'est appliqué jusqu'ici ce titre de Critique... tous jugeaient des choses de goût avec vivacité, avec trop d'exclusion peut-être, mais enfin avec un sentiment net, décisif et irrésistible. Depuis lors, les choses ont bien changé: la critique est devenue plutôt historique et comme éclectique dans ses jugements. Elle a beaucoup exposé, elle a tout compris, elle a peu conclu ». Altri non trova poi gran male, che si concluda poco, perchè l'uomo non

può avere per iscopo, che il tentare e lo sforzarsi per raggiugnere il vero, e la ricerca di questa è benedetta (aussi bénie) al pari che il suo acquisto. Il non affrettarsi a concludere ha per fermo giovato alla Critica, per renderla meglio capace a scovrire ed avere in considerazione le obiezioni, a toglierle l'antica asprezza e a far sì che l'ingegno non si isoli nel suo proprio argomentare. Questi pregi sono importanti, ma non sminuiscono peso al grave difetto che vi si incontra unito ad essi, quello di snervare la virtù razionale dello spirito: con maggior forza di Critica si potrebbe e conservare que' pregi ed evitare questo difetto, io credo.

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Uno de' meriti della odierna Critica letteraria sta nella destrezza a fare delle larghe, precise ed utili comparazioni; e notevole egli è, che ne sente la necessità per rendersi esatta, penetrante, imparziale. Scriveva J.-B. SaintHilaire, nella Prefazione alla sua traduzione della Poetica d'Aristotile: « La Critique peut de nos jours user des matériaux les plus vastes; et ses jugements peuvent être d'autant plus justes que les comparaisons sur lesquelles ils se fondent, sont plus nombreuses. Tous les temps depuis le berceau du genre humain, toutes les nations posent devant elle et pour savoir ce que sont relativement leurs oeuvres, elle n'a qu'à les faire comparaître et répondre tour à tour. Aristote n'avait rien de pareil à sa disposition ». Questa Critica di comparazione suol però produrre un inconveniente, ed è, che abitua lo spirito, quando non abbia ben precisi e fermi principî scientifici, a fissarsi più, che al vero, nelle approssimazioni del vero stesso, e a cercare più, che il nerbo d'esso, le somiglianze nelle gradazioni del vero. E diviene allora un lavoro assai fine, artisticamente bello, o filosoficamente profondo, ma che serve di sussidio allo scetticismo, imperocchè propone quistioni, eleva problemi, investiga, esamina il pro e il contra, ma in definitivo lascia dubia la conclusione. « Qui sait, diceva il Renan, si la finesse d'esprit ne consiste pas à s'abstenir de conclure? ». E come lo scettico accorto mette in dubio il suo stesso dubio, così il Renan non dà nemmeno una de

finitiva opinione a favore del non concludere per non essere colto in contradizione. Questa incertezza intanto si congiugne a ingegno assai fine, a molta bellezza d'espressione, a forza di sentimento: e perciò mentre quella Critica distrugge, lo scrittore commosso mostra di soventé il dispiacere del dover distruggere. Oh se sentisse quello ancor più grave di non poter riedificare! Si dee pertanto riconoscere, che l'astenersi dal concludere ha prodotto quel che radamente altro metodo avea prodotto per lo passato: la pacatezza, la generosità, un dignitoso riserbo nel Critico. Per non concludere; egli ha d'uopo di cercare del vero e del bene in opinioni opposte, e ciò affina l'ingegno, e gli dà la calma. La quale dovrebbe esser propria di chi ha fiducia indestruttibile nel vero, e nel caso nostro è frutto invece del non sapere, ove sia diffinitivamente stabilito quel vero stesso ! Per non concludere, spesso il Critico deve andare in cerca d'antitesi; e così rendesi talvolta il suo lavoro in qualche parte sofistico. In generale però i Critici, che seguono un tal procedere, han riconosciuto meglio che altri, come Critica non possa esercitarsi se non si conosca che un sol soggetto: quindi sono uomini educati a lunghi e svariati studi. Essi cercano il legame fra cognizioni di vario genere, passano dal libro alla vita e viceversa, si studiano di rivelar sempre un pensiero intimo, di spiegare qualche mistero del cuore e della mente. E a veder tanto studio e tanto lavoro, si esclama: Una volta v'eran Critici che poco provavano e molto affermavano, ed ora vi son di quei, che provan molto per affermare assai poco. A coloro, che andavano in cerca di Huet vescovo di Avranches, si rispondeva: Monseigneur étudie. Quei finirono col dire : Nous prierons le Roi de nous donner un évêque, qui ait fini ses études. Queste parole vengono naturalmente a memoria, quando in mezzo a tanto lavorio di Critica si osserva sì poco concludere per parte dei critici! È mestieri cionondimeno il riconoscere, che grave è la differenza tra siffatti Critici e lo scettico: questi non conclude, perchè oppone il dubio ad ogni filosofia, quando che gli altri non concludono, perchè alto ed inarrivabile hanno il concetto dell'ideale, e

perchè trovano che da per tutto è sparso il vero, sì che è facile con l'abbracciare una dottrina lasciar da parte quello, che in altre è contenuto. Ove il Critico s'accoppia quasi allo scettico è nella sconfinata tendenza verso il relativo, che in alcuni è si ampia ed insistente. E non s'accorgono, ché il relativo stesso non può essere esaminato, discusso e comparato, se non per la luce e la virtù d'un qualche principio assoluto. Chi di assoluto almen necessario per il movimento logico delle idee non cerca di prender coscienza, manca di unità, fa un mero esercizio di discussione; or trova per tutto identità ed or per tutto differenze, e si contradice inoltre, poichè non un sol ragionamento potrebbe farsi senza il concetto dell'assoluto. Date pure, come è convenevole, il più largo sviluppamento al relativo, che si muova, che penetri in tutta la vita, ma avrete sempre un qualche concetto, un qualche procedere, una massima, che si offrono allo spirito come superiori al relativo. Non potete nemmeno menzionar questo senza un accenno all'assoluto.

Adesso più che mai vi sono dei Critici di professione, i quali si dànno al giudizio delle opere altrui e conviene il riconoscere, che il loro ministerio giova assai alle lettere, poichè agevola e regola ne' lettori l'intelligenza del libro, e può metter l'autore in grado d'acquistar coscienza più larga ed esatta del suo lavoro. Ma guai, se quei Critici non hanno mai tentato almeno di scrivere una qualche opera! Che allora di necessità son monchi nell'intelletto, non atti a conoscere le vere difficoltà vinte dall'autore, cui giudicano, orgogliosi da rendersi sin dispregevoli. E inoltre il Critico, che, prima di darsi al suo nobile e importante uffizio, si è esercitato almeno nel suo studiolo al comporre, ha bisogno di ricominciare questa prova anche dopo un certo tempo, chè altrimenti l'ingegno critico, che si dirige su le opere altrui, resta isolato da quello che è inteso al comporre, e diventa sofistico ed arido. È agevole riconoscere i Critici, che mai siensi dati al compor libri: ciarlano volontieri, elevano problemi e lanciano sentenze come a caso, e non sanno intendere il perchè di un metodo

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