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mente acquistar vittoria. L'arbitrio ha mestieri dell'infallibile: la sicurezza, che esamina, si compie nel Cristo. Ecco il risultamento della odierna Critica cristiana, nè la Storia saprebbe pronunziare diversamente (1).

CAP. XX.

DELLA CRITICA E DELL'INGEGNO CRITICO NELLA STORIA E NELLA - FILOSOFIA DELLA STORIA, DAL VICO SINO AI Dì

NOSTRI.

Nella Filosofia della Storia, il Vico fu governato dall'elemento giuridico, come il Bossuet ne era stato dal teologico; ma Herder è veramente il figlio del secolo decimottavo. Egli non ebbe una Critica sua propria, ricavata da studi e rafforzata con perseveranti indagini; ma quel che v'ha d'importante appo lui, che il contradistingue da Vico, e gli dà un far proprio, egli è, che volentieri accolse,

(1) Non è guari, publicava in Italia Alfonso Capecelatro La vita di Gesù Cristo. Ei fa di tutto per essere semplice, chiaro, non controversista; ma poco intende, ovvero agevolmente pone da banda la Critica apologetica. La massima, che nudamente governa quel prete, è: La Chiesa è la cooperatrice del Cristo (pag. 199). Così la Chiesa sarebbe eguale al Cristo, e deve o pretendere, ch'essa ecclesiasticamente tiranneggi, o sopportare il Vicario, che qual tiranno comandi. Ma dove è il Cristo, che sta da sè nella coscienza, senza bisogno di papa e di autorità ecclesiastica? L'errore papalino del Capecelatro si manifesta in quell'altro suo libro intorno agli Errori di Renan nella Vita di Gesù (1864). Per designare tali errori, il Capecelatro ha papescamente bisogno di ritenere un tal Messia: “ Il Cristo così concepito infinitamente dommatico ed infinitamente morale è, tutto nella sua Chiesa, e guai a chi il divide!,,. Che il Cristo sia via, veritas et vita, e che non vi siano preti, ma cristiani, servitori per ricevere forza, obedienti al bene, e si vedrà non punto necessaria, ma anzi dannosa una Chiesa, la quale si è resa esule (per comandare) al capo. Questo errore fondamentale del Capecelatro lo rende nei suoi libri incapace di vera Critica: il che accade presso tutti i teologi cattolici in modo solenne, ormai ridicolo.

e, a guisa d'innamorato, ritenne l'idea sì propria del secolo suo, l'idea del progresso. La quale era solenne e penetrante Critica de' secoli scorsi e delle istituzioni sociali allora esistenti. L'Herder ne fu governato, ed inoltre, più del Vico, seppe fissar lo sguardo a' costumi delle nazioni. Ma vuol giustizia, che qui si faccia cenno di quel che prima di lui s'era fatto a tal riguardo. Il Voltaire aveva scritto già un libro sur les moeurs des Nations. Per fermo non comprese la Storia, poichè suo intento era di combattere ad ogni modo una religione; e chi altro non vuol fare, che questo, è sospinto di leggieri ad esagerare certi fatti, a tralasciarne degli altri, a non comprenderne il corso. Però il Voltaire ebbe il vanto, non picciolo, e che attesta il buon senso e l'ingegno, ond'era fornito, d'indicare fra i doveri dello Storico anche quello di studiare i costumi delle nazioni. Il Turgot poi ne' suoi Discorsi, più per sentimento, che per altro, ammise nella Storia come fatto, se non qual principio, l'idea del progresso. Ed anche per mezzo del Montesquieu il concetto della Storia s'era fatto più largo nelle riflessioni intorno alla Storia, sebben queste appo Lui non accennavano a sistema. Ciò posto, non era difficile ad Herder di sentir vaghezza d'estendere il còmpito di una Filosofia della Storia. Ma ei però se ne propose il problema, come per imitazione, non per un bisogno, che in sè si concentri, affin di procedere con maggior forza in ciò sta tutta la spiegazione critica dell'ingegno e dell'opera di Herder. Sin dalla mia giovinezza, ei dice, quando la scienza mi si presentava con gli splendidi colori dell'alba, cui toglie quasi affatto il sole del mezzodì di nostra vita, mi venne in pensiero di chiedere il perchè se ogni cosa ha nel mondo la sua filosofia, non abbia ancora la sua filosofia e la sua scienza ciò che più direttamente ci riguarda, l' istoria dell' umanità in generale ». E soggiugne: Ogni cosa mi richiamava a quel problema: la metafisica e la morale, la fisica e la storia naturale, e sopratutto la religione ». Quando giunse all'esecuzione del suo progetto, ei sentì l'utilità di congiugnere insieme Religione, Politica, Letteratura, ecc., ma non comprese la

necessità razionale di far ciò. E tra i due modi di comprender la cosa v'è questo di vario, che quando s'è spinto dall'utilità si corre facilmente a descrivere de' quadri per mezzo di comparazioni affatto esteriori, mentre l'altro pensiero spinge a cercare la connessione tra le idee e i fatti. Egli stesso doveva sentire, che il suo metodo lo conduceva ad alcun che privo di buon fondamento; e perciò non Filosofia della Storia, ma semplicemente Idee per quella appellò l'opera sua. Non aveva mente fornita di Critica, e accoglieva dei pensieri non perchè fossero critici o da Critica provenissero, ma sol perchè parevangli capaci di scuotere l'imaginazione. Tendeva ad inneggiare più che a riflettere: talvolta ha dell'inspirato. L'inspirazione è utile senza dubio allo studio dell'umanità; a tal modo tutto si considera con affetto, e senza affetto l'umanità non può esser compresa. Ma, se l'inspirazione è sola, non fa che produrre un'opera superficiale (1). Però deesi convenire, che l'Herder a forza di sentimento allargò e rese men duro il sensismo, che regnava a' suoi tempi e di cui egli era partecipe. Il manco di Critica nell'Herder fa sì, che sievi del vago nel suo libro; ma per tutto vi sono i lampi della Critica del secolo XVIII, la quale spingeva a spogliarsi da antichi viluppi per presentarsi a' lettori facile, nuovo, uom di progresso. Ei vuol trovare simiglianze tra il mondo della natura e quello dell'umanità; e incorre nel più grave pericolo, che possa esservi per ogni Filosofia, di non cominciare, cioè, dall'uomo, da' suoi bisogni, da' suoi pensieri. Seguendo invece la progressione graduale degli esseri, ei giunse all'uomo sol per forza di analogie e di similitudini. Ma criticamente l'uomo non sarà mai conosciuto per similitudini, che abbia con esseri inferiori. Le dissimiglianze con questi, come (per una massima critica

(1) Agevolmente si esclama: Ei conviene esporre i fatti, e poi, occorrendo, spiegarli. Ma giova osservare, che la Critica, solo atta a guidarci nella conoscenza di quelli, ci ha pur diretto nei principî, nel metodo, nella dottrina sua e degli altri. Siano i fatti dunque studiati con Critica e questa c'impari sempre. Così s'avvera sempre quel proverbio: più si vive e più s'impara.

facile ad intendersi) le somiglianze col concetto di un essere superiore possono solamente condurre a Filosofia non volgare. V'ha nell'uomo ciò che costituisce un divario infinito tra lui e la natura: il pensiero libero, una volontà, che si determina da sè, un cumulo di leggi, ch'egli svolge, applica e regola (1). La Filosofia della storia non è una nuda Fisica: il pensiero, che nella storia impera, è spirito, nè il Cosmos fisico gioverà mai a spiegarlo per virtù d'analogie e di progresso a gradi uniformi. Dall'aver messo da banda questo concetto, ne seguì, che la legge storica stabilita dall'Herder è poco critica, talvolta pedantesca nell'applicazione, poichè non vi è contenuto il movimento storico prodotto dall'azione del pensiero e del cuore. Or quest'azione è Critica della natura, è Critica del tempo, che è passato, ed è Critica altresì di quello che corre, perchè tende al progresso. Senza tal Critica, il genio, la civiltà, lo stesso progresso non avrebbero spiegazione. I fatti stessi, se valgano, hanno alcun che di profondo da scovrirsi nei risultamenti arrecati, o prossimamente da arrecarsi, o almeno di desiderata accoglienza.

Federico Schlegel apparteneva all' ultra cattolicismo. Egli era preoccupato dello stato morale, in cui versə, la società civile, più che del bisogno di scienza. La Critica procedente da quella preoccupazione insiste a far presto, si contenta del buon fine, ricerca subiti espedienti, mentre la Critica, che vien fuori da bisogno di scienza non pensa al rimedio dell'oggi alla dimane, ma ha dinanzi a se uno spirito immortale e un concetto imperituro. La Filosofia della Storia di Schlegel è una Critica della rivoluzione, ma ei cerca i principi e gli argomenti di quella Critica altrove, che nel soggetto, cui si è dato a studiare (2). Quindi confonde religione e filosofia, pende in

(1) Accenniamo quì, come nell'umanità e presso una Nazione, i proverbî stessi fan le veci d'una Critica giornaliera e indicano lo stato morale di quella.

(2) Avvertiamo, che nel 1808 egli publicò la sua piccola Opera snl Linguaggio e la Sapienza degli Indiani, lavoro che giovò per isvegliare generalmente la Critica.

Della Critica Vol. I.

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certo tra principì e fatti, e vorrebbe ottenere il bene per l'attivazione de' principi religiosi nello Stato. E non intende qual profonda Critica vi sia nel Cristianesimo, che non per forza di Principi, nè per decreti ecclesiastici, ma per virtù sua vuole essere accolto e manifestato. L'accordo tra la scienza e la fede, tra l'opera del cittadino e la sua religione dee sorgere da' loro visceri stessi, non dall'intento di chi voglia in modo esteriore e per la forza congiungerle; il quale intento, venga da autorità politica o da autorità religiosa, è sempre profano. Ci piace però il notare, che critici son alcuni insegnamenti dati dallo Schlegel. P. e.: 1. Lo studio della storia giova per evitare il pendio all'assoluto de' filosofi tedeschi, il qual tutto assorbe; 2. È necessario, per ritrovar la filosofia della storia, di fissar la mente su l'insieme e non su le minutaglie; 3. Il metodo proprio per la storia antica è l'etnografico, come il sincronico è per la più recente, poichè separate eran da prima le nazioni e poi giunsero a conoscersi e mettersi in relazione, sicchè non si può studiar la storia dell'una senza toccar quella dell'altra.

Vittorio Cousin ha parlato della Filosofia della Storia a proposito della Storia della Filosofia ; il che può esser detto in modo epigrammatico, ma in sostanza è proprio degli ecclettici (che vogliono essere originali) il capovolgere i problemi e le idee. Vi sono strettissime relazioni, non v'ha dubio, tra la storia della filosofia e la filosofia della storia, ma i filosofi son parte dell'umanità: e la Critica insegnerebbe doversi fare a rovescio di quel che ha fatto il Cousin. E il pregio superiore del Vico subito si scorge, pensando ch'egli procedeva di fatto con metodo contrario a quello del filosofo francese, e disse doversi cercare il vero nella mente del popolo. Per Cousin l'uomo è « un univers abrégé ». E in effetti, da secoli, è stato appellato un microcosmo; tale parola adoperano l'Herder, lo Schelling e altri molti. Ma se per cosmos s'intende la Natura fisica, l'uomo ne è al di sopra, poichè ha affetto, libertà e facoltà critica. Se vi s'include l'nomo, oh in tal caso egli non è, su la terra, un picciol mondo, ma in quanto a pensiero

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