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LIBRO PRIMO

STORIA DELLA CRITICA

CAP. I.

DEL METODO CHE SEGUIREMO.

Non è agevole il narrare la Storia di una disciplina, che può esercitare da per tutto la sua potenza, e che ha forme ed intenti assai svariati. La Critica inoltre ha oramai nel mondo civile sì grave ufficio, che sarebbe certo cosa dannevole l'offrirne la Storia scompagnata da quel pensiero filosofico, che s'interni nei fatti e ne comprenda il corso, e senza il quale la Storia non può che sovraccaricare e debilitare a un tempo la mente. Che se per contro sia da quello ringagliardita, moltiplica effettualmente le nostre forze, e rende assai men disagevole a chi scrive, come a chi legge, l'intendere e il meditare.

Non è di picciol momento il divario, che correr dee fra la Storia degli avvenimenti politici e quella delle Scienze. Nella prima è necessità il fare gran conto di alcuni personaggi, mentre nella seconda è mestieri il riguardare anzitutto alla manifestazione delle umane facoltà, e al corso delle idee più che a' loro cultori. Or è a notarsi, che, generalmente parlando, si è sempre avuto cura di far piuttosto

la Storia de' Critici, che quella della Critica (1): gravissimo fallo, che noi crediamo abbia impedito alle menti di giugnere con agevolezza al verace concetto di essa, onde per molti secoli è stata ritenuta entro i limiti d'un'Arte. La Storia de' Critici, ricca più che altra di aneddoti, di motti e di fatti più o men vivaci, può certamente stuzzicare la nostra fantasia; ma la Storia della Critica è utile veramente a renderci capaci di serie e proficue meditazioni. E se la Storia della Critica non avesse a contenere che la serie de' Critici con la menzione dei loro lavori, non sarebbe mai sperabile di ridurla veramente a disciplina, poichè non si ricercherebbe l'ufficio che ha esercitato e il valore che ha avuto in mezzo agli intenti e all'agitarsi dell'umanità, ma si avrebbe invece un ammassamento di fatti biografici e di sparpagliate osservazioni. Non nego io già, che l'azione personale di ciascun Critico valente sia giovevole in sè stessa considerata; ma chi vi riflette osserverà come in ogni disciplina, e specialmente nella Critica, v'è alcun che di così intimo e proprio del pensiero umano, che per sè soprasta gli sforzi de' singoli cultori. E di tal fatto si deve accuratamente tener conto nella Storia, poichè a mera pedanteria riesce quell'erudizione, che non è consciamente adoperata come mezzo per un intento più alto. Parleremo di Critici, ma per istabilire quando sia surta la Critica, e il con

(1) Dell'accennato fallo non son pochi gli esempi: ne citerò un solo del secolo passato. Nel 1781 si publicava a Londra un'opera del signor James Harris, intitolata Philological Inquiries, la quale conteneva nella sua prima parte la Storia della Critica. Ma in sostanza non vi si fa, che indicare la serie dei vari Critici, nelle tre specie di Critica, che l'Harris determina cioè la filosofica (Platone, Aristotile, Teofrasto, ecc.), la storica (Scoliasti, Commentatori, Interpreti, ecc.), e la correttiva (Scaligero, Salmasio, Hensio, ecc.) — Il sig. Harris pensava che i Critici sono una specie di maestri di cerimonie (a sort of the ceremonies) nella corte delle lettere e per cui mezzo "siamo introdotti presso alcuni della prima e migliore conversa46 zione.... Della Critica considerata in sè stessa ei non si dava pensiero, come del resto si faceva allora; nè mancano oggidì scrittori e professori, che ne seguono malauguratamente l'esempio.

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cetto che ha avuto, e il come siasi sviluppata di secolo in secolo, E d'un Critico, che avesse pur sostenuto erculee fatiche, non ci cureremo gran cosa, quar alla egli abbia aggiunto al concetto, agli sviluppamenti e al metodo della Critica. Opus moveremus magnitudine sua prope immen<< sum, atque ab instituto nostro prorsus alienum, dirò ◄ con un Critico del secolo scorso, si in animo esset, singu<< los in republica litteraria a Critice < partos fructus articulatim recensere. » E più che la pesantezza del lavoro, io ne temerei l'inutilità. Pur troppo vi è tal Critica, o, per dir meglio, vi sono tali Critici, che non potrebbero reggersi, se non censurando nudamente i lavori altrui. Ma la vera Critica gli esamina sempre per impararvi; e la si manifesta davvero sol dopo sapere di aver imparato e come avente bisogno d'istruirsi del pari che come capace per istudî a presentare i risultamenti ottenuti.

Egli è poi necessario, nel ricercare il concetto e la virtù della Critica di secolo in secolo, d'evitare quella sconfinata larghezza, la qual serve d'ostacolo per iscorgere i limiti che veramente ha avuto ne' vari tempi. Se invece di Critica, si vuol cercare nella Storia la crisis (n xpíos), il giudizio, si potrà correre indietro sin nel paradiso terrestre, come quel buon Bruckero fece per la filosofia, poichè in qual tempo l'umanità non ha adoperato la facoltà di giudicare? Ai dì nostri, in cui facile è trovar uomini che vogliono allargar sempre le idee senza approfondirle, non è raro l'accennato difetto. Il sig. E. Egger, scrittore asha colà publicato, nel 1850 un

sai lodato in Francia (1),

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(1) Il Sainte-Beuve, facendo cenno del Saggio di Egger su la Storia della Critica appo i Greci, dice: " M. Egger a ressemblé avec "science, avec esprit, toutes les notions curieuses, qu'on peut dé"sirer sur les critiques, les rétheurs, les grammairiens de l'antiquité avant et depuis Aristote (Causeries du Lundi, tom. II de la 3me édit., pag. 44). „, Il sig. Egger ha poi nel 1862 publicato un altro libro: Mémoires de Littérature ancienne, ove ha ristampato tout bonnement parecchie pagine del Saggio.

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Della Critica

Vol. I.

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Essai sur l'Histoire de la Critique chez les Grecs. Secondo accade a scrittori, che riguardano la Critica piuttosto come un accessorio, che come disciplina, la quale stia da sè, e' la confonde con l'Estetica (1). « Par esthétique on << entend aujourd'hui la science du beau, la science des < principes du goût: l'antiquité n'a pas connu ce sens du < mot aiσber (2).... Le mot Critique, plus ancien et plus <modeste, a en outre le mérite de désigner à la fois l'é<tude des principes et leur application.... C'est pourquoi, « conclude l'Egger, je m'en sers ordinairement dans le « cours de mes recherches, et je le place de préférènce au << mot esthétique dans le titre de ce volume.... » Pur tra la Critica e la Scienza del bello non avvi solo diversità di nome, ma di concetto altresì, poichè il ricercare le fonti del bello e determinarne la natura e le manifestazioni, è altra cosa, che di giudicare le produzioni artistiche con coscienza di esercitar così una disciplina, che sta da sè. E due discipline, anche quando l'una ha bisogno dell'altra

(1) Anche il signor Cesare Cantù, nella sua Storia della Letteratura Latina (1864) confonde la Critica e l'Estetica (ved. pag. 567, ivi). Siffatta confusione è un invincibile ostacolo per comprendere la natura della Critica.

Tutti gli uomini sono naturlmente ragionatori, filosofi, storici, critici. Ma occorre, per avere scienza, rientrare in sè, meditare, giudicare. Ecco quindi il bisogno e l'imperio della Critica, la quale per sua forza e per la parte imparata sia giudice del pensiero e dei suoi prodotti. Noi non abbiamo (conviene riconoscerlo) parola corrispondente al giudizio del giudizio, come bene l'ebbero i filosofi greci nella lor lingua. Infatti crisis (giudizio) generava egregiamente la critica, e ne indica il significato, la genesi, il corso. Or si deve ritenere fermamente il senso di Critica, per non perderne moralmente e filosoficamente il valore.

(2) A tal proposito il sig. K. Lehrs nella Dissertazione De vocabulis φιλόλογος, γραμματικός, καὶ κριτικός, trascrive da una lettera del Runkenio ad Heyne questo curioso passo: "Eam vocem "(aestheticam) graecam non esse hoc sensu inde colligas, quod vir "in graecis litteris primarius, Valkenarins, ex me, qui ut Germanus "scire deberem, quid hoc vocis esset, quaesivit, et ubi dixissem, Germanorum ineptias risit.

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