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è, se non Dio Carità vôlto verso l'uomo, che critica il dogma delle opere farisaicamente considerate e la dependenza da altro uomo e l'isolamento dell'esser umano? La grazia agisce come critica di tutto ciò che non è amore; e l'efficacia critica dell'amore, in ogni essere, non si misura tanto dalla dottrina, cui può essere ridotto, come dagli effetti che produce per sua forza. Che cosa è la carità? È l'espressione d'una vita, che vuol dare sè all'essere amato. Il Cristo è pieno di tale virtù sino al sacrificio nella croce. Or è significante di vedere e comprendere ostacoli individuali e sociali, che nell'essere amato avrebbero impedito e impedirebbero l'efficacia e l'esercizio intelligente della carità stessa ; e pur sono vinti da chi sa, puole e voglia amare. Ciò spiega e rivela la natura del Figliuol di Dio fattosi Figliuol dell' Uomo nella Bibbia.

Qual potenza di Critica in quelle parole del Salvatore: Chi crede in me ha vita eterna! La prima, quel Chi, è Critica delle religioni nazionali, tradizionali, imposte: la verità dev'essere sentita nella coscienza individuale. La seconda parola, crede, è Critica contro le opere e le pratiche e le cerimonie superbamente e interessatamente elevate a meriti da essere sì picciolo, come è l'uomo dinanzi all'Onnipotente. E questa Critica, più che non pare a chi superficialmente giudica di siffatte cose, toglie la coscienza morale della tirannide de' pregiudizi e delle inceppatrici autorità religiose, per metterla nella libertà, che l'amore vicendevole sa generare e serbare in una famiglia. Create l'amore e avrete le opere e le migliori che giammai potranno aversi: ecco il Vero moralmente religioso e critico, che è contenuto nella fede, la quale non è già il piegar la fronte a dogmi, che non s'intendono, indiscussi, imposti,

a render ragione di sè stessa. E ove la Critica non ha agito, ciò è impossibile. Qual virtù critica per dotti e indotti in quelle parole, note ai cristiani, che leggono la Bibbia: “L'uomo avveduto cuopre la scienza: ma il cuor degli stolti publica la follia. La mano dei diligenti signoreggerà: ma la pigra sarà tributaria e seguenti. (Prov. XII, 23 e 24).

come la verga al bue, ma è il risultamento della Carità accolta nel cuore. Affidarsi in Cristo, che è il principio divino manifestatosi in carne, ecco tutto il Cristianesimo nella sua bellezza natia non solo, ma critica: chè quella parola in me è Critica di religioni consistenti in culti e cerimonie, e riduce la religione non ad una serie di atti e di parole, ma in una Persona, nella quale l'elemento divino e l'umano si sono insieme congiunti.

Crediamo, che al nostro intento basti l'aver dato de'cenni intorno a quella Critica intima, che si trova sì apertamente e sì largamente nella parola biblica. Si badi, che la Bibbia non ha, nè può aver altra forza, che quella proveniente dalla sua efficacia critica su l'uomo interno, per adoperare un'espressione sì energica di S. Paolo. Chi vuol dare alla Bibbia un'autorità diversa, la deprime e ne affievolisce l'importanza. Permettete pure, e con libertà, che vi sieno increduli, i di cui assalti hanno in ogni secolo giovato a rendere più critico e meglio nutrito di alto e spirituale pensiero il principio cristiano nell'uomo; e non ordinate già, che, per non udire le parole di quelli, si abbia da impedire giungano altri a tal fede, la quale non teme la Critica, perchè è per sè stessa critica. Ove mai in tutta la Bibbia si scorge ispirata e voluta una fede cieca, pretesca, non ragionatrice? Una fede senza Critica è cosa assai stupida; ma una Critica, la quale non sapesse conchiudersi nella confidenza in alcun che di superiore all'uomo, si chiami ragione, virtù o Dio sarebbe misera, infelice, e sovranamente sofistica. Or i cristiani hanno in ogni tempo testimoniato, che la confidenza in Cristo ha dato pace alla loro mente e al loro cuore, non per vane pratiche, ma per una fede criticamente conscia di sè stessa e che criticamente compie gl'intenti razionali. È provato ormai dalla storia, dall'esperienza, dalla ragione sottoposte a critica osservazione, che l'umanità non sa, nè può convenientemente per sè darsi una ragionata religione naturale. Quindi, esclamano i cristiani, o nessuna o l'Evangelo. Se bisogni religiosi avete nella coscienza, essi non saranno che da questo elevati e sodisfatti. È in ciò il gran punto da decidersi.

Quel che v'ha di speciale nell'Evangelo, e cui l'Autorità clericale e la sua Teologia non ha compreso e sempre oscurerà, egli è, che la religione, più che obligo e lavorio umano, vi si presenta come dono di Dio a noi; è una vita nuova, ch'Ei ci dà. Il Cristo (in ragionamenti, che sorpassano i secoli e i dotti) non ci lusinga, ma ci dice che cosa siamo. È anzi inflessibile, parla dei nostri doveri sempre immutabili e dei nostri peccati sempre condannevoli: eppur ci dona, vuol donarci vita nuova e mettervici. È questa la forza dell'Evangelo, forza critica, sicura nel suo intento, sempre grande pur non avendo gran campo da lottare e da vincere. È forza giudicatrice nella cerchia morale, che non è poco; non teme una filosofia, che solà (dee confessarlo con la storia) non può reggere; si serba superiore (se non altro con slanci inevitabili) a una scienza fisica, anche studiata parte a parte. L'incredulità, così detta, ha mestieri d'indifferenza grande e indimostrabile, per non sentir quella forza: il che per chiunque vi studia, contiene una profonda Critica (1). Qual differenza v'ha tra i discepoli, che segui

(1) “L'amor di Cristo ci possiede (ǹ yaр аɣáπn тоû XрioTÕU ovvéxε ǹμãs), scriveva Paolo II, Cor. V, 14. „, Ma'che fa un dotto teologizzante, non governato da Critica suprema? In vece dell'amore di Cristo, e del Cristo, che ama, vi pone l'amore, che noi dobbiamo o avessimo per lui. Or per Critica procedente da Spirito s'impara, che questo nostro amore è e deve essere una conseguenza di quel primo, che già per fede si è impadronito liberamente e ragionando di noi. La scienza, pur grande, se si frappone sola fra l'individuo posto in relazione con altri, genera per ciò solo, e sostiene l'orgoglio: la è cosa ormai riconosciuta. Se per contro la scienza si collega alla carità di Dio per guardarla e sentirla nella sua totalità, produce e comprende maturamente l'umiltà, la modestia, la virtù verace, il coraggio dell'agire sino al sacrificio. L'Evangelo (vi si noti, ed esso il rende sempre notevole) è ricco di tutto ciò. Una cosa è di continuo semplice, quando, nei limiti del pensiero, è racchiusa sì d'esser compresa chiaramente, in rapporto al proprio scopo, e a tale da fare la Critica di quanto la concerne. Per l'Evangelo, ricevuto e imparato a lettura e meditazione scambievole si scorge, che l'avere introdotto in religione l'uso di parole giammai, da capo a fondo, proprie della Bibbia (e sì che essa ha ben parlato), ha fatto, che la dottrina dei

tavano Gesù dapprima e i cristiani, che si mostrarono dappoi negli Atti degli Apostoli e nelle Epistole! Eppure erano le medesime persone! Nell'intimo della coscienza era avvenuto un cangiamento; il che conviene criticamente studiare. Laddove il Vangelo ci dà elementi per meditar ciò, pur non si può comprendere che nella coscienza, alla quale si rivela la nuova virtù manifestata dall'uomo di Nazareth. Or tutto è significante nella Bibbia. E si badi, che non favole vi trovate, non apologhi, ma la parabola per sè stessa espressiva, massime in Cristo: tutto vi concorre d'accordo con la natura propria. Nelle Epistole di Paolo vi si trova sapienza tale da restarne maravigliato, da riceverne sempre uno sveglio d'istruzione. Quanto, p. e., da riflettere nel cap. III, Ep. ai Filipp.! Gli Atti degli Apost. fanno studiare il come e il quando l'Evangelo passasse dagli Ebrei in mezzo ai Pagani. V'è da meditare su la lotta stessa fra Pietro e Paolo; e il quando costui andasse, quale Romano, in Roma. Or nella Bibbia già il parlare è giudicare! Ricordiamo qui le belle parole del De Pressencé: < Con Pascal, noi crediamo di buon grado a testimonì, cui si schiaccia... I nostri testimonî non sono nè ciechi, nè ingannatori: ciò sorse con evidenza dal Libro stesso, che ci fa udire la lor voce! Un di quei testimoni, or sono 18 secoli, scriveva, a un suo discepolo, con parole ripetute per tutto il mondo: « πρόσεχε τη αναγώσει, τῇ παρακλήσει, Tn didaoxaλia a (Attendi alla lettura, alla esortazione, alla dottrina) (Tim. IV, 13). E notava avere per sè libri e pergamene (rà Biblia, μáhora тàs μeußóvávas) (II Tim. IV, 13). Quello stesso Paolo scriveva ai Corinti: « έautoùs

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Teologi e dei Concilii clericali e dei Papi, e quindi il pretismo e il fratismo son potuti dominare. Indichiamo tra tali parole (e non sarebbero poche), p. e., Tre persone, La Madre di Dio, il Vicario di Dio, il Merito. A giudicare del senso, che vi può esser contenuto, giova anzi tutto riconoscere, che la Bibbia non le ha adoperate nè in ebraico, nè in greco: ciò per sè è una Critica. Per comprendere la Scrittura Sacra, bisogna ricevere l'insegnamento chiaro, profondo, divino di Gesù Cristo. Ei tutto spiega per mezzo di sè, e tutto ha luce in Lui, che giudica ed educa il giudizio, pel vero e pel bene.

πειράζετε εἰ ἐστὲ ἐν τῇ πίστει, ἑαυτους δοκιμάζετε » (ΙΙ, ΧΙΙΙ, 5), parole che un nostro fratello traduceva, or non ha guari, così (meglio del pur celebre Diodati al 1607): < Esaminate voi stessi, se siete nella fede: provate voi stessi > (1).

CAP. VIII.

DELL'ELEMENTO CRITICO DOPO L'APPARIZIONE

DEL CRISTIANESIMO INFINO AL RISORGIMENTO DELLE LETTERE.

Vi sono dei principi, che, in alcuni tempi e luoghi, possono essere perdenti, ma che per vincere, in qualsiasi tempo e luogo, hanno necessità di generar lotte, indagini, discussioni. Tali sono, p. e., la libertà, la moralità, il Cristianesimo. Se non giungono a commovere le coscienze e sé non turbano (a gran paura di quelli, cui sembra sì dolce il viver quieto del non far nulla) la civile Società e le famiglie stesse, non acquistan forza. E commovono, perchè racchiudono in sè stessi dell'energia critica. In questo senso, Colui, che, per il primo e in modo vivente, ha promulgato la virtù critica della Parola, diceva: Ignem veni mittere in terram et quid volo nisi ut accendatur? Nolite arbitrari, quia pacem venerim mittere in terram; non veni pacem mittere, sed gladium E ci volevano sete di potestà regale, mali esempi procedenti d'ogni parte, e ignoranza crassa di parecchi secoli, per interpretar quelle parole in un senso materiale e dogmatico, apertamente contrario agl'intendimenti di Cristo.

Per produrre effetti critici ne' popoli e negli individui, il Cristianesimo non ha adoperato un'azione misteriosa e segreta, ma si è avvalso dell'evangelizzazione, prima ed

(1) La Vulgata stentatamente ne faceva la seguente traduzione : "Vosmetipsos tentate si estis in fide; ipsi vos probate. „ A riguardo di una mente, che dee giugnere, a conoscere sè stessa, l'esaminare è meglio significante del tentare.

Della Critica Vol. I.

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