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sono un monumento vivissimo delle persecuzioni cui elleno andarono soggette: e le continue lagnanze dei padri della Chiesa attestano quanto passivo si fosse lo stato della medesima in quell'epoca primitiva. Sono state ingrandite infino alla favola le pene dai cristiani dei primi secoli sofferte, ma non può negarsi che sieno elleno state molte ed acerbe. Furono posti in carcere senza distinzione di età, di sesso e di condizione; furono condannati a lavori superiori alle proprie forze; furono sottoposti a crudeli torture; furono dati per cibo alle fiere; e per ogni dove proscritti e avviliti siccome vili impostori. Ed allorquando il carnefice imbrandì il ferro omicida, il romano pontefice più d'una volta dovette a questo sottoporre la canuta cervice, ed assoggettare la propria sorte a quella di tanti altri infelici, cui l'entusiasmo religioso rendeva impavidi e forti. E perchè questo? Perchè in origine il romano pontefice mentre era il vescovo di Roma il quale governava la cristianità in tutto ciò che riguardava il principio religioso, era pur nonostante un cittadino, non solo soggetto all'impero, come tutti gli altri; ma anzi un personaggio molto sorvegliato dai tutori della legge, siccome capo di una setta invisa in quei giorni.

In questo doloroso stato essendo la Chiesa cristiana nei suoi principi; il papato ed il clero non solo poi non avevano alcuna giurisdizione civile, e non possedevano alcun dominio, ma anzi non avevano neppure beni stabili e legalmente riconosciuti. I beni delle chiese non consistevano che in mobili, in provvigioni da bocca, in vestimenti ed in danaro; e queste cose venivano offerte dai fedeli allorchè loro piaceva, e senza alcuna obbligazione; siccome Tertulliano chiaramente dimostra (1).

Passati però tre secoli surse finalmente per la Chiesa un astro benigno sul soglio di Roma, e questo astro fu Costantino. Costui non tanto col cristianizzare sè stesso, col proteggere pubblicamente il cristianesimo e col fornirlo di peculiari ricchezze;

quanto col trasferire il seggio imperiale da Roma a Costantinopoli, cangiò assolutamente le condizioni dei cristiani, e del vescovo di Roma. La protezione di Costantino verso i cristiani e le sue largizioni, fecero si che questi potessero innalzare chiese e professare palesemente il loro culto; che invece di vendere le possessioni per convertirle in limosine, potessero offrire alle chiese le possessioni medesime, che potessero predicare alle genti la propria religione: ma l'aver traslocato il seggio imperiale sulle rive del Bosforo, diede all'autorità pontificia una vera preponderanza sociale in Roma. Imperciocchè spogliata la nostra metropoli di ogni lustro e splendidezza, e ravvolta nello squallore e nella miseria, il popolo cristiano, parte per essere più compassionevole alla voce del dolore a cagione delle passate persecuzioni, parte per aver conosciuto il tempo opportuno di acquistare per mezzo di beneficenze l'amore dei pagani, pose gran cura nel soccorrere gli afflitti, anche con mezzi pecuniari; ed in tal modo si andò procacciando pian piano la pubblica benevolenza e la stima; e fe' sì che il suo rappresentante, il quale per lo più era anche stimabile per la sua popolarità e severità di costumi, incominciasse a divenire una persona di rispetto innanzi agli occhi di ciascuno.

In seguito poi di Costantino, gl'imperadori, i quali avevano ritenuto sempre la qualità di Pontefice Massimo, spogliatisi dell'autorità sacerdotale, e rivestito di essa il rappresentante della cristianità; fecero si che questi prendesse sempre più una influenza morale, e che incominciasse ad essere considerato per uno dei grandi personaggi dell'impero. Ed è perciò che la sua elezione incominciò a divenire causa di fiere e sanguinose contese, siccome fa testimonianza quella di Damaso (2); e che il proconsolo Pretestato nel quarto secolo dicesse : Fatemi vescovo di Roma, ed io mi farò cristiano (3).

CAPITOLO II.

FALSITÀ DELLA DONAZIONE DI COSTANTINO

"Di vari fiori ad un gran monte passa,
"Ch'ebbe già buon odore, or putia forte;
"Quest'era il dono, se però dir lece,

"Che Costantino al buon Silvestro fece ".
(Ariosto, Orlando XXXIV. 80j.

Se però quel Costantino che dai posteri fu chiamato il grande ma che dovea piuttosto dirsi il parricida (4), fu la causa principale del primo sviluppo del cristianesimo e della prima esaltazione del vescovo di Roma; non debbesi tuttavia porgere affatto orecchio a quella strana novella che in tempi di deplorabile ignoranza venne diffusa con arte; che cioè esso facesse donazione a Papa Silvestro I della città di Roma. Novella che un dì fu seguita non solo da uomini volgari, ma accettata pur anco da sommi ingegni, e dallo stesso Dante che scrisse:

<<< Ahi Costantin di quanto mal fu matre,
<< Non la tua conversion, ma quella dote,
<< Che da te prese il primo ricco patre! (5)

La donazione di Costantino a Silvestro fu fondata sopra un finto istromento prodotto in mezzo non prima dell' ottavo secolo; noi la vediamo per la prima volta tratta in campo da Adriano I (6); prima di esso non ne fa menzione alcuno.

Volle qualche scrittore che tale impostura sia stata opera di greci scismatici, fatta per rifondere la grandezza di Roma agl'imperadori di Oriente, o per aver causa di declamare contro la Chiesa romana screditandola colla scoperta di tale falso istromento. Altri poi, e certamente con migliore probabilità, sostennero che tale istrumento fosse posto in mezzo dolosamente non

da uno scismatico, ma bensì da uno stesso fedele della Chiesa latina. Nè anzi egli è inverosimile che Stefano III, di cui in seguito parleremo, facesse fabbricare la donazione di Costantino, per opporla alle pretese dei Greci, e per provare al re dei Franchi, a fine d'averne poi una conferma ed animarlo ad altre largizioni, che quell'imperadore prima di ritirarsi a Costantinopoli aveva ceduto Roma alla Chiesa. Ed è poi molto probabile che più tardi Adriano I sostenesse la medesima donazione per lo stesso fine, ed anche perchè a Carlo magno non venisse in capo di farsi padrone di Roma mostrando a lui che già per decreto di Costantino ne era padrone il papa (7).

Comunque egli sia, non v' ha dubbio che l'atto della detta donazione sia però del tutto favoloso. Prima, perchè gli esemplari di esso sono vari e discrepanti tra loro. Secondariamente, perchè nel corpo del diritto civile non si fa alcuna menzione di questa donazione; in terzo luogo, perchè gli antichi scrittori della vita di Costantino, siccome sono Zonara, Eusebio, Sozomeno, Socrate e Zosimo, mentre narrarono di lui cose molto particolari, nulla dissero della medesima; in quarto luogo, perchè ad un tal fatto si oppongono principalmente le vicende dell'epoca, a cui essa si vuol far rimontare. Imperciocchè coloro i quali sostennero la donazione in discorso, vollero che fosse fatta. in Roma nella primavera dell'anno 324, mentre è certo che Costantino in questi mesi non fu giammai in Roma, ma bensì in Oriente impegnato nella guerra contro Licinio; sconfitto il quale, fermossi in Tessalonica; ed in questi mesi appunto dell'anno 324, non partissi di là, siccome due sue costituzioni comprovano. Inoltre egli è ben noto come dopo la traslazione del seggio imperiale a Costantinopoli, e dopo la morte del nominato monarca, Roma restasse governata dagl' imperadori per mezzo dei loro ministri, senza che i papi ne movessero punto querela, o portassero innanzi qualche loro diritto (8). Anzi egli

è buono ricordare che il governo imperiale nei primi otto secoli della Chiesa conservò sempre una forte autorità su di essa, di modo che non solo volle essere in diritto di confermare l'elezione del papa, ma s'ingeri eziandio delle leggi circa l'ordinamento interiore ed esteriore della Chiesa, ed intervenne perfino nelle decisioni dogmatiche.

Non era permesso di tenere un concilio generale, senza l'autorizzazione del capo supremo dello Stato; e le decisioni dei concilii non erano valide se non venivano da questo stesso approvate.

Il primo concilio generale fu nel 325 convocato e presieduto da Costantino a Nicea. Teodosio I nel 381 convocò il secondo a Costantinopoli, e prescrisse ai Vescovi la fede che dovevano approvare. Il terzo concilio fu convocato in Efeso dall'imperadore Teodosio II, nell'anno 431; e questo fu presieduto da Cirillo Vescovo di Alessandria, ma sotto la sorveglianza dei magistrati governativi. Marciano convocò il quarto a Calcedonia nel 451, e mentre concesse la presidenza onoraria di esso ai legati del papa, riserbò per sè stesso la presidenza effettiva. Il quinto fu convocato a Costantinopoli nel 553 da Giustiniano, che lo fece presiedere dal patriarca di detta città, sebbene ivi si trovasse il papa Vigilio; il quale anzi venne costretto a riconoscere le decisioni di quel concilio. E quando il papa Martino I nel 650 volle tenere un concilio generale a Roma, fu dall'imperadore Costante II arrestato, accusato di lesa maestà, ad esiliato in Crimea ove terminò la sua vita (9).

Queste cose ai dotti sono note, e la falsità della donazione di Costantino ora è riconosciuta pur da coloro che si appiccherebbero alle più ridicole stranezze, per sostenere il dominio temporale del papa. Con tuttociò ho creduto fare le sopra scritte parole, per erudizione di quella classe di persone che è meno istruita (10).

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