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(452) « Caterina partitasi di Firenze sulla fine del maggio, giunse << in Avignone il dì 18 di giugno; e di lì stesso scrive al papa, rispon« dendo a una breve sua lettera, conservataci da frate Raimondo, e chie<< dente consiglio. Non voleva la Sanese tanto bazzicare in corte, e piut<< tosto scriveva. E, Raimondo che ne' colloqui faceva da interpetre tra << il papa e lei, avrà tradotte queste lettere in latino, da lei dettate in << volgare al Maconi. » (Nota del TOMMASEO nell'ediz. precitata).

(453) Chimento, per Clemente è usato dagli antichi: lo troviamo anche nel Fortifiocca nella vita di Cola di Rienzo.

(454) Il vocabolo essi si riferisce ai buoni di cui sopra ha parlato. Il Tommaseo dice: « I buoni, nel costrutto sono lontani; ma nell'a<< nima dello scrittore presenti. Negligenze tali sono opera di mo<< ralità. >>

(455) Qui il vocabolo loro si riferisce ai cardinali.

<< Non li nomina non paresse irriverenza » dice il Tommasco nella precitata edizione.

(456) Allude alla sollevazione delle provincie ecclesiastiche, di cui tenemmo parola nel principio di questo Capitolo.

(457) « Non già che volesse ella andarsene col papa a Roma, che « richiamatolo, si ricoverò alla sua Siena. Tanto più bello l'andiam« ci; facendosi compagna in spirito e in onore. » (Nota del TOMMASEO nella precitata edizione).

(458) Notisi l'analogia di questa frase di Santa Caterina « andate tosto alla sposa vostra che vi aspetta tutta impallidita, » con quella del Petrarca a Cola di Rienzo:

.... Roma ogni ora

« Cogli occhi di dolor bagnati e molli
«Ti chiè mercè da tutti i sette colli; »

come pure con quei versi di Dante: (PURG. VI.)

Vieni a veder la tua Roma che piagne
Vedova, sola, e di e notte chiama.

Lo stesso amore per Roma e per l'Italia, negli stessi tempi, conduceva alla stessa retorica.

(459) S. CATERINA, Lett. 231, Vol. III, pag. 284, ediz. cit.

(460) THEINER, II, 503, 564, 571, 573.

(461) (S. CATERINA. Vol. III, Lett. 233, pag. 289, ediz. cit.

(462) Additam. secund. ad Chron. Cortus, apud MUR. XII, 984. Chronic. Estense ap. MUR. XV, 499.

RAYNALD. Annal. Eccles. ad an. 1377.

Le feste pel ritorno del papa furono descritte con alcuni sconcissimi versi latini, cui riporta il Rainaldi nel luogo ora citato. Esse furono anche espresse in marmo nel sepolcro del papa esistente nella Chiesa di S. Francesca Romana, il quale venne illustrato dal Gregorovius nella sua opera Le tombe dei papi.

(463) AMIANI, Mem. Storiche della città di Fano, II, p. 71.

Regia Picena, 243, 248.

SARACINI, Not. hist. della città di Ancona 210.

GUALTERIO, Chronic. Docum. II, 337.

THEINER, II, 604, 607, 608, 615, 616, 617, 619.

(464) THEINER, II, 624.

(465) Dicesi che Gregorio nel letto di morte, tenendo in mano il mistico pane, scongiurasse gli astanti a non dare giammai ascolto a uomini o donne che parlassero di visioni divine; dicendo che egli sedotto da queste, non aveva apprezzato i consigli dei cardinali i quali lo persuadevano a restare in Avignone; e che per essere partito da questa città avea tratto la Chiesa sulla via di uno scisma. (Vedi Burio in Gregorio XI).

Ma queste sono postume novelle ritrovate da spiriti ameni; mentre vedemmo che egli non diè alcun peso alle visioni della Brigida; e santa Caterina gli parlava da filosofessa e teologa e direm pure da donna politica, e non già da profetessa. La cagione per cui Gregorio venne in Roma parmi di averla bene accennata nelle ultime pagine di questo Capitolo. La causa principale che l'induceva a ritornare in Avignone, erano, non i timori dello scisma, ma quei mondani affetti, di cui parlava la Santa Svedese.

(466) Corpus Hermanni Bisochi, qui fuerat caput Ordinis frati<< cellorum, apud Ferrarienses per triginta annos pro sancto cultus, ha<< bita diligenti inquisitione, exumari et comburi jussit tanquam dam<< nati Haeretici et ara ejus donariis multis pretiosa destructa fuit. » BURIO, Roman. Pontif. brevis notitia, in Bonifacio VIII.

(467) BALUTIUS, Vita Ioannis XII.
GOLDASTI, Monarchia, Tom. I e II.
(468)

Miscel. Tom. I, pag. 307.

<< Soleva Roma che il buon mondo feo

<< Due soli aver, che l'una e l'altra strada
<< Facean vedere, e del mondo e di Deo.

<< L'uno l'altro ha spento, ed è giunta la spada
<< Col pastorale; e l'un coll'altro insieme
« Per viva forza mal convien che vada;

<< Perochè giunti, l'un l'altro non teme,
<< Se non mi credi, pon mente alla spiga;
<< Ch'ogni erba si conosce per lo seme.

DANTE, Purgat. XVI, 106-14.
Vedi pure il trattato De Monarchia, III, 2.

(469) « Propter quod opus fuit homini dupplici directivo, secundum << duplicem finem; scilicet summo pontifice, qui secundum revelata hu<< manum genus perduceret ad vitam aeternam; et imperatore, qui se<< cundum philosophica documenta genus humanum ad temporalem feli<< citatem dirigeret. »

DANTE, De Monarchia, III, 15.

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(475)

ID., Purg. II, 100.

<< O navicella mia com' mal se'carca!

ID., Purg. XXXII, 129.

<<< Produce e spande il maledetto fiore
<< Che ha disviate le pecore e gli agni,
<< Però che ha fatto lupo del pastore.

<< Per questo l'evangelio e i dottor magni
<< Son derelitti, e solo ai decretali

<< Si studia sì che appare a lor vivagni.

(476) DANTE, Par. XXVII.

ID., Par. X, 130-35.

(477) Id., Infer., 51, e 97-99.

(478) Id., ivi, V. 106.

(479) Fazio DEGLI UBERTI, Dittamondo, Lib. II; C. XI.

(480) Vedi la precedente nota (381).

(481) Sono ben noti i sonetti del Petrarca che cominciano coi versi seguenti:

1. « Dell'empia Babilonia ond'è fuggita, etc.

2. « Fiamma del ciel su le tue trecce piova, etc.

8.

L'avara Babilonia ha colmo il sacco, etc.

4. « Fontana di dolore, albergo d'ira, etc.

(482) Vedi PETRARCA, Epist. de Reb. Famil. Lib. VI, Cap. I, Hannibali Tusculanensi, de invidia, avaritia, caeterisque ecclesiae procerum

vitiis.

(483) Id. In Lib. Epist. sine titulo:

Epistola amico. quod in Galliis moram tradere cogatur, dolet; edit. cit. pag. 793.

Epistola amico, De inamo eno occiduae Babylonis statu; edit. cit. pag. 795.

Epistola amico, Ecclesiae catholicae oppressionem luget, edit. cit.

pag. 799.

Epistola amico, Calamitatem Urbis deplorat, ediz. cit. pag. 803.
(484) Chron. Placent, ap. MUR. XVI. pag. 528-536.

(485) «Saecularibus raelinquatur saecularia jura componere. » S. PET. DAMIANCI, opusc. XII, de contemptu saeculi, Cap. 27. (486) «Non decet pontifices de terrenis judicare, sed principes saeculares.

S. BERNARDUS, De Consideratione ad Eugenium III. Lib. I, 6. (487) San Bernardo non sembrò a taluno sempre coerente a se stesso nei snoi principii; giacchè mentre nel suo trattato de Consideratione ̧ imprecò tanto contro il dominio temporale, poi nell'epistola CCXLIII ai Romani, rimproverò costoro perchè volevano togliersi dal dominio pontificio; e nell'epistola 244 a Corrado, esortò questo a difendere i papi contro i ribelli Romani. Se si considera però bene la cosa, non si troverà contradizione. San Bernardo per convinzione era contrario al dominio temporale dei papi; e nello stesso tempo, era nimicissimo dei Romani, e credeva che la civiltà di quell'epoca fosse tale in Roma da non potere ancora permettere ai Romani di vivere senza essere soggetti in tutto al papa. Mentre perciò egli per principio non ammetteva che il papa fosse un re; ed anzi lo esortasse a smettere ogni potestà terrena, nello stesso tempo credeva che si dovesse aspettare un grado maggiore di civiltà presso i Romani, perchè il papa potesse di fatto deporre quel dominio che egli opinava non possedesse con assoluto diritto. Insomma S. Bernardo faceva del dominio temporale dei papi una questione di attualità. Per principio non lo ammetteva, e lo riprovava; stante i tempi, consigliava i papi pel momento a tollerarlo, nel desiderio che potessero al più presto deporlo.

(488) « Modis omnibus cave ne saecularibus te involvas. Nulla enim << consonantia est spiritus Dei ad spiritum hujus mundi..... Si te cu<< rialium et maxime seacarii labyrinthis immerseris, magna spiritualis << exercitii dispendia patieris. Nemo potest duobus dominis servire, Deo << et mammonae.... Quid tibi ad scacarium, quid tibi ad fiscales reddi«<tus ut vel horula brevi curam posthabeas animarum? Numquid Chri<<stus te ad telonium elegit? » PETRUS BLESENSIS Bathoniensis, De Istitutione Episcopi.

Vide etiam ejusdem Epistol. XXVI et Epistol. CXI Ad Petrum Clericum regis Angliae.

(489) « Abstineant ab omnibus quae distrahunt a Deo; haec autem << sunt negotia saecularia. » S. THOMAS in 2. ad Thim. cap. 2, v. 4.

(490) « Manifestum ex dictis sit, quod rex, sicut dominio et regi<< mini quod administratur per sacerdotii officium subdi debet, ita praesse << debet omnibus humanis officiis, et ea imperio sui regiminis ordinare. » Id. De Regimine Principum, Lib. I, Cap. 15.

(491) « Ego sum Creator omnium, Ego ante Luciferum a patre ge<< nitus, et inseparabiliter in patre, et pater in me, et unus spiritus in

<< ambobus. Ideo unus Deus Pater et filius, et Spiritus Sanctus, non tres « Dii. .. . Nunc ergo conqueror super te, caput Ecclesiae meae, qui se<«< des in sede mea, quam Petro et successoribus meis tradidi ad seden« dum in ea triplici dignitate et auctoritate. Primo ut potestatem habe<< rent ligandi animas et solvendi a peccato. Secundo ut aperirent coe<«<lum poenitentibus. Tertio ut clauderent coelum maledictis et conte<< mnentibus. Sed tu qui deberes solvere animas et ad me praesentare, << tu vere es animarum interfector. Ego enim istitui Petrum pasto<rem et servatorem ovium mearum. Tu autem es dispersor et lacerator << earum. Tu antem pejor es Lucifero. Ipse enim habebat ad me invidiam << et nullum concupivit occidere, nisi me, ut pro me dominaretur. Tu << autem tanto deterior es, quod non solum occidis me, removendo me «a te per mala opera tua, sed et animas occidis per malum exemplum << tuum. Ego redemi animas sanguine meo et commisi eas tibi tamquam << amico fideli. Tu autem tradis eas iterato inimico, a quo redemi eas. << Te es injustitior Pilato qui nullum judicabat ad mortem nisi me. Tu << autem non solum judicas me quasi nullius dominatorem, et nullius boni « dignum, immo et animas innocentes condemnas et nocentes dimittis. « Tu es immitior Juda qui me solum vendidit. Tu autem non solum me << vendis, sed et animas electorum meorum pro turpi lucro tuo et vano << nomine. Tu es abhominabilior Judaeis. Ipsi crucifixerunt corpus meum << solum, tu autem crucifigis et punis animas electorum meorum, quibus << malitia tua et transgressio amarior est omni gladio. Et ideo quia tu << similis es Lucifero, iniustor Pilato, immitior Juda, abhominabilior << Judaeis. Ideo merito conqueror super te. »

S. BIRGITTAE Revelat. Lib. I, Cap. 41.

Anche in altri luoghi la pia donna si lamenta dei papi, e chiama spessissimo la sede pontificia sedem superbiae.

(492) Dopo avere esortato il papa nuovamente a venire in Roma, S. Brigida dice ad esso in nome del Cristo:

«De discordia vero inter papam et Bernabonem respondeo quod « ultra modum est mihi odiosa, quia infinitae animae de illa pericli<< tantur; ideo placitum est mihi ut concordia fiat. Nam si etiam papa <«<expulsus esset a papatu suo, melius esset quod papa umiliaret se et << faceret concordiam quacumque occasione fieri posset, antequam tot << animae perirent in aeternam damnationem. » Revelat. Lib. IV, Cap. 143. (493) « Vidi in Roma a palatio papae prope S. Petrum usque ad << castrum S. Angeli, et a castro usque ad domum S. Spiritus et usque << ad ecclesiam S. Petri quasi quod esset una planities, et ipsam plani<< tiem circuibat firmissimus murus, diversaque habitacula erant circa <«< ipsum murum. Tunc audivi vocem dicentem; Papa ille qui sponsam << suam ex dilectione diligit, qua ego et amici mei dileximus eam, pos<< sidebit hunc locum cum assessoribus suis, et liberius ut quietius ad<< vocare possit consiliarios suos. » Revelat. Lib. VI, Cap. 74.

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