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CAP. XLV.

Dell' ordine che presono i Fiorentini al ríparo del Mastino.

I Fiorentini, tornati i loro ambasciadori da Verona, e avvedendosi come erano stati gabbati e traditi villanamente dal Mastino, tutti di concordia ordinaro sei de' maggiori cittadini uno per sesto, due de' grandi e quattro popolani sopra la guerra col Mastino, e quattordici popolani a trovare moneta con grandissima balía, ciascuno uficio per termine d' uno anno ; il quale ordine fu allora lo scampo di Firenze per l' eseguizioni che feciono in loro riparo e in guerreggiare i tiranni della Scala, siccome innanzi leggendo potrete trovare. Che il Mastino avea minacciato, che innanzi il mezzo Maggio prossimo verrebbe a vedere le porte di Firenze con quattromila armadure a cavallo, per abbattere l'orgoglio de' Fiorentini; ed eragli possibile, ch'egli era signore di Verona, di Padova, di Vicenza, di Trevigi, di Brescia, di Feltro, di Civita Belluno, di Parma, di Modana, e di Lucca; e avevano di rendita l'anno di gabelle delle dette dieci cittadi e di loro castella più di settecento migliaia di fiorini d'oro, che non ha re tra' cristiani che gli abbia se non il re di Francia; sanza l'altro loro seguito e amicizia de'ghibellini, che mai non furo tiranni in Italia di tanta potenzia; onde a' Fiorentini parea avere forte partito alle mani; ma come franchi e virtudiosi, quasi niuno discordante, recandosi ciascu

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no in se la 'ngiuria del tradimento del Mastino, sì diliberaro di seguire magnificamente la 'mpresa. Onde poi i Fiorentini, come piacque a Dio, poco tempo appresso osteggiaro loro più volte infino a Verona villanamente, come innanzi leggendo si potrà trovare, faccendo di magnifiche imprese contra i detti tiranni. E in quelli medesimi giorni per li loro danari avrebbono fatto rubellare al Mastino la città di Modana, ed era già fornita per gli soldati suoi ch' erano in Modana, se non che i Bolognesi non vollono in servigio de' marchesi da Ferrara loro amici, di cui per patti della lega dovea essere Modana. E poi i Fiorentini per loro ambasciadori si dolsono a tutti gli altri collegati lombardi del tradimento de' tiranni della Scala, per loro scusa richeggendogli d'aiuto, e fecero nuova lega col re Ruberto co'Perugini, Sanesi e altre terre guelfe di Toscana, e coi Bolognesi e co' guelfi di Romagna, con grandi ordini e aperti per riparare la loro potenzia. Lasceremo alquanto della guerra cominciata col Mastino per dire d'altre novità state in questi tempi, ritornando poi a quelle ; perocchè in ciò molto ne cresce grande materia e maravigliosa e quasi incredibile, come leggendo per innanzi il processo della detta guerra si potrà trovare.

CAP. XLVI.

Come i Colligiani si diedono da capo alla guardia de' Fiorentini e fecionvi la rocca.

Nel detto anno 1335,all'uscita del mese di Gennaio, compiuto o per compiere il primo termine

ch' e' Colligiani s'erano dati alla guardia del comune di Firenze, sì si diedono da capo per tre anni oltre al primo termine e ancora con più liberi patti; per la qual cosa i Fiorentini per volontà de' Colligiani, e per essere più sicuri della guardia e con meno spesa, si ordinaro e feciono fare in Colle alle spese de' Colligiani una forte rocca al disopra della terra in su la piazza del comune presso alla pieve, con ali di mura e entrata per se, e ordinaronvi uno castellano fiorentino con quaranta fanti al continuo alla guardia, de' quali l'una metade delle spese pagavano i Fiorentini e l'altra i Colligiani.

CAP. XLVII.

Come papa Benedetto determinò l'oppinione di papa Giovanni suo anticessore della visione dell' anime beate.

Nel detto anno, essendo per papa Benedetto tenuti più consistori co' suoi cardinali appo Vignone, e con molti maestri in divinità fatta per più tempo solenne esaminazione sopra l'oppinione

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papa Giovanni della visione dell' anime beate, se dopo il dì del giudicio crescerebbe loro beatitudine o no, onde in qua dietro in più capitoli è fatta per noi memoria sopra la detta questione; e spezialmente per la dichiarazione che ultimamente avea fatta papa Giovanni alla sua fine; parendo al papa e agli altri maestri, che in quella parte ove conchiuse, che l' anime beate vedeano la divina essenzia faccia a faccia chiaramente in

quanto lo stato e la condizione dell'anima partita dal corpo comporta, non fosse perfettamente dichiarato, ma lasciato ancora in nube il detto oppinione, si 'l volle dichiarare. Ea di 29 di Gennaio per lo detto papa in piuvico consistoro fu determinata e dato fine e silenzio santamente alla detta questione, cioè: che la gloria de' beati è perfetta, e come i santi sono in vita eterna e veggono la beata speme della Trinità; e che dopo il giudicio la detta gloria sarebbe istensiva nell'anima e nel corpo, ma però non crescerebbe all' anima sensivamente più che si fosse prima nell'anime beate. E sopra ciò fece decreto, che chi altro credesse fosse eretico. Lasceremo della detta materia, che assai n'è detto, e torneremo a'nostri fatti di Firenze.

CAP. XLVIII.

Come il comune di Firenze ricominciò guerra a' signori d' Arezzo.

Negli anni di Cristo 1336, a dì 14 d'Aprile, sentendo i Fiorentini che messer Piero Saccone de Tarlati signore d'Arezzo tenea trattato con messer Mastino della Scala di fare con lui lega e compagnia, e di ricevere in Arezzo la sua gente e cavalleria per difendersi, e fare guerra a'Fiorentini e a'Perugini, e al continuo erano in Arezzo suoi ambasciadori, sì si diliberò in Firenze di cominciare aperta guerra alla città d' Arezzo; e il detto di si sbandiro le strade. Chi disse che i Fiorentini ruppono la pace agli Aretini fatta l'anno 1316 per lo re

Ruberto indebitamente, e non si convenia alla magnificenza del comune di Firenze rompere pace agli Aretini, se prima per loro non fosse mossa guerra apertamente; e chi disse che non era rompimento di pace all' offese fatte per loro a' Fiorentini in dare sempre aiuto a Castruccio e agli altri nemici del comune di Firenze, e al presente legarsi con messer Mastino fatto loro nemico, e datagli la signoria d'Arezzo. Vedendo gli Aretini che'l comune di Firenze volea cominciare loro apertamente guerra, per levarsi il furore d'addosso sì cercarono per più trattati d'avere concordia co' Fiorentini e co' Perugini; i quali trattati tornaro tutti in vano, perocch' erano con inganno; che i signori d' Arezzo al continuo attendeano grossa gente da messer Mastino, e vennono infino a Forlì in Romagna più di ottocento cavalieri; per la qual cagione i Fiorentini mandaro in Romagna di loro masnade seicento cavalieri, e coll' aiuto de' Bolognesi e degli altri guelfi romagnuoli furono più di dodici centinaia di cavalieri; e tutta la detta state stettono in Romagna alla guardia de' passi per modo, che la gente di messer Mastino per nullo modo potero passare ad Arezzo. E in fra questo tempo i Fiorentini feciono cavalcata sopra la città d' Arezzo di settecento cavalieri e popolo assai a dì 3 di Luglio del detto anno. E i Perugini dall'altra parte col loro sforzo infino alle porte d' Arezzo, accozzandosi le dette due osti, faccendo grande guasto di biade, ed arsione di possessioni nel contado d'Arezzo e intorno alla città, dimorandovi ad oste sanza alcuno contasto infino a di 8 d'Agosto

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