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tani di guardia della città, ciascuno con venticinque fanti armati, e in ogni sesto della città ne stava uno, e nel sesto d' Oltrarno due ; i quali guardavano la città di dì e di notte, di sbanditi e di zuffe e offensioni e di giuoco e d'arme, e furo chiamati bargelli. L'uficio de' detti ebbe bello colore e buona mossa; ma quelli che reggeano la città il feciono più per loro guardia e francamento di loro stato, perchè dubitavano ch' alla nuova riformazione della lezione de'priori, che si dovea fare il Gennaio appresso, non avesse contesa, perchè certi popolani ch' erano degni d'essere al detto uficio per sette n'erano esclusi. Durò il detto uficio uno anno e non più, fornita la detta lezione; e poi ne surse un altro uficio di maggiore lieva, che si chiamò conservatore, come innanzi al tempo faremo menzione.

CAP. XVII.

Conta di guerra tra' Genovesi e' Catalani.

Nel detto anno i Genovesi con loro galee armate feciono grande danno a' Catalani, che presono di loro quattro grandi cocche in Cipri, e altre quattro in Cicilia, e quattro galee in Sardigna, tutte cariche di ricco avere, e gli uomini tutti misono alle spade e annegaro in mare, e seicento ne 'mpiccaro a uno colpo in Sardigna la qual fu una grande crudeltà ; ma non fu sanzą merito in parte di giudicio di Dio alla loro città, come seguendo in questo assai tosto faremo menzione,

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CAP. XVIII.

Come i Turchi furo sconfitti in mare da galee della Chiesa e del re di Francia.

Nel detto anno, l'armata della Chiesa di Roma e del re di Francia e' Viniziani, in quantità di trentadue galee mandate in Grecia per difenderla da' Turchi che tutta la correano e guastavano, scontrandosi col navilio de' Turchi ch' era infinito, combattero con loro. I Turchi fuggendo a terra ne morirono più di cinquemila, e arsono di loro navilio centocinquanta legni grossi sanza i sottili e piccioli, e poi corsono tutte le loro marine e alquanto fra terra, levando grande preda di schiavi e di cose con grande danno di loro.

CAP. XIX.

Della morte di papa

Giovanni ventiduesimo.

Nel detto anno, a dì 4 di Dicembre, morì papa Giovanni appo la città di Vignone in Proenza ov' era la corte, d'infermità di flusso, che tutto il suo corpo si dissolvette, e per quello si sapesse, mori convenevolmente assai ben disposto appo Iddio, revocando il suo oppinione mosso della visione dell' anime de' santi. E ciò fece, secondo si disse, più per infestamento del cardinale dal Poggetto suo nipote e degli altri suoi parenti, acciocchè non morisse con quella (4) sospezionosa fama, che da suo movimento, non credendo si to

sto morire, e egli morì il di seguente. E acciocchè sia manifesto a chi per gli tempi leggerà questa cronica, e non possa avere preso errore per quella oppinione, si metteremo appresso verbo a verbo la detta dichiarazione fatta fedelmente volgarizzare, come avemmo la copia dal nostro fratello ch'allora era in corte di Roma.

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Giovanni vescovo servo de' servi di Dio a , perpetua memoria. Sopra quelle cose dell'ani» me purgate partite da'corpi, se alla resurrezione de' corpi la divina essenzia con quella visione, la quale l'Apostolo chiama fiaccole, veggiamo, si per noi come per molti altri, in nostra présenzia recitando e allegando la sacra Scrittura e gli originali detti de' santi, o per altro modo ,, ragionando, spesse volte dette sono altrimenti che noi dette e intese fossono, e intendansi per e dicansi, possano negli orecchi de'fedeli dubbio e oscurità generare; ecco la nostra intenzione la quale colla santa Chiesa cattolica intorno a queste cose abbiamo, e abbiamo avuto, per lo tenore delle presenti, come seguita: dichiariaconfessiamo certamente e crediamo, che l'anime purgate partite da' corpi sono ne' cieli de' cieli e in paradiso con Cristo, e in compagnia degli angioli raunate, e veggiono Iddio e la divina essenzia faccia a faccia chiaramente, in quanto lo stato e la condizione dell'anima » partita dal corpo comporta. E se altre cose o ,, per altro modo intorno a questa materia per noi dette, predicate, ovvero scritte fossono, per alcuno modo quelle cose abbiamo dette, predicate, ovvero scritte, recitando e disputando

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i detti della sacra Scrittura e de' santi, e così ,, vogliamo essere dette, predicate, e scritte. Anche se alcune altre cose sermonando,disputando, domatriando, ammaestrando, ovvero per alcuno altro modo dicemmo,predicammo,o scrivemmo intorno alle predette cose,ovvero altre cose che ,, ragguardano la fede cattolica, la sacra Scrittura, ovvero a' buoni costumi, in quanto sono consone alla fede cattolica e alla determinazione della Chiesa e alla sacra Scrittura e a' buoni ,, costumi, le sponiamo; altrimenti per altro modo quelle cose abbiamo avute, e vogliamo ,, per non dette, predicate e scritte, e quelle revochiamo espressamente; e le predette tutte ,, cose, e qualunque altre predette scritte per noi di qualunque mai fatti in ogni luogo, e in qua,, lunque luogo o in qualunque stato, che abbia,, mo, e abbiamo avuto da quinci addietro, sommettiamo alla determinazione della Chiesa e de' nostri successori. Data a Vignone a di 3 di Dicembre anno decimo nono del nostro pontificato,, E poi annullò le reservazioni per lui fatte, che dalla sua morte innanzi non avessono vigore.

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CAP. XX.

Del tesoro che si trovò la Chiesa dopo la morte di papa Giovanni, e di sua vita e

costumi .

Dissesi che l'eclissi del sole, che fu del mese di Maggio l'anno dinanzi, significò la sua morte dovere essere quando il sole verrebbe all' орро

sizione del suo mezzo corso; e così parve che fosse. Della morte del detto papa se ne fece l' esequie in Firenze a dì 16 di Dicembre nella chiesa di san Giovanni con grande e ricca luminaria, e grande solennità e celebrazione d'uficio per lo chericato e per tutti i cittadini. E nota, che dopo la sua morte si trovò nel tesoro della Chiesa a Avignone in monete d'oro coniate il valore e computo di diciotto milioni di fiorini d'oro e più; e il vasellamento, croci, corone, e mitre, e altri gioielli d'oro con pietre preziose l'estimo a larga valuta di sette milioni di fiorini d'oro. Sicchè in tutto fu il tesoro di valuta di più di venticinque milioni di fiorini d'oro, che ogni milione è mille migliaia di fiorini d'oro la valuta. E noi ne possiamo di ciò fare piena fede e testimonianza vera, che il nostro fratello carnale, uomo degno di fede, che allora era in corte mercatante di papa, che da' tesorieri e da altri che furo deputati a contare e pesare il detto tesoro gli fu detto e accertato, e in somma recato per farne relazione al collegio de' cardinali per mettere in inventario, e così il trovaro. Il detto tesoro la maggior parte fu raunato per lo detto papa Giovanni per sua industria e sagacità, che infino l'anno 1319 puose la reservazione di tutti i beneficii collegiati di cristianità, e tutti gli volea dare egli, dicendo il facea per levare le simonie. E di questo trasse e raunò infinito tesoro. E oltre a ciò per la detta reservazione quasi mai non confermò elezione di nullo prelato, ma promovea uno vescovo in uno arcivescovado vacato, ed al vescovado del vescovo promosso promovea uno

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