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l'universo: ma tosto vi torneremo, ch' assai ci

cresce materia a' nostri fatti.

CAP. CXX.

Come il re di Spagna sconfisse i saracini in

Granata.

Nel detto anno 1340, in calen di Novembre, furono sconfitti i saracini di Setta e dell' altro paganesimo, e quegli di Barberia e di Levante che erano passati di qua da mare, innumerabile quantità, al soccorso di quelli di Granata, per lo buono re di Spagna; e rimasene tra morti e presi più di ventimila, con molto tesoro e arnesi di saracini,

CAP. CXXI.

Come arse Portoveneri.

Nel detto anno, il dì di calende di Gennaio, s'apprese il fuoco in Portoveneri nella Riviera di Genova, e fu si impetuoso, che non vi rimase ad ardere casa nè piccola nè grande, salvo che due castella ovvero rocche che v'aveano i Genovesi, con infinito danno d'avere e di persone; e non sanza giudicio di Dio, che quelli di Portoveneri erano tutti corsali, e pirati di mare e ritenitori di corsali.

CAP. CXXII.

Come la casa de'Pugliesi e i loro seguaci furono cacciati di Prato.

per

Nel detto anno, del mese di Febbraio, i Guazzalotti da Prato col caldo e favore di certi Fiorentini, levarono a romore la terra di Prato sospetto de'Pugliese de' Rinaldeschi loro vicini, ovvero per rimanere signori; e nella terra ebbe battaglia, e morivvi alquanti dall'una parte e dall'altra; alla fine i detti Pugliesi e Rinaldeschi co' loro seguaci furono cacciati della terra, e molti altri fatti confinati .

CAP. CXXIII.

Come in Firenze si feciono due capitani
di guardia.

Nel detto anno, in calen di Febbraio, si parti di Firenze il tiranno, cioè messer Iacopo de'Gabbrielli d'Agobbio, ricco del sangue de'Fiorentini ciechi, che più di trentamila fiorini d'oro si disse che ne portò contanti. Vero è che per la sua partita i savi rettori di Firenze corressono il loro errore del suo tirannico uficio, e scemarono le spese del comune ovvero le raddoppiarono, che là dove n'aveva prima uno bargello per l'esecuzione ne elessono due, l'uno a petizione del detto messer Iacopo e suo parente (ciò fu messer Currado della Branca, capitano della guardia in città per arricT VI.

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chire la povertà de' Marchigiani ); l'altro alla guardia del contado sopra gli sbanditi messer Maffeo da ponte Caradi da Brescia stato nostro podestà questi n' era più degno per le sue virtudi e operazioni; ma l'uno e l'altro uficio era di oltraggio e di grande spesa e danno del comune, Ma i reggenti cittadini per mantenere il comune, ovvero la loro tirannia, e tali di loro baratterie, come dicemmo addietro, gli sosteneano a tanto danno del comune e graveza de' cittadini per essere temuti e farsi grandi. Ma poco appresso Iddio ne mostrò giudicio assai aperto per le loro prave operazioni, a gran danno e vergogna e abbassamento del nostro comune, come innanzi faremo menzione. Ma gravami che non fu sopra le loro persone, com' erano degni i mali operatori, come che toccò ad alquanti di loro. Ma Iddio si riserva e non lascia nullo male impunito, benchè non sia a' tempi e al piacere de' disideranti; e spesso punisce il popolo per li peccati de' rettori, e non sanza giusto giudicio, perocchè 'l popolo è bene colpevole a sostenere le male opera zioni de' loro reggenti; e questo basti a tanto,

CAP. CXXIV.

Come la città di Lucca volle essere tolta a messer Mastino della Scala.

Nel detto anno e mese di Febbraio, messer Francesco Castracani degl' Interminelli di Lucca ordinò col favore de' Pisani di torre la città di Lucca a messer Mastino con alcuno trattato d'en

tro, vegnendo di fuore con gente assai a cavallo e a piedi. Guiglielmo Canacci vicario in Lucca per messer Mastino scoperto il trattato prese il Ritrilla degli Uberti e tredici cittadini, che tutti teneano mano al trattato, e corse e guarentì la terra, come piacque a Dio per riservarla a' Fiorentini per loro grande danno e vergogna, come in poco tempo appresso si potrà trovare. E poi il detto Guiglielmo fece oste in Garfagnana, e tolse più terre che tenea il detto messer Francesco Castracani.

CAP. CXXV.

Come il castello di san Bavello s' arrendè al comune di Firenze.

Nell'anno 1341, a dì 15 d'Aprile, i Fiorentini avendo fatto porre l'oste al castello di san Bavello, ch'era di Guido de' conti Guidi che fu con. dannato con gli altri conti, come dicemmo poco addietro, per cominciare l'esecuzioni delle loro condannagioni, essendo molto stretto, e non attendendo soccorso, s'arrendè al comune di Firenze salve le persone. Il quale feciono tutto abbattere e diroccare per ricordo e vendetta contra al detto Guido: che più tempo dinanzi avea il comune di Firenze per sue lettere richesto e citato il detto Guido per alcuna cagione, e il detto Guido, essendo nel detto castello di san Bavel·lo , per dispetto del comune di Firenze dinanzi a' suoi piedi fece manicare al messo del comune la lettera con tutto il suggello, e poi accommia

tollo villanamente, dicendo per dispetto del comune di Firenze, che se più vi tornasse, o egli o altri, gli farebbe impiccare per la gola; onde sentendosi in Firenze, grande sdegno ne venne quasi a tutti i cittadini.

CAP. CXXVI.

Di uno grande fuoco che si apprese in Firenze.

Nel detto anno, la notte seguente di calen di Maggio, s' apprese il fuoco in Terma in una casa ch' abitava Francesco di messer Rinieri de'Buondelmonti, e arson vi quattro suoi figliuoli maschi con ciò che egli v' avea dentro, non potendone scampare niente; onde fu una grande pietade ; e non fu sanza giudicio di Dio, che il detto Francesco aveva occupata la detta casa e toltala a una donna vedova di cui ella era; ma la pietade fu degl' innocenti figliuoli, che portaro la pena ne' loro corpi della colpa e peccato del padre.

CAP. CXXVII.

Come messer Azzo da Correggio rubellò e tolse Parma a messer Mastino.

Nel detto anno, tornando da Napoli dal re Ruberto messer Azzo da Correggio da Parma, avendo trattato col re e con gli ambasciadori di messer Luchino Visconte ch' erano a Napoli, feciono lega e compagnia di rubellare Parma a messer Mastino. Valicò per Firenze chiusamente, che non

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