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appresso furono fatti signori il vescovo di Noara messer Giovanni che fu cardinale dell'antipapa, e messer Luchino suo fratello figliuoli di messer Maffeo Visconti; ma a messer Luchino rimase la signoria. E poi a dì 21 del mese appresso s' accordò con papa Benedetto e colla Chiesa, per lo misfatto d' essere stato cardinale dell' antipapa e favorito il Bavaro per procaccio di cinquantamila fiorini d'oro. E poi ogn' anno fiorini diecimila d'oro per censo. E per simile modo s'accordò messer Mastino della Scala colla Chiesa per cinquemila fiorini d'oro per anno. O Chiesa pecuniosa e vendereccia, come i tuoi pastori t' hanno sviata dal tuo buono e umile e povero stato, e cominciamento di Cristo?

CAP. CII.

Come la città di Genova e quella di Saona feciono popolo e chiamarono nuovo dogio.

Nel detto anno 1339, a dì 24 di Settembre, que. gli della città di Saona feciono popolo, e tolsono le due castella ch'erano nella terra a quelli di casa Doria e di casa Spinoli di Genova, che teneano le dette castella, e gli ne cacciarono fuori. E poi tre dì appresso i cittadini di Genova si levarono a romore e dispuosono i capitani, ch' era l'uno degli Spinoli e l'altro Doria, e cacciarono della terra loro e loro consorti e altri possenti; e feciono popolo, e chiamarono dogio al modo de' Veneziani uno Simone Boccanera de' mediani del popolo. Questo dogio fu franco e valente. E

poi l'anno appresso, per cospirazione di certi grandi fatta contro a lui, fece prendere e tagliare la testa a due degli Spinoli e a più altri loro seguaci. E' fu aspro in giustizia, e sperse i corsali di Genova e della Riviera, tuttora ritenendo lasua signoria a parte ghibellina, e tenne in mare più galee armate per lo comune alla guardia della Riviera.

CAP. CIII.

Di discordie che furono in Romagna, e poi fu

pace tra loro.

Nel detto anno, del mese di Settembre, essendo la gente del capitano di Forlì a oste sopra Calvoli, il capitano di Faenza colla forza de Bolognesi e d'altri di loro parte gli levaron d'assedio quasi sconfitti. E poi l'Ottobre appresso per procaccio de' Fiorentini fu trattato di pace tra'signori e comuni di Romagna. L'una parte erano quegli di Forli e Cesena, messer Malatesta d'Arimino e que'da Polenta di Ravenna, tutto che fossono guelfi e ghibellini collegati. E l'altra parte era Faenza, Imola, i conti Guidi, e altri loro seguaci. E per sindachi e ambasciadori delle parti si rimisono nel comune di Firenze. E in sul palagio de' priori si diede sentenzia, e si basciarono in bocca pace faccendo.

CAP. CIV.

Come il marchese di Monferrato tolse Asti al re Ruberto.

Nel detto anno, a dì 26 di Settembre, il marchese di Monferrato tolse la città d'Asti, e fecela rubellare al re Ruberto, per cui si teneva, e furonne cacciati quelli dal Soliere di sua parte e i guelfi. E furonne signori i Gottineri e i ghibellini. E la cagione fu perchè il re Ruberto per sua avarizia non pagava le sue masnade che vi teneva, onde al bisogno non feciono retta nè difesa, perchè aveano pegno l'arme e i cavalli. La quale perdita fu grande danno al re Ruberto per le sue terre di Piemonte e a tutta parte guelfa di Lombardia.

CAP. CV.

D'accordo e lega fatta da' Fiorentini
a' Perugini.

Nel detto anno 1339, a dì 6 di Novembre, i Fiorentini feciono lega e compagnia co'Perugini per mano del nostro vescovo e d'altri ambasciadori perugini, e ordinossi a Lucignano di Valdambra, e quietarono i Perugini a' Fiorentini ogni ragione della questione d' Arezzo, rimanendo a'Perugini libero Lucignano d' Arezzo, e il Monte a san Savino, e altre castella d' Arezzo che si teneano.

CAP. CVI. `

Di certi ordini dell' elezione de' priori di Firenze, i quali furono corretti per lo migliore.

Nel detto anno, a dì 24 di Dicembre, si fece parlamento in Firenze, ove si corresse l'ordine della lezione de' priori e de' dodici loro consiglieri e de' gonfalonieri delle compagnie, i quali in prima com'erano eletti, erano i loro nomi scritti in polizze, e messe le dette polizze in borsa per sesti. A' tempi, quando si traevano per i detti ufici, si rimettevano in altre borse, infino che tutti n'erano tratti; e poi si ricominciava di nuovo a trarre, sicchè si può dire quelli tali erano a vita, ch' era sconcia cosa e disonesta a volere eglino signoteggiare la repubblica, sanza darne parte agli altri così o più degni di loro. E corressesi, che come fossono tratti la prima volta, si stracciasse la polizza del loro nome, e alla riformazione degli ufici si rimettessono da capo allo squittino con gli altri insieme; e chi ottenesse il partito vi rimanesse ; e fu ben fatto per levare la superbia e tirannia a' cittadini reggenti.

CAP. CVII.

Come le città della Marca uccisono e cacciarono i loro tiranni e feciono popolo.

In questo anno, del mese di Febbraio, quasi tutte le terre della Marca feciono popolo, e uccison o

Marcennaio che signoreggiava Fermo, e messer Accorrimbono da Tolentino, e quello da Matelica, e il Marchese; e quelli tiranni che que' popoli non poterono uccidere, cacciarono in esilio.

CAP. CVIII.

Come la gente del re Ruberto prese l'isola di Lipari, e sconfisse i Messinesi.

Nel detto anno 1339, a di 17 di Novembre, avendo la gente del re Ruberto presa l'isoletta di Lipari in Cicilia e assalito il castello di quella e molto strettolo il conte di Chiaramonte di Cicilia colla forza de' Messinesi armò in Cicilia otto galee e sette uscieri e quaranta legni, e venne a soccorrere Lipari. L'ammiraglio del re Ruberto, ch'era messer Giuffredi di Marzano conte di Squillaci, maestrevolmente fece ritirare sua oste dal castello e ridurla al suo navilio da una parte del golfo, e armò diciotto galee e sei uscieri e una cocca che egli avea, e diede luogo a' Ciciliani, sicchè fornirono il castello con gran festa e gavazzo. La mattina appresso volendosi partire il conte di Chiaramonte per tornare a Messina, l'ammiraglio del re Ruberto l'assalì, e la battaglia fu in mare aspra e dura. Alla fine i Ciciliani furono sconfitti e morti, e preso il conte di Chiaramonte con molta buona gente di Messina, che pochi ne scamparono. E rendessi il castello alla gente del re Ruberto. Tornando l'ammiraglio a Napoli, essendo sopra l' isola d' Ischia, fortuna forte gli prese e menolli infino in Corsica, e rup

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