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ANNOTAZIONI SISTEMATICHE

alle Antiche Rime Genovesi (Archivio, II, 161-312) e alle Prose Genovesi (Archivio, VIII, 1-97).

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abelestrar, 134, 231, balestrare, abbalestrare, colpir di balestra, fig. per uccidere. E at. per a, forse per assimilazione.

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abesognar, 56, 104, abbisognare; ma qui col senso di acconciare, 'provvedere', 'curare': per soi faiti abesognar. Notevole questo significato anche in quanto v'è più chiara la connessione etimologica di bisogno, bisognare col fr. soin, soigner e ant. it. sogna; cfr. Diez less. Is 386, s. 'sogna', Tobl. Ug. less.

abona zao, 45, 80, abbonacciato. Il Caro rende per via d'abbonazzar quest'onde il virgiliano motos componere fluctus (Æn. 1, 135). Il Monti, propugnando nella Proposta, app., la registrazione di questa forma di verbo nel Vocabolario della Crusca, dice abbonazzare essere più veemente e più virile di abbonacciare, più delicato; e cerca di dimostrare la ragione di questa maggior veemenza e virilità in un modo da destar compassione. Per noi, già s'intende, quell'abbonazzare non potrebbe essere altro se non una

* Il doppio numero, senz' altra indicazione, rimanda al componimento e al verso delle Antiche Rime'.

Archivio glottol. it., VIII.

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forma vernacolare sfuggita inavvertitamente dalla penna del Caro o del suo amanuense e sta ad abbonacciare come i vernacolari brazzo, fazza, lazzo, bonazza ecc. a braccio, faccia, laccio, bonaccia.

abrasca i, 54, 106, bramosi, avidi; vermi abrascai de roe le carne meschine,... avidi di rodere ecc. Niggi abrasché, nibbj avidi o affamati, ha il Foglietta, e abbrascao, per 'bramoso', il Cavalli Çitt. zen. 32 e 58. Da brasca, vivo ancora nel contado genovese con senso di 'gran fame', donde abbrascou, affamato.

abraxar, 62, 24; 122, 13, bruciare, accendere. Da bracia, bragia. Cfr. Diez less. I3 SO, s. bragia; Mussafia, Mon. 103 s. abrasar; Par. lomb. 23, 9. Anche negli antichi: abbraciare, abbragiare; e in Fra Paol. abrazado. abrega i 43, 174, occupati, affaccendati. Cfr. breiga.

abreveir, 37, 230; 54, 109, abbrividire. Nel secondo esempio leggesi abreivir, che debb'esser men buona lezione.

abundo, 6, 94, abondante, lat. abundus.

a catar, 56, 152; 138, 169, comperare, fr. acheter. In questo senso accattare ad captare viene usato tuttavia nel nap. e nel sic. e vive ancora nel gen. accattá e nell' aferetico piem. caté.

accogimento, 29, 20, da uno stesso tipo in un coll' equivalente it. accoglimento.

acer cenao, 127, 84, accercinato. Si accenna a quel cercine o corona di capelli che i frati portano intorno al capo dopo la tonsura. Cfr. Diez less. I 123, s. cercine.

aces mar, acesmai, acesmae, 38, 114; 49, 129, 248, apparecchiare, apparecchiati, pronti. Cfr. Diez less. I 164, s. esmar.

acignava, pr. 13, 16, accennava. Cfr. Diez less. I 131, che trae cenno ecc. dal lat. cinnus; e cfr. anche il ven. cigno, cignar, cenno, accennare, e il friul. cigná, ammiccare, forse non senza influenza di signum, segno, usato pure come sinonimo di cenno.

acolegar, 86, 36, coricare: se soren le messe acolegar, sogliono le biade coricarsi. L'od. gen. accoegase, coricarsi. Cfr. Muss. beitr. s. colegarse. aconzo, 86, 103; 127, 107, 108, accordo, accomodamento, rimedio, aconza 127, 47, maltratta, riduce in cattivo stato; senso ironico, pur proprio dell'it. conciare, acconciare, e del fr. arranger.

a creer, 14, 133, credere: far acreer la boxia. Il vocabolario it. reca un solo esempio d'accredere (del Buti), e anche questo accompagnato dal verbo fare: fenno accredere.

adementegar, 53, 79; 136, 202. Anche in qualche antico addimen

ticare.

adoiar, 45, 99, addoppiare, raddoppiare; oggi aduģģá.

adorno, passim, conveniente; adornamenti avv. 21, 12, convenientemente, bene. Con questo senso anche nell'ant. lombardo.

afa igasse, 46, 71, affaticarsi; afaigao, pr. 42, 1, affaticato; oggi gen. affadigase, v. faiga.

a faitamenti, 54, 141, ornamenti, acconciature, raffazzonamenti, da factare (ad-factare). Negli antichi, e massime nel Cavalca, affaitare, affaitamento, venuti forse, piuttosto che dal ligure, dal provenzale, dove afaitar, afaitament. Vive ancora, principalmente con forma aferetica, così nel ligure occidentale come nel piemontese, p. e. ventim. faitá, faitaú, torin. faité, faitúr, feité, feitúr, con significato di 'conciar pelli', 'conciatore di pelli'. Cfr. Mussafia, Mon. 109, s. faitar, e Asc. I 318 n.

aforendér, 138, 177. Il Lagomaggiore la nota soltanto come lezione errata per aferendér od oferender. Quest'ultima è la più verisimile e verrebbe da offerenda; sostantivo che in senso d'offerta, oblazione a Dio, alla chiesa ecc., s'era diffuso presso le varie lingue neolatine; cfr. fr. offrande. Si parla nel testo di persone che soccorrono i bisognosi, di limosinieri ecc. e quindi questa voce che in toscano sarebbe stata per avventura offerendiere od offerendario verrebbe appunto ad essere morfologicamente analoga a limosiniere e meglio ancora a prebendario, referendario. Varrebbe adunque oferender 'che fa delle offerende', come limosener 'che fa delle limosine'.

a fernela e, 49, 247: da tutti i cavi ormezai – enter lor afernelae (1. afernelai) caschaun so faito acesma, che è quanto dire 'da tutti i cavi ormeggiati, tra di loro *affrenellati, ciascuno prepara il fatto suo'. Vi si parla dei Genovesi che si preparano a dar battaglia ai Veneziani presso Curzola. Il Bixio (App. 39 n.) ad afernelae appone la seguente nota: «Ora i marinai dicono a vele infeie ossia vele piegate. I Francesi s'avvicinano an› cora all'antico genovese, perchè dicono ferler per serrar le vele. » Lasciando stare se il fr. ferler (che il Littré connette coll' ingl. furl, e lo Scheler fa venire, insieme coll'ingl. furdle, furl, da fardeler, fardel [fardeau]) abbia veramente a fare coll' ant. gen. afernelar, io non dubito d'italianizzare questo verbo con affrenellare, non potendo esso non venire da frenello, preso nel senso marinaresco (v. Voc. it.). E questa mia congettura verrebbe, parmi, assai bene avvalorata dallo sp. frenillar remos, che il Franciosini (Voc. sp. s. v.) rende per 'legare i remi quando non si voga più'. Vedi inoltre 'frenelo'.

afera, 91, 37, afferra, abbranca, invade, detto figuratamente della gelosia che afferra l'uomo.

afigurao, 134, 351, paragonato, assimigliato, affigurato, che in questo senso è pur dell'italiano.

afinarse, 31, 12, affinarsi, acquistar perfezione.

afolao, 91, 100: oppresso, calpestato. Cfr. it. affollare, e Diez less. Is 183, s. follare e Tobler, Ug. less.

afrezarse, 12, 297; 23, 9; 49, 73: affrettarsi, nel secondo esempio senza il pron. riflessivo. V. freza, fretta, e cfr. Muss., Mon. 109, Beitr. 60; Asc., Arch. III 276; Tobl., Cato 33, Ug. less. s. freçar.

a gaitao, 61, 16, agardi 134, 331, da leggersi rispettivamente aguaitao, aguardi, poichè l'assenza dell'elemento labiale dopo la gutturale non è propria del gen., ma sì del ligure occidentale, che già si risente del sistema franco-provenzale. V. aguaitar, aguardar.

agar afar, 48, 9, agarraffá, 70, 10, rapire, aggraffare. Cfr. sp. agarrafar, ghermire, e Diez less. I 220, s. graffio.

agaxe, 62, 25: ranche tornen e agaxe, zoppe diventino e gobbe (?).

agnuncana, 43, 206, per ognuncana, cui vedi.

agrego, 103, 8, vento agrego, probabilmente vento greco' che oggi i Genovesi chiamano gregá, grecale.

aguo, agui, 12, 523, 524, aguto, chiodo.

aguaitai 85, 23, agguatati, insidiati.

aibi, 133, 49, asai bon aibi de v'a dao. Nell'ant. parafr. lombarda, 41, 35, 36, si legge: havemo desmiso e gli acti. e gli habiti, belli haibi e constumi. e sancte uxançe di cristian antixi. ecc. L'antico provenzale ci dà aip, aib, in senso di qualità, costumi e principalmente di buone qualità e costumi, e anche il derivato aibit, morigeratus, beneducato, egregio, ecc. Ora ne' due luoghi sovracitati ben si pare che quadri il significato di qualità, costumi. Circa l'origine non ben chiara di questa voce singolare, vedi Diez less. II, 199 e seg.; e Thurneysen, Keltorom. 88 e seg.

aigua, aygua, passim, nelle pr. anche aiga, egoa, acqua, antiche forme, essenzialmente proprie dell'alta Italia e del provenzale. La parafrasi lomb. ha con aigua anche aiva (pp. 30, 41, 99), pur proprio dell'ant. piemontese (v. Rom. St. IV, 88), donde le odierne forme ava, eva ecc. Cfr. Arch. I 300; II 114, n. 3; Mussafia, Mon. 103.

aira, 111, 10, aja. Cfr. Arch. II 115.

aire, ayre 39, 20; 47, 75; 60, 19; 129, 40: lignaggio, famiglia, modo, co

stume; nel primo esempio: de bon aire, bennato, d'animo gentile 1; negli altri tre: de mar aire, de si mar aire, malnato, cattivo, di cattive maniere, di mal animo. Proprio anche degli antichi, come del prov. e del franc. che n'ha fatto l'agg. debonnaire. Quanto all'etimo d'aire che in questo senso vorrebbesi staccare da aer, aria, v. Diez less. Is 8.

aitorio, 136, 29; 79, 19, ajuto, aitoria, pr. 11, 9, 21, ajutare, da adjutorium, donde negli antichi ajutorio, ajutoro, aitorio, altorio, altoriare, altoriamento. Nelle LG. aitoriai *adjutoriate (adjuvate), 7, 48, aitoriarize *adjutoriatrice (ajutatrice), 9, 63; ant. piem. eitori (ajutorio). Cfr. inoltre Arch. I 456 n. e Muss. Beitr. 25, s. alturiar; Tobl., Cato 33; Fra Paol. s. alturiar. alainar, 103, 11: profferire, pronunziar distintamente, articolare. Ni pon (l. po) alainar parola; e nella Par. lomb. 111, 11, per la gran furia, el no poeva ben alainar le parole. Nel primo esempio si parla dell' ubriaco, nel secondo di Nabucodonosor infuriato. Il Raynouard, Lex. rom. II. 85, reca un esempio di alainar, dandogli il significato d'indiquer, heler, e lo connette etimologicamente con anhelare, donde per metatesi l'it. alenare, prov. e cat. alenar, fr. halener (cfr. Diez less. Is 14). In tutti i citati esempj alainar non significando 'fiatare', ma sì 'profferir distintamente le parole', mi par più verisimile che questo verbo s'abbia a ricostruire in allatinare, ad-latinare. La voce latino, com'è noto, nel provenzale e negli antichi nostri rimatori significò 'linguaggio', 'parlare'; e nell'italiano e più specialmente nei dialetti dell' Italia superiore, come aggettivo (latino, latin, ladin, ladí, lein, len), vale 'facile', 'scorrevole', 'pronto', 'spedito' e avv. 'subito'. Un

1 Applicato a Gesù, alla Vergine e ai Santi può rendersi per 'benedetto". (LG. passim.).

* D'una medesima origine credo l'aleinar di Bonvesin N 148, che il Muss. Altmail. p. 7 e il Maschka Et. st. p. 13 raddurrebbero ad alenare, anhelare, ma che, per confessione dello stesso Maschka, varrebbe, non già 'respirare', ma bensì 'pronunziare'. Eccone la relativa quartina;

La sexta cortesia si è pos la trentena:

Se te fa mester parlar, non parla a boca plena.
Ki parla e ki responde inanze k'el voja la boca,
A pena k'el poesse aleinar negota.

La lezione del Biondelli, Poesie lomb., p. 175, ha possa laniare che forse è da leggersi che poss'alainare od anche alaniare, nel quale ultimo caso s'avrebbe la forma metatetica a cui accenna il monf. alagnese. Quasi superfluo poi il notare la non infrequente assimilazione che ha luogo in ei da ai.

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