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PREFAZIONE

Poca favilla gran fiamma seconda.
DANTE. Parad., I, 34.

Quanto giovi alla nostra bella Letteratura e quanta utilità le rechi ogni studio che si faccia sul sacro poema di Dante Alighieri, può anche e di leggieri comprenderlo chi siasi solamente iniziato nello studio di esso, il quale, oceano interminabile di sapienza umana, è fecondo di alti significati, capace di varie interpretazioni.

Vi ha infatti tuttora dei punti controversi e su cui sembra non siasi detta l'ultima parola, e nonostante i commenti che da circa sei secoli si sien venuti facendo da italiani e stranieri, nonostante che valentissimi ingegni vi abbian fatto messi abbondanti ed alzate, come talun disse, biche e trebbiato e riposto nel granaio il prezioso frumento, nonostante infine che il cerbero della critica abbia,

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in tutti i modi, stiracchiato e contorto e graffiato e scuoiato il fiero Ghibellino, rimane ancora molto a dire, specie su certi luoghi di equivoco senso. Ed è omai divenuta famosa la terzina XXV del I Canto del Paradiso, su cui finora si sono pubblicati tre opuscoli per fissare il vero senso di una parola, che in essa si trova; e su cui torniamo col presente volume, giacchè da taluno si è voluto rendere controvertibile un passo da per sé stesso chiaro ed intelligibile a tutti.

Soventi volte

Poca favilla gran fiamma seconda,

e può darsi che questi studi polemici fra due amici (1) aprano il varco, od almeno diano occasione di aprirlo, a quistioni di alto rilievo sulla Trilogia dantesca, di questo libro meraviglioso, in cui tutto si specchia l'universo: la vita e la morte, il mondo della materia e quello degli spiriti; di questo quadro, vasto come la Provvidenza che abbraccia, al dire di Rohbacher, tutti i tempi, tutti gli uomini,

(1) Mi piglio la libertà di chiamare amico il signor G. Picone, giacchè egli nel suo opuscolo mi ha voluto onorare di questo nome. Io lo avrei sempre chiamato coll'Alighieri :

Tu Duca, tu Maestro, tu Signore.

E fin da questo punto dichiaro apertamente che lo scopo di questo scritto non è affatto di combattere quello di lui; sibbene di mettere in più chiara luce la nostra vertenza letteraria, pur difen– dendomi dignitosamente di tutte le accuse, ch'ei ha voluto farmi.

tutti i delitti, tutte le virtù, tutti i tormenti, tutte le passioni e perfino tutte le scienze allora conosciute; e che, a differenza di tutti gli altri poemi antichi, individuali o nazionali, attraversa tutto il cielo per goderne i beati, esamina tutta la umanità sviata, cui la mente sovrana del Poeta desidera affrancare dal male, moralmente, correggendone gli affetti; civilmente, pacificandone le fazioni; religiosamente, punendone i peccati.

Nessuno infatti, per quanto io mi sappia, ha finora a bello studio discusso le gravi quistioni, se Dante abbia finto di peregrinare per tutti i tre regni in anima e corpo; se e quale corpo egli abbia assunto uscendo dal Paradiso terrestre; e come, rapito dallo Amore delle eterne sfere e da Beatrice, sia volato di astro in astro ed abbia percorso i nove cieli imaginati da Tolomeo, dove fasciati di luce e di letizia sfavillano i beati.

Ebbene, qui si ebbe occasione di agitarle tali quistioni e non si risparmio fatica per risolverle.

Ecco perché il presente libro, mentre difende un'opinione comunissima presso gli espositori della Divina Commedia, potrebbe riuscire non infruttuoso a tutti gli amatori del primo e più difficile testo della nostra patria lingua.

Et erit novissimus error peior priore,

MATT., Cap. 27.

perchè

Causa patrocinio non bona peior erit. OVID., Eleg. I.

CAPO I.

I PRELUDII.

SOMMARIO.

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Polemica tra il Vicario Generale Sieyès e il Marchese di Lafayette — tra Giovanni Pierini e Niccolò Tommaseo

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epistolare

ecc.,,

Il secondo opuscolo o "Discorso sulla terzina XXV Prime accuse.

Oramai volge un secolo dacchè in un paese civile di questo mondo si attacco piacevole una polemica ed ostinata tra un ecclesiastico ed un laico. Ei furono il Vicario Generale Sieyes di Chartres ed il signor Marchese di Lafayette. Pubblicò quegli un opuscolo, con cui chiedeva Che cosa fosse il Terzo Stato; e questi rispondeva per la stampa : Tutto. Imbizzarrito il primo domandava con più calore e con altro scritto: Che fu il Terzo Stato fin qui? ed il secondo di rimbecco: Tutto. Ripiglia l'uno con un terzo opuscolo: Che cosa sarà? e l'altro a rispondere pronto e reciso: Qualche cosa.

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