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pastorale ministero. RUSTICO, canonico della cattedrale di Todi, ne diventò vescovo il primo giorno di settembre dello stesso anno: era della famiglia de' Brancaleoni. Era uomo di molta dottrina e di singolare prudenza : perciò il pontefice Innocenzo III, che viveva a' suoi giorni, gli affidò varie incumbenze onorevoli. Rustico fu anche accusato presso il pontefice d' essersi obbligato, prima ancora d' esser vescovo, con illecito giuramento a far cosa, che riusciva dannosa alla propria chiesa: perciò Innocenzo diede ordine al vescovo di Amelia di recarsi a Todi e diligentemente esaminare questo delicato affare. Narrando della chiesa di Amelia ho toccato di volo un tal punto qui mi è forza portare la lettera del papa al vescovo amelino, acciocchè dalla medesima si conosca l'andamento di questo affare. La lettera appartiene circa all' anno 1206, ed è la seguente (4):

INNOCENTIVS EPISCOPO AMERIENSI

« Sicut nostris est auribus intimatum, ecclesia dudum Tudertina va» cante, ipsius canonici et venerabilis frater noster episcopus videns quod » cum eis, dum in minori esset officio constitutus, juramenta quaedam in » damnum episcopalis juris fecerunt priusquam de pontificis electione tra>> ctatus aliquis haberetur; quae utrum servari debeant, cum ex eis prae» sertim contingeret episcopales redditus minorari, tamquam vir providus » et discretus olim nos idem duxit episcopus consulendos. Nos ergo saluti » ejus paterna volentes sollicitudine providere, pro juratione incauta im» poni sibi fecimus poenitentiam congruentem. Et nihilominus attendentes quod juramentum, non ut esset iniquitatis vinculum, fuerit institutum, » et quod non juramenta sed perjuria potius sunt dicenda quae contra ec» clesiasticam utilitatem attentantur, fraternitati tuae per apostolica scri» pta mandamus, quatenus personaliter ad ecclesiam Tudertinam acce» dens, quod in damnum episcopalis juris repereris taliter attentatum, no»>stra suffultus auctoritate in statum debitum, appellatione remota, redu» cas, faciens quod decreveris etc. »

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Vivente tuttavia questo vescovo, il pontefice Onorio III nel 1218, con lettera apostolica del giorno 12 marzo, tolse alla vescovile giurisdizione di

(1) È portata anche dal Baluzio, vol. 1, nella prima raccolta delle Decretali, tit. xix, pag. 577.

Todi il monastero di san Lucio, dell'ordine de' premonstratensi: la qual lettera autografa si conserva nell'archivio di s. Francesco di questa stessa città (1). Ma questo fu l'ultimo anno della vita del vescovo Rustico; perchè nel 1219 gli si trova sostituito BONIFACIO II de'conti di Colmezzo, canonico della cattedrale. Egli accolse di buon grado nella sua diocesi i discepoli e le suore di s. Francesco: anzi nel 1255, a' 21 di aprile, di consenso col suo capitolo concesse al frate Forte il monastero di s. Lorenzo di Colazzone colla chiesa di s. Giovanni, per chiudervi le monache dell'ordine suo. Le dichiarò inoltre anche sciolte dalla dipendenza vescovile; e questa sua dichiarazione, come pure il dono fatto ad esse del suddetto monastero e della chiesa, confermò con apostoliche lettere, date in Perugia, il pontefice Gregorio IX. E nel medesimo anno, ai 24 di ottobre, di consenso similmente del priore e dei canonici, donò al beato Rogerio da Todi, francescano, il luogo detto Monte Mascarano, oggidi Monte Santo, per fabbricarvi un convento da monache; soltanto gl' impose l'obbligo annuo di una libbra di cera da darsi alla mensa vescovile il dì 15 agosto (2). Egli fu uno dei vescovi, che pubblicarono in Assisi l'indulgenza famosa della Porziuncola. L'Ughelli ignorò l'esistenza del vescovo JACOPO Ghezzi, succeduto a Bonifazio nel 1258; e, lasciando un vacuo dopo l'episcopato di questo, colloca soltanto nel 1250 un Jacopo, il quale nella serie deesi avere per lo secondo di simil nome. Del sunnominato Jacopo Ghezzi, romano di origine; cui erroneamente il Giacobilli disse della famiglia degli Azzi, conte di Monte Marte; abbiamo notizia nel 1239 dall'iscrizione della chiesa di s. Giovanni, fuori del castello di Titignano, in diocesi di Orvieto, alla cui dedicazione si trovava presente col vescovo di Petina Pietro di Monte Marte, celebrata per ordine del papa Gregorio IX. E nel 1249, insieme coi vescovi di Amelia, di Foligno e di Perugia, egli medesimo consecrava la chiesa di sant' Ilario, oggidì san Carlo, nel luogo detto alla Piana. Della famiglia degli Azzi, conte di Monte Marte, era JACOPO II, succeduto ad Jacopo I circa il 1250, come testè io diceva. E che due fossero gli Jacopi e non un solo, abbastanza ce ne assicurano oltrechè le recate notizie di Jacopo I, gli stemmi rispettivi dell'uno e dell'altro, quello della

(1) Nella cassetta 1, num. 13.

(2) Dall' arch. sudd. di s. Francesco di Todi, cass. 11, num. a e 5.

Vol. V.

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famiglia Ghezzi, questo della famiglia degli Azzi. Lo stemma infatti di Jacopo I è questo, che offro:

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mentre invece lo stemma della famiglia di Jacopo II degli Azzi è questo altro che io soggiungo:

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E mi sembra, che la diversità degli stemmi sia un argomento ben chiaro per assicurare l'esistenza di due personaggi di differente casato. Di questo secondo Jacopo ci offrono inoltre gli archivi di Sassovivo e della cattedrale sicure testimonianze della pastorale giurisdizione da lui esercitata. Egli infatti nel di 15 settembre 1251, di consenso del suo capitolo, segnava i confini delle due parrocchie di s. Nicolò delle Grotte e di san Silvestro al che era stato richiesto dalla nobile famiglia degli Atti, la quale godeva il giuspatronato su quella di san Nicolò. E questa sua circo

scrizione di confini veniva poscia approvata dal pontefice Innocenzo IV, con apposita lettera (1) del di 28 luglio 1253. Prima ancora di venire a questa limitazione, Jacopo aveva unito alla sua chiesa e cattedrale la parrocchia di san Paolo di Piazza, sino dal 10 marzo 1254: il documento, che ne ha relazione, si conserva tuttora nell'archivio della cancelleria vescovile. È del tenore seguente.

« In Dei nomine Amen. Ab ejus Nativitate sunt anni MCCLI. tempo>> ribus Dni Innocentii PP. IV. Ind. IX. die veneris decimo intrant. Martii. » Dnus Jacobus Venerab. Epus Tudertinus constitutus in Majori Ecclesia » Tudertina videl in Eccla. S. Petri secundum mandatum a venerab. P. D. » Petro Capocci Card. recept. et secundum suarum litterarum tenorem » monuit D Rusticum Priorem jam dicte Eccle Majoris Tuderti, et ejus » Capituli videlicet D. Henricum et Dopnum Johannem Clericum, et Re»ctorem Eccle Sti Pauli de Platea quod volebat unire et uniebat Ecclam » Sti Pauli de Platea jam dictam cum prelibata Majori Ecclesia Tud. in spiritualibus et temporalibus. Qui, omnes tam dicti Prior et Capitulum, » quam d. Dopnus Iohannes dicte unioni sive unitioni consenserunt, ratificaverunt, et acceptaverunt eamdem unionem. Hoc actum Tud.. . .. » e qui la pergamena è consunta per la sua antichità, nè vi si può leggere di più. Non fu di lunga durata il pastorale governo di Jacopo II, perciocchè nel 1252 gli si trova di già il successore: eppure, nel brevissimo tempo del suo vescovato, seppe colla destrezza e colla prudenza sua riconciliare gli animi dei tudertini, lacerati ferocemente dai tumultuosi partiti; sicchè, deposte le armi, li ricondusse all'amicizia e alla pace.

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PIETRO Gaetano di Anagni ottenne dopo di lui la santa sede vescovile di Todi. Vi fu trasferito dalla chiesa di Sora il dì 28 maggio 1252, e vi rimase sino al 1276, nel quale passò al vescovato della sua patria. Egli, nel 1254, concesse in Todi ai frati francescani la chiesa di san Fortunato, colla semplice riserva per altro a sè e ai suoi successori della offerta di nove soldi lucchesi, da pagarsi annualmente in ossequio della vescovile giurisdizione. Dalla quale giurisdizione esentò l'anno dipoi l'ospitale della Carità, in Todi: tutte le condizioni e i limiti stabiliti in siffatta esenzione sono espressi nel documento che qui soggiungo:

« In nomine Domini Amen. Ab ejus incarnatione sunt anni MCCLV.

(1) Arch. del monast. di Sasso vivo, lib. A, pag. 198.

D

» Ind. XIII. tertio Idus Junii tempore Dni Alexandri IV. Papae. Nos qui» dem Petrus Dei grat. Tud. Epus R. Prior et Canonici B. Marie Canoni» cae Tudertinae, ipsius B. M. V. et religionis obtentu, et pauperum Xpti » intuitu nulla vi vel dolo nec caliditate inducti, sed libera et spontanea » voluntate secundum Deum inclinati, damus, donamus, concedimus et largimur vobis D. Bentevenghae Priori seu Custodi Hospitalis Pauperum » de Charitate positi juxta viam prope dictam Civitatem Tudertinam recipienti nomine et vice dicti Hospitalis Pauperum ibidem nunc morantium, » et qui pro tempore fuerint et ipsis Pauperibus et toti familiae ibidem » Deo servienti, et omnibus rebus, quas nunc habent et possident, et in » futuro, Deo propitio acquisierint vel acquisite fuerint Hospitali predicto » et cum omnibus juribus, actionibus, et pertinentiis suis habitis et haben» dis plenam et liberam exemptionem et immunitatem et libertatem. Vo» lentes ut Prior et Custos et familia illius Hospitalis et pauperes tam cle» rici quam laici qui pro tempore fuerint, undecumque advenirint cum » omnibus rebus, juribus, et pertinentiis suis plena gaudeant exemptione, » libertate et immunitate, qua gaudent alia loca quae pleno jure noscun» tur esse exempta, salva reverentia S. R. Eccle, nihil nobis vel successo» ribus nostris in his omnibus tam in spiritualibus, quam in temporalibus » reservantes praeter ecclesiasticorum sacramentorum collationem, dedi» cationem ecclesiae, consecrationem Altarium, ordinationes clericorum » que gratis et gratietate quelibet ipsis per nos et nostros successores vo» lumus exhiberi, et preter unam libram cerae, quam per Priorem sive » Custodem vel alium eorum Nuntium in festo Assumptionis B. M. V. no» bis et nostris successoribus volumus exhiberi sive prestari pro Hospitalis » predicti nomine census. Que omnia et singula fecimus absolute, libere, » et precise Dei amore et ad pauperum utilitatem, nullius conventionis sive » pactionis aut conditionis tacitae vel expressae, generalis vel specialis no» bis comodo reservato, nisi quae superius sunt exposita de Sacramentis » praestandis et libra cerae. Renuntiamus etiam in premissis omnibus in» quisitioni, visitationi, correctioni, procurationi, cathedratico, impositioni » servitutis tempore consecrationis universis causis et quibuscumque ra» tionibus vel conditionibus, sive juribus, que in hoc contrarie apparerent, » que si contigerit inveniri, nolumus in aliquo nobis vel successoribus >> nostris prodesse, sed eas vel ea omnino cassas sive cassa esse volumus, » et mandamus. Ita tamen quod nulli alteri nisi in eo statu in quo nunc

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