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Muston ricava dalle prerogative del suo dialetto per confermare l'antichità della sua setta. Ardua troppo e difficile opera faremmo intraprendendo a notare tutto che v' ha di falso d'inetto e assurdo in questo ragionamento di Muston. Perciò noi toccheremo solo di alcune ragioni più radicali, d'onde si potrà di tutte le altre giudicare. Ciò faremo, recando in mezzo alcune riflessioni, ed alcune domande e questioni, le quali rimarranno definite di per se stesse senza che si debba aspettar risposta.

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1. Non è ella strana la pretensione di Muston che vuole decidere che il suo dialetto contiene più vocaboli latini che non tutti gli altri dialetti e tutte le altre lingue vicine, perchè gli venne fatto di trovare nel medesimo trentaquattro vocaboli, tra i quali, a parlar giusto, tre o quattro sarebbero più somiglianti alla lingua latina, che non i corrispondenti degli altri dialetti? Ed è questo il paralello che fa Muston, raffrontando l'idioma valdese con tutte le lingue e i dialetti confinanti? Sarà dunque far un paralello questo suo trovare trentaquattro parole, scegliendone a bello studio una anzi che un'altra, dando a questa la pronuncia e la desinenza che più gli piace, cangiando, sopprimendo, come fece, le parole somiglianti che sono negli altri dialetti? Con queste sue trentaquattro parole Muston vorrà egli con

chiudere il suo dialetto provare l'antichità

della sua setta?

2.° Poichè Muston parla del suo dialetto, giova sapere, prima d'ogni cosa, se egli parli del presente o di quello della Nobile Lezione, da lui risguardata quale documento della sua setta, o se di tutti e due.

Se parla del presente, la lite sarà presto giudicata. Faccia Muston di prendere alla ventura duecento o trecento vocaboli del catechismo, o di qual altro libro si voglia della sua setta, il quale sia stampato nel dialetto delle valli, e raffrontarli coi corrispondenti degli altri dialetti e delle altre lingue vicine, e vedrà che il suo dialetto, il quale in sostanza è tutto piemontese (1), appunto perciò dal medesimo piemontese è differente che più si discosta dal latino, e tiene del francese più che non quello delle altre provincie del Piemonte. Di questo ci stanno mallevadori alcuni dotti uomini, i quali bene conoscono il francese, ottimamente il latino e il piemontese. Se a Muston piace di fare questo esperimento, due cose solamente a lui chiederemo che non ci potrà dirittamente negare la prima, che non gli debba essere

.

(1) La differenza che passa tra i dialetti delle varie provincie del Piemonte e quello de' Valdesi è così leggera che non se ne vuole tener conto. Il somigliante dicasi delle piccole differenze che hanno tra di loro i dialetti delle varie province piemontesi,

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libero scegliere a suo talento le parole; la seconda, che altri orecchi che non sono i suoi, debbano giudicare della pronuncia e desinenza di alcuni vocaboli valdesi che al tutto non ci sembrano avere quel suono che ei dice, quantunque abbia procacciato di renderli più che si può conformi al latino (1).

Ma se poi si tratta del dialetto della Nobile lezione, sia pur valdese o nol sia altrimenti questo poema, Raynouard ci dirà che egli è scritto in pretta lingua romanza. Bene farà il difensore del dialetto valdese attenendosi al giudicio di quest' autore. Imperciocchè egli è tanto modesto che ci confessa che un'opinione così poco rischiarita come è la sua in questa materia non può essere d'alcun peso (2). In ciò egli ragiona ottimamente, se non è pratico della lingua romanza meglio che non conosce le lingue e i dialetti di cui favella.

3. Per ispiegare come avvenga mai che al parer suo, nel dialetto valdese si trovino molti più vocaboli latini che non in tutti gli altri, Muston pretende che la sua setta abbia dovuto separarsi dalla Chiesa romana nel tem

(1) Non parliamo qui del fare delle frasi valdesi, o anco delle frasi valdesi che sarebbero tutte latine, secondo Muston, Ci giova sperare che i lettori ci sapranno grado se non ci siamo andatį tra somiglianti meschinità ravvolgendo,

(2) Maston, p. 102,

po che la lingua latina era ancora nel suo vigore, ed era generalmente tra il popolo usata. Troppo indeterminate e troppo ambigue sono queste frasi. Vuole egli qui denotare il tempo in cui la lingua latina puramente era scritta e parlata? Nol crediam noi; poichè converrebbe allora stare solamente al secolo di Virgilio e Cicerone, e Muston medesimo consente che il vero regno del latino non durò guari più d'un secolo (1). D'altro lato la mentovata separazione non sarebbe potuta avvenire in questo secolo. Rimane adunque che ciò sia avvenuto quando si parlava ancora il latino, ma non in tutta la sua purezza. Se così è, non potrebbe Muston porre questa separazione nel secolo VII o nell' VIII, o anche più vicino a noi? Sarà egli necessario lutamente di porre questa pretesa separazione nel secolo II o III siccome egli fa, per ispiegare come sia avvenuto che nel suo dialetto si trovino queste alcune parole più che non in tutti gli altri dialetti e in tutte le altre lingue? I pretendere, anzi l'immaginare tal cosa non è egli sommamente ridicolo ?

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4. Ma poichè egli sta così saldo nel volere che la sua separazione sia avvenuta insin dal nascere del cristianesimo, converrebbe almeno che concordasse un po' meglio con sc

(1) Id., p. 101,

stesso intorno all'epoca che egli vorrebbe finalmente assegnarvi. Bisognerebbe perciò astenersi dall' usare queste espressioni un po' troppo indeterminate, di cristiani primitivi, di primi tempi del cristianesimo, di secoli vicini a quello degli apostoli, ed assegnare definitiva. mente un'epoca certa e non porla, ora sotto Silve stro e Costantino, ora sotto Decio e Valeriano, ed ora eziandio sotto altri imperatori. Certamente Muston che seppe il primo fabbricare questo sistema d'immigrazione, dandocelo come sua opinione lungo tempo maturata e meditata, saprà tra loro conciliare queste leggieri contraddizioni e mendicare, come dice, qua e colà alcuni documenti almeno superficiali per sostenere sì fatta opinione.

5. Maggior maraviglia fa che Muston abbia avuto bisogno di questi ritrovati per ispiegare che il dialetto delle valli contiene più o meno vocaboli latini, poichè non ignorava egli che la lingua latina si è parlata in tutta l'Italia e altrove, molto più lungo tempo che non durò l'impero romano; che le armate romane avevano ad ogni nazione imposto il linguaggio loro; e che non vi fu mai alcuna lingua che abbia gittato così profonde radici in contrade così differenti (1). Se il

(1) Id., p. 100, 101.

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