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mezzo del color oscuro del suo velo, del turchino più cupo del manto, e della sua tonaca rossa; ed anche dal Trono, e dallo scabello indorato, su di cui posa il cuscino di velluto cremisi.

A tal effetto contribuisce ancora assai il divin Pargoletto coi suoi ricci capelli di color d'oro, e la sua veste di gialloscuro. Ciò inoltre fa mirabilmente trionfare il suo viso celeste, ed il suo bel colorito. Tutto il panneggio del suo vestiario presenta de' bellissimi partiti di pieghe, naturalmente disposte, che circondano con grazia le membra, e ne lasciano travedere le forme, secondo la diversità della stoffa.

E già i beati spiriti, che l' accompagnano, e le fan corte, annunziano ai due Santi, posti nella parte inferiore della tela, il momento festoso, e giulivo della sua apparizione, con la soave melodìa, ed armonioso concerto de' varj loro istromenti.

Ma la distribuzione del chiaroscuro di queste figure ci palesa bastantemente, quanto profonde erano le cognizioni di questo Valentuomo, anche in questa parte della pittura. Egli ha situato l'Angelo, che suona l'Arpa, nell'ombra, che vien prodotta da una parte della tendina superiore; e con le mezze tinte della carnagione, ed il color rosso oscuro della tonaca, e le ale ombreggiate, fa risaltare in chiaro l'Angelo, che suona il Flauto Traversiere, il quale a molti sembra più bello di tutti gli altri; e benchè privo di luce in qualche parte della testa, tuttavia la riceve pienamente sulle braccia, la gamba sinistra, e sopra la sua veste trasparente, e di color gialletto cangiante.

Era pur necessario un partito d'ombra, per opporre, e sostenere il gruppo lucidissimo della Madonna col Bambino, che rispingesse in dietro l'Attico da questa parte. L'esperto Pittore lo ha dunque cavato dall'ombra, derivante dallo stesso gruppo, sopra gli altri due Angeli, che suonano nella parte opposta.

Egli fa restare indietro il suonatore di Violino, per mezzo della sua veste di rosso vermiglio, delle mezze tinte della carnagione, e del color rossastro dello stesso Violino; sicchè con questo fa staccare il suonatore di Violoncello, la di cui carnagione, benchè pure priva di luce, nulladimeno diviene luminosa, e fresca, mediante i riflessi, e l'opposizione del penneggio di verde oscuro, che lo circonda, coperto soltanto dalla luce, in una parte della fodera paonazza, dello stesso panneggio, e del colore vigoroso, ed acceso dell' Istrumento.

In cima poi della tela, al di sopra della Madonna SS. si veggono tre Teste di Cherubini, che producono il più bell'effetto. Essi rendono il Ciel più leggiero, ed inoltre legano insieme la composizione, e la fanno divenire più piramidale. Le folte ciocche delle loro crespe, e bionde chiome, i loro volti vermigli, veramente in

cantano, e sono in realtà volti di Paradiso. Lo stesso può dirsi di quelli degli Angeli, le di cui vesti trasparenti sono dipinte con una leggerezza sorprendente.

Niente poteva idearsi meglio delle due Tendine con frangie d'oro, situate in cima del Quadro, le quali si aprono, e si staccano vigorosamente sull'azzurro Cielo, il di cui orizonte è sparso di nuvole cenerine. Il loro colore di verde oscuro, divenuto ancora più cupo dal tempo, tempo, concorre assai all'effetto generale; e fa spiccare le mezze tinte, cagionate dalle pieghe sopra i due Angeli, che si sforzano di sollevarle, ed anche sopra la testa del Cherubino, che svolazza nella parte sinistra. Ciò non impedisce, che la testa con la spalla di quello della parte destra, non venga dalla luce diagonalmente illuminata. Onde con queste magistrali disposizioni della luce, e la privazione di essa sopra le figure della parte superiore della tela, l'Artista è arrivato ad introdurre i chiari i più luminosi sopra le figure della parte inferiore, come ora ve

dremo.

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Principiando da S. Petronio, egli è collocato in piedi, vestito con preziosi abiti Pontificali, in atto di supplicare la gran Vergine ad intercedere presso il suo divin Figliuolo tutte le grazie, a favore de' suoi Bolognesi. La sua espressione è della più gran verità. Si ascoltano, per così dire, le sue preghiere. La positura è nobile, maestosa. La grandiosità delle pieghe formate dalla lama d'oro del Piviale, ricamato d'argento, nel contrastare con quelle del fino, e bianco Camice (1), ci pruovano ad evidenza, con qual verità, e discernimento, l'incomparabile Pittore sapea trattare anche il panneggio. La Stola (2), il Formale gemmato (3), ed il Pastorale col Pedo indorato (4), sono dipinti con tanta esattezza, che fanno illusione. La testa poi, che rappresenta un Vecchio venerando per la canizie, e per una bianca, e prolissa barba, pittorescamente disposta, e tutti i suoi lineamenti, con le mani, e il piede sinistro, sono correttissimamente disegnati, ed egregiamente coloriti, ed inoltre dipinti con una facilità, e franchezza ammirabile.

Riguardo poi al sottoposto gruppo de' due Puttini, che si sforzano con piacevol gara di far entrare le due loro Testine dentro la sollevata Mitra del S. Vescovo, di lama d'oro, con ricamo d'argento nel Circolo, e nel Titolo, non lascia niente a desiderare, tanto per la naturale semplicità, e per le grazie fanciullesche, che

(1) Carmeli dell'uso nel rito sacro di adoperare il Camice, e la Cotta nel T. I. de' Costumi sacri, e profani p. 220.

(2) V. i miei Pontificali. Roma 1814. p. 42.

(3) Ivi p. 210.

(4) Ivi p. 205.

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la correzione del disegno, l'eccellenza del colorito, e la finezza della loro carnagione vermiglia, e trasparente.

Questi due Angioletti, come tutti gli altri di questa composizione, provano nel modo il più patente, che una delle prerogative di questo celebre Pittore, fu veramente quella di saper dipingere al sommo grado di perfezione i Puttini.

Di fatti qual cosa può darsi più semplice, e più leggiadra del Puttino, che scherza, e si trastulla vezzosamente coll' Aquila, uno de' simboli di S. Giovanni Evangelista? Nell' età puerile non si conoscono, e non si temono i pericoli. Quindi egli abbraccia con franca, ed amorosa tenerezza il feroce Augel di rapina, le di cui nere piume, al pari dell' adunco rostro, e degli artigli gialli, ed oscuri, contrastano a maraviglia con la delicata carnagione del ridente Fanciullo.

Maggior avvertenza però egli ha espressa in quello, che alza con la sinistra il Calice d'oro, dal fondo del quale esce con tortuose spire nel collo, e nella coda un serpente, verdeggiante di veleno; altro attributo di questo Evangelista. Questo Putto, nel vedere il Rettile minacciante, sembra di voler retrocedere. Si legge lo spavento nel suo sbigottito volto, e dal timoroso gesto. L'espressione di tutta la positura non può essere più naturale; ed il panno oscuro, che lo circonda, fissandola indietro, fa risaltare la carnagione, e serve nello stesso tempo a rendere staccato il braccio della sottoposta figura di S. Giovani.

Questo Santo Apostolo, ed Evangelista è dipinto in ginocchione, ed ed appoggiando su lo scalino del basamento la coscia, e la gamba destra, viene a portare avanti la gamba sinistra; positura, che caratterizza assai la sorpresa, ch' egli pruova nel vedere la ch'egli maestosa apparizione della Madonna SS. Egli sembra assorto in una delle sue estasi, e disposto a scrivere con la penna, che tien nella destra, quell' espressioni dell'Apocalisse Cap. 21. v. 2, che contiene tot mysteria, quot verba. Et ego Johannes vidi Sanctam Civitatem Hierusalem novam, descendentem de Coelo, a Deo paratam, sicut sponsam, auratam viro suo... Ecce Tabernaculum Dei cum Hominibus, et habit abit cum his.

Eccettuata la Madonna, sopra di questa figura si sparge una maggior massa di luce. Onde il colorito della sua carnagione spicca assai, restando inoltre rinforzato dall' opposizione del color verde oscuro della tonaca, e dal rosso giallo della clamide, le di cui pieghe sono naturalmente disposte, e di un effetto conforme alla qualità del panno. L'espressione del volto con capelli d'oro, di sorprendente finezza, è degna veramente dell' inspirato Angelo di Patmos. Le forme indicano, che l' Artista avea consultata la bella. testa antica d'Alessandro. Ciò pruova, ch'egli solea servirsi delle

figure antiche, senza però copiarle servilmente, o per dir meglio, nell'imitar la natura, arricchire i suoi studj, con le più scelte imagini delle più squisite figure antiche; come si osserva in varj altri suoi Quadri, e massime negli angoli della Cupola della Chiesa di S. Carlo a' Catinari, dove nel rappresentare la Prudenza, ha introdotta la figura del Tempo, la quale ci porge un evidente attestato, che nel dipingere le figure degli Uomini attempati, soleva adoprare le forme, e le proporzioni del Laocoonte, sotto le quali ha dipinta la bellissima testa di S. Petronio: Da ciò ne viene che le parti ignude della figura di S. Giovanni, le braccia, le gambe, i piedi, e le mani sono con gran maestría, e correzione disegnate. In somma, fino lo stesso basamento, il gradino di marmo, ed il Terreno contribuiscono mirabilmente all' armonia generale di questo Quadro stupendo; di cui la ricca composizione, la correzione del disegno, la verità del colorito, la severità, la nobiltà, la delicatezza de' panneggi, e delle pieghe, la bella, e facile esecuzione, deggiono farlo considerare, come uno de' principali capi d'opera della Pittura.

Quindi non dee recar meraviglia, se molti valenti Pittori, trovandosi nel caso di dover dipingere la B. V. insieme con altri Santi, senza copiare esattamente questo Quadro, si sono però riscaldati, ed hanno eccitata la loro imaginazione nel contemplarlo; come si vede, che sicuramente ha fatto Carlo Maratta nella composizione del suo bel Quadro di S. Carlo, nella Cappella dedicata a questo Santo Arcivescovo, nella Chiesa nuova; come ancora il Cavalier Pompeo Battoni, nel suo famoso Quadro di S. Romualdo, nella Chiesa di S. Gregorio al Monte Celio; e similmente il Cavalier Sebastiano Conca in molti suoi Quadri, dove si riconosce chiaramente il fondo della stessa composizione.

Ora dal complesso di tutte queste cose si dee giustamente inferire il merito straordinario di questo Quadro, che può francamente chiamarsi, uno de' più belli del Domenichino; e che poteva con ogni ragione vantarsi l'illustre Nazione Bolognese di possedere.

CAPO XII

Progetto di vendita del medesimo al Cav. Raffaele Mengs, per cinque mila Scudi. Trasporto del medesimo. Ritorno nel 1805. fino al 1853, in cui fu trasferito a Brera per cambio fattone con un Quadro del Boltrafio. Rame antico, e moderno del medesimo.

In una Collettanea di Memorie, spettanti a questa Chiesa,

esiste la minuta di un Istromento di vendita di questo Quadro,

alto pal. 19. e mezzo, e largo 12, che si era concertata nell' anno 1757, per cinquemila Scudi col Cav. Raffaele Mengs (1), da depo

(1) Cessò di vivere a' 29 Giugno 1779, e fu sepolto nella Chiesa de' SS. Michele, e Magno, sotto la di cui Parrocchia dimorava, nella Villa Barberini, con Iscrizione del ch. Stefano Ant. Morcelli, stampata nel suo Parergo p. 130. Inoltre gli fu collocato il busto nel Panteon, poi trasferito nella Protonnoteca Capitolina, egregiamente descritta dal ch. Sig. Cav. Pietro Visconti, nel Fascicolo di Giugno dell' Effemeridi del 1823. p. 282, sotto di cui fu posta questa Iscrizione.

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Il mio incomparabile Maestro P. Raimondo Cunich fece sopra di essa questo testrastico. Pictor Philosophus jacet heic: inscribere, Mengsi,

Quis, tantum haec, pulchro sustinuit tumulo?

Pictor Philosophus? quid tum? pius, integer, adde;
Extremos restant haec modo post cineres.

Compose ancora i seguenti, che godo di avere quest' occasione di pubblicare.
Mengsius heic situs est, quo vivo, vivere rursum
Est visus Raphael, quo moriente, mori.

Mengsius heic jacet: heu plorat Pictura, nec usquam
Esse ullum reperet qui sua damna, videt

Mengsius heic laudum, Raphael divine, tuarum
Aemulus, exiguo conditur in tumulo.

Pingere quo vivo didicit; quo maxima Roma
Extincto, rursum pingere dedidicit.

Mengsius occubuit; multos numerare licebit
Pictores tota rursus in Ausonia.

Sic ubi se occidua clarus sol mersit in umbra,

Astra Polo passim multa videre licet.

Narra il suddetto Morcelli Inscript. Commentariis subjectis p. 407. Egregiae Tabulae exemplum vix adumbraverat magni ille nominis Pictor, quum eum summo omnium dolore mors intercepit. Erat autem argumentum praeclarissimi operis Virgo sancta exanime Filii corpus, dum Cruce defigeretur, suspiciens. Quod tam graphice in ipso exemplo expressit, ut nihil ab eo accuratius fieri posse videatur. Propose di far porre sotto di essa, questa Iscrizione

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Il P. Cunich la celebrò con questi aurei versi.

Hoc opus extremum Mengsi est; miransque, dolensque
Roma, Viro plausum dat, simul et lacrymas.

Mirum opus hoc Mengsi, coeptum quod morte sub ipsa,
Optavitque omnes exigere ad numeros,

Exigitque aliis, at non sibi; tangere metam

Nec pulchri, quantum mens viderat, evaluit.

Postremam eximii defixo lumine Mengsi

Contemplans tabulam nuper, et ingenium,
Et lacrymis oculos effudi moestus obortis,
Invida quod talem tam cito Mors rapuit.

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