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N6917 *lY? As

DELL'ARCHITETTURA CIVILE V

ESERCITATA NELLA MARCA

NEL SECOLO XVI.

CAPITOLO XIL.

L'architettura singolarmente ebbe in questo secolo que' grandi

Maestri, che sono tuttora come lo saranno da poi gli oracoli di questa scienza.

Sarebbe stato forse difficile per noi l'avere modelli di loro valore, se un'occasione propizia non si fosse presentata, ed è che coloro che quest'arte con più lode ed onore esercitavano, fossero piuttosto adoperati nelle città principali, ove i Sovrani, ed altri ricchi Mecenati si trovavano al caso di mettere con molto loro profitto alla prova l'ingegno di essi. Fu ripeto vera sorte, che in quest' epoca felicissima la devozione de' fedeli venisse particolarmente rivolta allo scopo di rendere sempre più ricco e splendido il tempio, che racchiudeva l'umile santa Casa di Nazzaret.

Erasi Giuliano da San Gallo già sciolto da ogni impegno coi Rettori della fabbrica di Loreto, e se ne giva a Roma, dove Papa Alessandro VI. lo chiamava per restaurarvi il soffitto di Santa Maria Maggiore prossimo a rovina, ed a farvi altresì quel palazzo, che tuttora vedesi a fianco di detta chiesa (1). Se vogliamo prestar fede a quanto si registra in qualche vecchia scrittura dell' archivio Lauretano (2) diremo, che nel 1509 Maestro Bramante Lazzari da Fermignano nell' Urbinate architetto del Papa si trasferi a Loreto per dar luogo a diversi lavori tanto nella chiesa, che fuori conforme le ordinanze (3), che dal suo Signore aveva ricevute, e che in breve ci faremo noi a descrivere; e trovando egli in tale incontro che diversi archi, e muri della fabbrica or' ora rifatta,

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minacciavano di nuovo, ristabilì i primi e fortificò i secondi con tre speroni, che loro mise a ridosso. A tal' assertiva non consentirebbe Vasari, il quale si fa a raccontar la cosa in modo ben diverso, e sono talmente spiegate le circostanze ch'egli assegna per avvalorare i fatti che narra, da non poterne dubitare : tanto la verità vi apparisce limpida e pura. Comincia esso (4) a dire, che giunto l'anno 1526, quantunque prima non avesse mai fatto segno di rovina la Chiesa di Loreto, s'aperse di maniera, che non solamente erano in pericolo gli archi della tribuna, ma tutta la chiesa in molti luoghi, per essere stato il fondamento debole e poco addentro. Clemente VII. adunque mandò Antonio da Sangallo a riparare tanto disordine, e giunto ch' egli fu a Loreto, puntellando gli archi e armando il tutto con animo risolutissimo e da giudizioso architetto, la fondò tutta, e ringrossando le mura ed i pilastri fuori e dentro le diede bella forma nel tutto e nella proporzione dei membri, e la fece gagliarda da poter reggere ogni gran peso continuando un medesimo ordine nelle crociere, e navate della Chiesa con superbe modinature d'architravi sopra gli archi, fregj e cornicioni, dè sopramodo bello e benfatto basamento dei quattro pilastri grandi, che vanno intorno alle otto facce della tribuna che reggono i quattro archi, cioè i tre delle crociere dove sono le cappelle, e quello maggiore della nave di mezzo; la quale opera merita certo di essere celebrata per la migliore che Antonio si facesse giammai.

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Dopo questo racconto che io trascrissi parola per parola, dalla sua schiettezza e semplicità potrà ognuno trarre valevole argomento per credere piuttosto a Vasari, checche se ne dica nella carta da me citata, e da coloro che scrissero prima e dopo Vasari medesimo, i quali sono per lo più discordi nella narrazione di questo fatto, ed il dubbio loro fa sì, che nel ragionarne debba sempre prevalere la fede in colui, che i fatti espone con una certa maggior franchezza ed ingenuità.

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però fuor' di dubbio, che prima che Antonio di Sangallo quà si

portasse, eranvi stati due altri architetti che figurauo anch'essi come direttori di que' lavori, e che se non vi furono inviati a render più solida la fabbrica (perchè ancora non se ne rilevava la debolezza) furono certamente adoprati per disporre e diriggere gli ornamenti, che in quel luogo si facevano. Uno di questi vi si condusse nel 1512, e noma vasi Pietro Amorosi, che penso fosse di Ascoli, in quanto colà resse lungamente (e forse esiste ancora una famiglia che portava tal nome. L'altro se ne venne

a Loreto nel 1520 e chiamavasi Maestro Cristofaro di Simone Resse da Imola (5).

Che di Bramante dunque non siano que' lavori, che noi per l'asserire che ne fece il biografo Aretino, dicemmo piuttosto di Antonio da Sangallo, sarà puranco vero; ma che a questo eccellente architetto appunto nel 1509 si allogasse dal Papa l'opera dell' esterna incrostatura di marmo da eseguirsi con buono e ricco disegno nella parte esterna della Santa Cappella, è provato da tutti coloro, che della storia di questa Chiesa particolarmente scrissero, e da quelli altresì, che Bramante encomiarono come uno degli architetti più valenti dell'età sua.

Dopo la morte del Cardinale della Rovere volle Papa Giulio medesimo farsi particolare protettore di questa Chiesa; nel 1507 si condusse in Loreto, ed ivi medità e risolse quelle opere, che danno grandissimo lustro al suo pontificato.

A descrivere cosa si facesse Bramante per eseguire le intenzioni del Papa, io mi terrò alle parole medesime di Vasari (6) non potendosi attendere narrazione che lo superi, tanto questa apparisce esatta e precisa.

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L'attuale situazione degli ornamenti di questa fabbrica si trovano di presente quasi conformi a quanto Vasari ne disse, di pochissimo rimarco sono que' cambiamenti, che da Andrea Sansovino si fecero da poi, il che meglio diremo a suo luogo

L'ornamento pertanto incominciato da Bramante faceva quattro risalti doppj, i quali ornati da pilastri e capitelli scolpiti sopra un basamento ricco d'intagli alto due braccia e mezzo

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