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Fil. Ho capito: di quella Signorina che non avete ancora veduta. (deridendolo) Non è così?

Fulg. Che m'importa il non averla veduta; se ha una voce che incanta, un parlar che innamora, e una sciagura, che intenerifce e fa piangere?

nulla.

Fil. Ma, e l'occhio? -

Fulg. Eh! che all'occhio non fento quafi più

Fil. Orsú diciamo due parole ful serio, se si può. Che penferefte di fare?

Fulg. Liberarla dalla violenza, che le ufa fuo Padre; domandarla per me, e fubito fpofarla.

Fil. E le quando la vedrete, non vi piacesse?
Fulg. E' impoffibile.

Fil. E fe quando ella vi vede, non piaceste a lei ? Fulg. Morrei dalla difperazione: ajutatemi... Fil. Adagio, adagio. Voglio fervirvi, ma non voglio precipitarvi. Siete, folo di vostra Famiglia, ed è cofa lodevole, che penfiate a prender moglie, Il voftro temperamento impetuofo può farvi una volta o l'altra cadere in qualche laccio, poco decente, Pare, che codefta Giovane debba effere un buon Partito, Ufciamo tofto di quà. Cerchiamo d'avere per la città notizie, che fi confermino le qualità di quefta famiglia, Se le troviamo adeguate all'effer vostro, lasciatevi sérvire. Io ne farò al Padre la domanda. Andiamo.

Fulg. Tutto quello che volete; mà presto, presto, per carità. (rivolgendofi verfo la Camera chiufa.)

Fil. Si, prefto, prefto: già ci conosciamo, che è un pezzo.

Fulg. Andiamo dunque; e giriamo pur tutto Na poli, fe così volete,

Fil Ma e il occhio?

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Fulg.

Fulg. Eh! che dell' occhio? Son già affatto guarito.

Fil. Evviva, evviva. Nuovo rimedio per gli occhi: voce di Donna giovanę!

Fulg. (verfo la porta) Si, colà dentro racchiudefi il rimedio per ogni mio male, e il mezzo ficuro per rendermi pienamente felice. O fortunato Pomo, che m'hai fatto venire fra queste mura! (partono.)

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X.

Willi

Von dem Abbate Andrea Willi, einem Veroneser, ist das italianische Theater mit verschiedenen Lustspielen bereis chert worden, deren Stof fast durchgehends aus französischen Erzählungen oder Schauspielen entlehnt, und nur in einigen Umständen und Nebencharakteren etwas abgeändert ist. Von feinen Opere Teatrali, deren Sammlung zu Venedig, 1778. 8. angefangen wurde, sind wenigstens fünf Bånde heraus. Ich habe die drei ersten vor mir, in welchen fols gende Komödien befindlich sind: Enrichetta, o fia, la Figlia Ravveduta Nanci, ovvero, la Condotta Imprudente Rofalia, ovvero, l'Amor Conjugale Marianna e Selicourt, ovvero, i Spofi Perseguitati — Clari, ovvero, l' Amor Semplice Il Paftore e la Paftorella dell' Alpi, Hervorstechende Schönheiten sucht man in diesen Stücken vergebens; weder die Charakterzeichnung, noch die Verbindung der Scenen, noch die Bearbeitung des Dialogs verräth Talent und feine dramatische Kunst. Bei dem Stücke, Clari, hatte Willi die Marmontelische Erzählung Ľ Amitié à l' Epreuve vor Augen, aus welcher auch Hr. Weiße den Stof eines seiner Lustspiele nahm. Der naife und unbefangne Charakter der Clary ist glücklich

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gezeichs

gezeichnet, besonders in folgender Scene mit Nelson, dem Fe sein Freund Blanford während seiner Abwesenheit ans vertraut hat:

Clari, Ebbene, ch'hai tu a dirmi? oferefti, crudele, di farti tiranno de' iniei affetti? Io non vivo, che per te; e tu vorrefti vedermi morire? Io ti diinando una fola grazia; eccomi a'piedi tuòi, (vuol ginoc chiarfi, ei la trattiene) dimmi, chi offendo io in amandoti? qual dovere tradifco? di quale fventura son io cagione? Ci fono qui così barbare leggi, fonovi tiranni si rigorofi per vietarmi l'ufo il più degno del mio core, e della mia ragionę? O io non poffo amare neffuno, o se d'amare mi lice, additami altro miglior foggetto da scegliere a'teneri affetti miei.

Nelfon. Mia Clari, niente v'ha da più vero, nè di più tenero, che l'amicizia che a voi mi stringe. Sarebbe impoffibile, farebbe anche ingiufto, che voi non fofte fenfibile,

Clari. Ah, io refpiro; ecco il mio Nelson.

Nelfon. Ma quand'anche io aveffi ad effere la cofa più cara, ch'al mondo v'avefte, io non ci pollo pretendere, nè dovrei acconsenterci. Quando Blanford v'ha consegnato alla mia fede, egli v'era caro; v’avreste creduta felice d'effergli Spofa: non amavate nessuno più teneramente di ello lui. Blanford, il voftro liberatore, il depofitario della voftra innocenza, v'ama, e ha dritto d'effere amato.

Clari. I fuoi beneficj mi fono fempre prefenti, lo diffi ancora, e lo replico; egli mi è caro come folle

il mio Padre.

Nelfon. Ebbene, fappiate ch'egli ha rifolto fra pochi giorni d'unirvi a lui con un legame più dolce ancora, e più facro, che quello di benefattore,

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Clart. Ecco loftacolo adunque che ci tiene divifi. Sta allegro, ch'egli è distrutto,

Nelfon. Come?

Clari. Io non farò mai la fua Spofa.

Nelfon. E pure, dovete efferlo.

Clari. Non dubitare, ciò non farà mai, e Blanford ifteffo dovrà acconsenterci.

Nelfon. Che! quello che v'ha ricevuto dalle mani d'un Padre fpirante....

Clar. E fotto, nome di. Padre, io l'amo, l'adoro; ma non deve efigere di più.

Nelfon, Dunque avete rifolto di renderlo Iventurato?

Clari. Ho rifolto di non ingannar nessuno. S'io foffi di Blanford, e che tu, ingrato! mi chiedeffi la vita; a Nelson darei la vita, sarei spergiura a Blanford. Nelfon. Che dite mai?

Clari. Quello, che dirò a Blanford fteffo. Perche dovrei diffimularlo? è forse il non amarlo mia colpa ?

Nelfon. Ah, voi mi rendete colpevole.

Clari. Di chè? d'effere amabile agli occhi miei? Ah che di noi ha già difpofto il Cielo. Lo stesso Cielo, che quelle grazie, e quelle virtù ti diede, che m'incantano; quel medefimo che n'ha fatto un' anima espreslamente per Nelfon.... (con forza) Non mi parli di vivere, fe per te non vivo.

Neljon. Di quai rimproveri non avrà a caricarmi l'amico ?

Clart. Di che puot'egli lagnarfi? ch'ha egli perduto? che gli hai tu rapito? Amo Blanford come un

tenero

tenero Padre; ma Nelfon l'amo più di me stessa; questi fentimenti s'oppongono, forfe? No, amico, fta pur di buon animo. Io ero arbitra di me stessa, ora son tua. Attribuendo all'amicizia de' diritti, ch'ella non ha, sei tu stesso che per Lei gli ufurpi, e fei complicę della violenza, che mi vien fatta.

Nelfon. Blanford di ufar violenze non è capace. Clari. Se altri che l'amico tuo mi tenesse captiva, non ti faresti gloria di rendermi la libertà? Dunque non è che ingrazia dell'amicizia che tu tradifci la natura e l'amore. Non ha pur egli i dritti fuoi? non ci fono leggi fra voi in favore dell'anime fenfibili? E forfe azione generofa e giufta l'opprimere, e il lacerare senza pietà un core, il cui folo delitto è l'amare? Barbaro! crudele! (piange, e s'affide)

Nelfon. O mia Clari, le tue lagrime indebolifcono l'anima mia, ed in un punto mi fanno perdere il merito della lunga pugna co'iniei affetti. (s'accolta con impeto) Tergi quelle belle luci... (Arriva Mylady.)

MYLADY DIRTON, E DETTI.

Nelfon. Soccorrete Clari; ella è vicina a perdere

i fenfi.

Myl. Che fù?

Clari. (alzandofi) La voftra crudeltà m'uccide.

Myl. Non è il momento di rispondervi. Blan ford con un forestiero s'appreffa.

BLANFORD, SOLINZEB, E DETTI

(Clari nel veder accoftarfi Blanford fi ritira, e volge gli occhi altrove, ficchè entrando non è veduta.)

Blanford. Dov'è Clari?

Solinzeb. Mia cara figlia, dove sei?

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