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re; onore deggio ricevere e reverenzia dalla gente. E questa è l'una (1) quistione. L'altra è, che potrebbe dire quelli di San Nazzaro di Pavia, e quelli delli Piscitelli (2) di Napoli: Se la nobiltà è quello che detto è, cioè seme divino nella umana anima graziosamente posto, e le progenie, ovvero schiatte, non hanno anima, siccom'è manifesto, nulla progenie, ovvero schiatta, dicere si potrebbe nobile: e questo è contro all'opinione di coloro che le nostre progenie dicono essere nobilissime in loro cittadi. Alla prima questione risponde Giovenale nell'ottava Satira, quando comincia quasi esclamando: «Che fanno queste onoranze che rimangono

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degli antichi, se per colui che di quelle si vuole » ammantare, male si vive; se per colui che delli suoi >> antichi ragiona e mostra le grandi e mirabili opere, » s'intende a misere e vili operazioni? (3) Avvegnachè (dice esso poeta satiro) chi dirà nobile per la buona >> generazione quelli che della buona generazione de» gno non è? Questo non è altro, che chiamare lo »> nano gigante.» Poi appresso dice a (4) questo tale: «Da te alla statua fatta in memoria del tuo antico non >> ha dissimilitudine altra, se non che la sua testa è di » marmo, e la tua vive. » E in questo (con reverenzia il dico) mi discordo dal poeta, chè la statua di marmo o di legno o di metallo, rimasa per memoria d'alcuno valente uomo, si dissomiglia nello effetto molto dal

mandano a qualche gran personaggio o a qualche Chiesa in ď segno onore.

(1) Il cod. Vat. Urb: e questa è l'una delle quistioni. (2) Forse Piscicelli. V. Adimari, Famiglie Napolitane, pagina 120.

(3) Ecco la volgata scorrettissima lezione di questo passo: avvegna, dice esso poeta, satiro nobile, per la buona generazione quelli, che della buona generazione degno non è: questo non è altro ecc. V. il SAGGIO, pag. 21.

(4) a questo tale, cod. Gadd. 135 secondo. Il Biscioni malamente dice questa tale.

Vol I.

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malvagio discendente; perocchè la statua sempre afferma la buona opinione in quelli che hanno udito la buona fama di colui, cui è la statua (1), e negli altri la (2) genera: lo malvagio figlio, o nepote, fa tutto il contrario; chè l'opinione di coloro c'hanno udito il bene delli suoi maggiori fa più debile; chè dice alcuno loro pensiero: Non può essere che delli maggiori di questo sia tanto, quanto si dice, poichè della loro semenza così fatta pianta si vede: per che non onore, ma disonore ricevere dee quelli che alli buoni mala testimonianza porta. E però dice Tullio, che 'l figliuolo del valente uomo dee proccurare di rendere al padre buona testimonianza. Onde al mio giudicio, così come chi uno valente uomo infama, è degno d'essere fuggito dalla gente e non ascoltato; così l'uomo vile, disceso delli buoni maggiori, è degno d'essere da tutti scacciato: e deesi lo buono uomo chiudere gli occhi per non vedere quello vituperio vituperante della bontà che in sola la memoria è rimasa. E questo basti al presente alla prima quistione che si movea. Alla seconda quistione si può rispondere, che una progenie per sè non ha anima, e ben è vero che nobile si dice ed è per certo modo. Onde è da sapere, che ogni tutto si fa delle sue parti, ed è alcuno tutto che ha una essenzia semplice colle sue parti; siccome in uno uomo è una essenzia di tutto e di ciascuna parte sua: e ciò che si dice nella parte, per quello medesimo modo si dice essere in tutto. Un altro tutto è che non ha essenza comune colle parti, siccome una massa di grano; ma è la sua una essenza secondaria che resulta da molti

(1) Il cod. Gadd. 135 primo legge: colui, di cui, e per cui fatta fu la statua. Il Triv.: colui, di cui, ovvero per cui, al cui nome è fatta la statua.

(2) Il pronome la, senza di cui la costruzione non corre, manca in tutti i testi.

grani che vera e prima essenza in loro hanno. E in questo tutto cotale si dicono essere le qualità delle parti, così secondamente come l'essere; onde si dice una bianca massa, perchè li grani, ond'è la massa, sono bianchi. Veramente questa bianchezza è più nelli grani prima, e secondariamente resulta in tutta la massa, e così secondariamente bianca dicer si può: e per cotal modo si può dicere nobile una schiatta, ovvero una progenie. Ond'è da sapere, che siccome a fare una bianca (1) massa convengono vincere i bianchi grani; così a fare una nobile progenie convengono in essa nobili uomini (2) vincere, dico vincere esser più degli altri, sicchè la bontà colla sua grida oscuri e celi il contrario ch'è dentro. E siccome d'una massa bianca di grano si potrebbe levare a grano a grano il formento, e a grano restituire (3) meliga rossa, e tutta la massa finalmente cangerebbe colore; così della nobile progenie potrebbono li buoni morire a uno a uno, e nascere in quella li malvagi, tanto che cangerebbe il nome, e non nobile, ma vile da dire sarebbe. E così basti alla seconda quistione essere risposto.

(1) Dell'aggiunto bianca ha laguna in tutti i mss. e nelle stampe, onde in esse il senso rimane zoppo.

(2) Il Biscioni legge: nobili uomini, di ciò vincere, esser più degli altri. La laguna del primo vincere è chiarissima; e non men chiaro è che di ciò è sproposito in vece di dico, siccome leggono correttamente i codici Triv., Barb., Vat. Urb., Vat. 4778, Gadd. 134 e 135 primo.

(3) restituire per sostituire. La prima ediz. in vece di meliga legge saggina; variante che sul primo vocabolo è pur segnata nel secondo cod. Marc.

CAPITOLO XXX.

Come di sopra nel terzo Capitolo di questo Trattato si dimostra, questa Canzone ha tre parti principali; per che ragionate le due, delle quali la prima comincia nel Capitolo predetto, e la seconda nel sesto decimo (sicchè la prima per tredici, e la seconda per quattordici è terminata, sanza lo proemio del Trattato della Canzone, che in due Capitoli si comprese), in questo trentesimo e ultimo Capitolo, della terza parte principale brievemente è da ragionare, la quale per Tornata di questa Canzone fatta fu ad (1) alcuno adornamento: e comincia: Contra gli erranti mia, tu te n'andrai. E qui principalmente si vuole sapere, che ciascuno buono fabbricatore nella fine del suo lavoro quello nobilitare e abbellire dee, in quanto puote, acciocchè più celebre e più prezioso da lui si parta. E questo intendo, non come buono fabbricatore, ma come seguitatore di quello, fare in questa parte. Dico adunque: Contra gli erranti mia. Questo Contra gli erranti è tutt'una parte (2), ed è nome d'esta Canzone, tolto per esemplo del buono Fra Tommaso d'Aquino, che a un suo libro, che fece a confusione di tutti quelli che disviavano da nostra Fede, pose nome Contra Gentili. Dico adunque che tu andrai, quasi dica: Tu se' omai perfetta, e tempo è da non istare ferma, ma di gire, chè la tua impresa è grande. E quando tu sarai In parte, dove sia la donna nostra, dille il tuo mestiere. Ov'è da notare, che siccome dice nostro Signore, non si deono le margherite gittare innanzi ai porci; peroc

(1) L'ad manca in tutti i testi da noi confrontati. (2) una parola vuole che si legga il Dionisi, Aneddoto V. Pag. 156.

chè a loro non è prode, e alle margherite è danno: e, come dice Esopo poeta nella prima Favola, più è prode al gallo un granello (1) di grano, che una margherita ; e però questa lascia, e quello ricoglie. E in ciò considerando, a cautela (2) dico e comando alla Canzone, che 'l suo mestiere discopra là dove questa donna, cioè la Filosofia, si troverà. Allora si troverà questa donna nobilissima, quando si trova la sua camera, cioè l'Anima, in cui essa alberga. Ed essa Filosofia non solamente alberga pur nelli sapienti, ma eziandio, come provato è di sopra in altro Trattato, essa è dovunque alberga l'amore di quella: e a questi cotali dico che manifesti lo suo mestieri; perchè a loro sarà utile la sua sentenzia, e da loro ricolta. E dico ad essa: di' a questa donna: Io vo parlando dell'amica vostra. Bene è sua amica nobilitade ; chè tanto l'una coll'altra s'ama, che nobiltà sempre la dimanda; e Filosofia non volge lo sguardo suo dolcissimo all'altra parte. Oh quanto e come bello adornamento è questo, che nell'ultimo di questa Canzone si dà ad essa, chiamandola amica di quella, la cui propia ragione è nel secretissimo della Divina mente!

(1) Il cod. Triv., il Vat. Urb. ed il Gadd. 135 secondo leggono: uno grano, che una margarita: e però quella lascia, e quello toglie.

(2) I mss. e le stampe leggono corrottamente: E in ciò considerando a cautela dice: comando alla Canzone, ecc.

FINE DEL CONVITO DI DANTE ALIGHIERI.

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