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TRATTATO TERZO

Amor, che nella mente mi ragiona

Della mia donna disïosamente,
Move cose di lei meco sovente,
Che lo 'ntelletto sovr' esse disvía.
Lo suo parlar sì dolcemente sona,
Che l'anima ch'ascolta, e che lo sente,
Dice: oh me lassa, ch'io non son possente
Di dir quel ch'odo della donna mia!
E certo e' mi convien lasciar in pria,
S'io vo' trattar di quel ch' odo di lei,
Ciò che lo mio intelletto non comprende,
E di quel che s'intende,

Gran parte, perchè dirlo non saprei.
Però se le mie rime avran difetto,
Ch'entreran (1) nella loda di costei,
Di ciò si biasmi il debole intelletto,
El parlar nostro, che non ha valore
Di ritrar tutto ciò che dice Amore.

(1) L'ediz. del Sessa ha, come tutte l'altre, Ch' entraron; ed il Tasso corresse in margine internan. Miglior lezione però debb' essere certamente entreran, perchè s'accorda col verso antecedente, Però se le mie rime avran difetto, e perchè il Poeta non è propriamente entrato ancora nelle lodi della sua donna. Nella Proposta (alla voce Interrare) è poi notato il singolare abbaglio della Crusca, che sopra un errore di lezione, ovvero sopra un vezzo plebeo di pronunzia, ha portato questo verso, così letto da lei: Che interran nelle lodi di costei, ad illustrazione del tema: «Interrare, Interriare. Imbrat» tare, Impiastrare con terra. §. I. Per metaf. » Or vedi se

Non vede il Sol, che tutto 'l mondo gira,
Cosa tanto gentil, quanto in quell' ora,
Che luce nella parte ove dimora
La donna, di cui dire Amor mi face.
Ogni 'ntelletto di lassù la mira:
E quella gente, che qui s'innamora,
Ne' lor pensieri la trovano ancora,
Quando Amor fa sentir della sua pace.
Suo esser tanto a Quei, che gliel dà, piace,
Che 'nfonde sempre in lei la sua vertute,
Oltre il dimando di nostra patura.

La sua anima pura,

Che riceve da lui questa salute,
Lo manifesta in quel, ch'ella conduce;
Chè in sue bellezze son cose vedute,
Che gli occhi di color, dov' ella luce,
Ne mandan messi al cor pien di disiri,
Che prendon aere e diventan sospiri.
In lei discende la virtù divina,

Siccome face in Angelo, che 'l vede (1):
E qual donna gentil questo non crede,
Vada con lei, e miri gli atti sui.
Quivi, dov' ella parla, si dichina
Un Angelo dal ciel (2), che reca fede
Come l'alto valor, ch'ella possiede,
E oltre a quel che si conviene a nui.
Gli atti soavi, ch'ella mostra altrui,

Vanno chiamando Amor, ciascuno a prova,

Dante, parlando con tanta nobiltà di questa donna, cioè della Filosofia, poteva dire che le sue rime s'impiastrano nel fango? Appena questo pensiero avrebbe dovuto cadere nella mente di chi scrisse in terza rima le lodi del porco.

(1) Cioè, che vede Dio, indicato per la virtù divina nel verso antecedente.

(2) Il cod. Triv. 7: si declina Uno spirto del ciel. Così pure il cod. Triv. 2. Altri codici: Uno spirto d'amor.

1

In quella voce che lo (1) fa sentire.
Di costei si può dire:

Gentil è in donna ciò che in lei si trova;
E bello è tanto, quanto lei simiglia.
E puossi dir che il suo aspetto giova
A consentir ciò che par maraviglia.
Onde la fede nostra è ajutata;
Però fu tal da eterno creata (2).
Cose appariscon nello suo aspetto,

Che mostran de' piacer del Paradiso;
Dico negli occhi, e nel suo dolce riso,
Che le vi reca Amor com' a suo loco.
Elle soverchian lo nostro intelletto,
Come raggio di Sole un (3) fragil viso:
E perch' io non le posso mirar fiso,
Mi convien contentar di dirne росо.
Sua beltà piove fiammelle di fuoco,
Animate d'un spirito gentile,

Ch'è creatore d'ogni pensier buono;

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Gl'innati vizii, che fanno altrui vile.
Però qual donna sente sua beltate
Biasmar, per non parer queta ed umile,
Miri costei, ch'è esemplo d'umiltate.
Quest' è colei, ch' umilia ogni perverso:
Costei pensò, chi mosse l'universo.
Canzone, e' par che tu parli contraro
Al dir d'una sorella che tu hai;

Chè questa donna, che tant' umil fai,

(1) Tutti i codici che lo fa sentire. Il Biscioni: la fa sentire. (2) dall' eterno ordinata, così tutti i codici Triv., secondo quel passo dei Prov. 8. 23: Ab æterno ordinata sum.

(3) Così i codici Triv. 3, 5. Gli altri Triv.: in fragil viso. Il Gaddiano 134: un frale ecc. Le stampe: in frale ecc. E qui si noti viso per vista, atto del vedere, come Inf. 31. 11: Si che 'l viso m'andava innanzi poco.

Ella la chiama fera e disdegnosa.

Tu sai che 'l ciel sempr' è lucente e chiaro,
E quanto in sè non si turba giammai;
Ma li nostr' occhi per cagioni assai
Chiaman la stella (1) talor tenebrosa;
Così quand' ella la chiama orgogliosa,
Non considera lei secondo 'l vero,
Ma pur secondo quel che a lei parea:
Chè l'anima temea,

E teme ancora sì, che mi par fero
Quantunque io veggio dov' ella mi senta (2).
Così ti scusa, se ti fa mestiero;

E quando puoi a lei ti rappresenta,
E di' (3): Madonna, s'ello v'è a grato,
Io parlerò di voi in ciascun lato.

(1) Lucevan gli occhi suoi più che la Stella, Inf. 2. 55, civė il Sole. PERTICARI.

(2) Così le pr. ediz. Quella del Biscioni: Quantunque io veggia là ov'ella mi sente. Altri testi citati dal Biscioni medesimo: Quandunque io vengo dov' ella mi senta.

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(3) I codici Triv. 1, 3, 6. Il Biscioni: E quando poi a lei ti rappresente Dirai.

CAPITOLO I.

Così come nel precedente Trattato si ragiona, lo mio secondo Amore prese cominciamento dalla misericordiosa sembianza d'una donna; lo (1) quale Amor poi, trovando la mia (2) vita disposta al suo ardore, a guisa di fuoco di picciola in gran fiamma s'accese (3); sicchè non solamente vegghiando, ma dormendo, lume di costei nella mia testa era guidato. E quanto fosse grande il desiderio, che Amore di vedere costei mi dava, nè dire, nè intendere si potrebbe. E non solamente di lei era così desideroso; ma di tutte quelle persone che alcuna prossimitade avessero a lei, o per familiarità, o per parentela alcuna. Oh quante notti furono, che gli occhi dell' altre persone chiusi dormendo si posavano, che li miei nell'abitacolo del mio Amore fisamente miravano (4)! E siccome lo multiplicato incendio pur vuole di fuori mostrarsi, chè stare ascoso è impossibile; volontà mi giunse di parlare (5) d'Amore, il quale del tutto tenere non potea. (6) E avvegnachè poca podestà io potessi avere di mio con

(1) Tutti i testi con errore: la quale.

(2) Abbiamo tolta la viziosa trasposizione de' testi: la mia disposta vita al suo ardore.

(3)

<< Poca favilla gran fiamma seconda. >> Par. 1. 34. (4) guardavano, P. E. e cod. Gadd. 134. (5) Così il cod. Vat. Urb., Gadd. 135 primo, 3. Il Biscioni: parlare amore.

(6) Da queste parole fino a quelle: siccome dice il Filosofo nel nono dell' Etica, tutto il passo è contrassegnato dal Tasso in margine. Particolarmente poi sono interlineate le parole: pur intanto, o per volere ecc. . . . si commendava la persona che si amava; e le altre: tre ragioni m'informaro ecc... la quale è principio di tutti gli altri; e qui postillò: BELLO.

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