LEZIONE XXVI. 8a Testimonianza del Battista; sua prigionia. IOANNIS III. sti, ecce hic baptizat, et quitur. Qui de coelo ve- 27. Respondit Joannes, 32. Et quod vidit, et eis, et baptizabat. 28. Ipsi vos mihi testi 23. Erat autem et Io-monium perhibetis, quod annes baptizans in Aen-dixerim: Non sum ego non iuxta Salim, quia Christus, sed quia misaquae multae erant il-sus sum ante illum. accipit. LUCAE III. trarcha, cum corripere19. Herodes autem tetur ab illo de Herodiade uxore fratris sui, et 33. Qui accepit eius de omnibus malis, quae testimonium, signavit, fecit Herodes. quia Deus verax est. 20. Adiecit et hoc su Deus, verba Dei loqui- Ioannem in carcere. 31. Quem enim misit per omnia, et inclusit tur: non enim ad men lic, et veniebant, et ba- 29. Qui habet spon-suram dat Deus spiriptizabantur. sam, sponsus est: ami-tum. 21. Nondum enim mis-cus autem sponsi, qui sus fuerat Ioannes in stat, et audit eum, gau- lium: et omnia dedit in sus plures discipulos fa35. Pater diligit Fi- runt Pharisaei, quod Iecit, et baptizat, quam 36. Qui credit in Fi- Ioannes. carcerem. dio gaudet propter vo- manu eius. 25. Facta est autem cem sponsi. Hoc ergo quaestio ex discipulis gaudium meum imple-lium, habet vitam aeIoannis cum Iudaeis de tum est. purificatione. ternam: qui autem in30. Illum oportet cre- credulus est Filio, non 26. Et venerunt ad Io-scere, me autem minui. videbit vitam, sed ira annem, et dixerunt ei: 31. Qui desursum ve- Dei manet super eum. Rabbi, qui erat tecum nit, super omnes est. trans Iordanem, cui tu Qui est de terra, de ter IV, 1. Ut ergo cogno testimonium perhibui-ra est, et de terra lo- vit Iesus, quia audie 1. Ad I 2. (Quamquam Iesus non baptizaret, sed di3. Reliquit Iudaeam, scipuli eius). et abiit iterum in Galilaeam. d intendere quanto siano fallaci torno al pregio, in che vogliono essere tenuti questi poveri e i nostri giudizii incaduchi beni della terra, ci basterebbe, in difetto di ogni altro indizio, il considerare la maniera, onde il S. N. G. Cristo ne volle forniti i suoi cari ed intimi amici. Certo se ve ne fu alcuno, che parve meritare da lui e godere una predilezione singolarissima, quegli fu senza dubbio Giovanni Battista. Sortito Giovanni ad essergli quasi compagno della infanzia, per poscia esserne il Precursore, gli andò davvero innanzi nella vita e nel ministero; già santificato nel seno materno, ebbe il vanto d'iniziare colla prodigiosa santità della vita non meno, che coll' ammirabile efficacia della potente sua parola, la predicazione dell'Evangelo, e ministro fedelissimo pose ogni studio di stornare da sè l'ammirazione della moltitudine, per tutta rivolgerla al Signor suo, le cui sovrane preminenze non si stancò di attestare e di predicare, finchè bastogli la vita. Un grande della terra, per un servigio somigliante, colmerebbe il benemerito servidore di onoranze e di ricchezze; nè io certamente nel vorrei riprendere, essendo questi i soli mezzi, che abbiano gli uomini per mostrare la loro riconoscenza; e piuttosto mi stupisco, che molto spesso neppure questo si faccia da superbi padroni, che pensano, gli altrui servigi essere compensati abbastanza dall'onore insigne di averli serviti. Per contrario quale ricompensa die' Cristo quaggiù al suo caro e santissimo Precursore? Voi lo sapete così in generale; e ne udirete, nel seguito della storia evangelica, le particolarità, che se ne hanno e molto istruttive. Dopo una vita nei deserti, se altra mai, austerissima; dopo una predicazione assai breve bensì, ma di preziosi frutti feconda e di stenti, Cristo lo lascia dalla bestiale ferocia di un tirannello scellerato cacciare in un carcere, e quivi nel fiore degli anni finire, per mano di manigoldo, sotto la scure. E come fece col Battista così, un po' più un po' meno, fece sempre e farà coi diletti suoi amici. Ora che dovremo noi pensare, che dire di una così singolare ricompensa, onde sono quaggiù meritati dei loro servigi i servi di Cristo? Dovremo forse giudicare, ch'ei non se ne curi, ovvero che, pure curandosene, non abbia il mezzo da sottrarli a quelle violenze, e da fornirli a dovizia di tutto ciò, che il mondo reputa e chiama bene? Eh! Signori miei! sarebbe stoltezza somma il pensarlo, e bestemmia uguale il dirlo! Non sia mai vero, vi ammonirò con Salviano', non sia mai vero che a noi i giusti paiano negletti da Dio per quei fatti, dai quali dovremmo anzi intendere, che ei più li ama: Absit existimemus pios a Deo negligi, per quod confidimus plus amari. Di fatti, supponete, che questi fugaci beni della terra sono quasi sempre un incomodo rattento ai voli sublimi dello spirito, ed un incaglio presso che insormontabile al nobile esercizio della virtù; supponete, che il vero bene dell' uomo è il trionfo della miglior parte di sè sopra la inferiore, coll' aderire alla verità ed alla giustizia, anche immolando a quelle ogni cosa: trionfo coronato di quel guiderdone immortale, che è finalmente come il fine supremo, così il supremo bene dell' uomo; supponete, dico, tutto questo, e voi toccherete con mano, che Cristo non potea fare al suo caro Precursore dono più prezioso di quel carcere e di quella scure. Rechiamoci la mano al petto, miei dilettissimi, ed interroghiamo la nostra coscienza se questa è poi la maniera onde noi giudichiamo dei beni e dei mali della vita; e fatevi certi che il nostro profitto nella scuola dell' Evangelo appena può misurarsi da altro, che dal trovarci sempre meglio disposti a giudicare in quella maniera. Intanto ripigliamo il filo della nostra narrazione, la quale ci condurrà appunto all'incarceramento del Battista. II. Dopo il colloquio notturno con Nicodemo, Gesù, seguito dai suoi discepoli, lasciò Gerusalemme, ma non lasciò la Giudea, ed anzi vi si fermò non brevemente coi discepoli stessi: Post haec venit Iesus et discipuli eius in terram Iudaeam; et illic demorabatur cum eis. Ne è a fare gran caso della difficoltà, che muovono alcuni, chiedendo come mai qui si dica, che Cristo da Gerusalemme venne nella Giudea, quando Gerusalemme non solo era nella Giudea, ma n'era la Capitale. Ora non si direbbe egli forse molto bene, che altri lascia, esempligrazia, Firenze, a fine di girare per la Toscana, quantunque Firenze stia nella Toscana, e ne sia od almeno ne sia già stata, e meriti sempre di esserne la Capitale? S'intende dunque, che il Signore, lasciata Gerusalemme, si fermò nel paese, nel territorio della Giudea; la quale intelligenza è confermata, come notò il Lirano, da quella espressione: in terram Iudaeam, in cui il Iudaeam è usato come aggettivo di terram, caso unico nella Scrittura, e significa manifestamente, come dissi, il paese, il territorio della Giudea o giudaico. Quantunque l'Evangelista non ci ragguagli dei luoghi particolari, in cui il Signore, in quella sua prima dimora nella Gindea si andava fermando, ci significa nondimeno l'uffizio, che vi esercitava, dicendoci, che battezzava: Et baptizabat; il che fa intendere, che vi dovea essere preceduta una predica zione, dalla quale gli uomini, credendo già nel Messia venuto, fossero indotti a desiderare e ricevere il suo battesimo. In questo verso 22 del Capo II si dice veramente, che Gesù battezzava; ma nel Capo seguente al verso 2, lo stesso Evangelista ci ammonisce espressamente, in una parentesi, che Gesù battezzava non per sè, ma per mezzo dei suoi discepoli: Quamquam Iesus non baptizaret, sed discipuli eius. La quale osservazione è più grave e più significativa, che a prima vista non pare. Del battesimo di Giovanni non si legge, che fosse amministrato da altri, che da lui solo; e ciò per la regola generale suggeritane dai giuristi: che cioè chi ha potestà delegata non può delegarla ad altri, salvo che ciò non sia compreso nella lelegazione. Per contrario del battesimo di Cristo, fino dalla sua prima istituzione, furono ministri i suoi discepoli con potestà avutane da lui, appunto per indicarci, che quel Sacramento, dovendosi perpetuare nella Chiesa, come porta unica per entrarvi, sarebbe stato, nella lunghezza di tutti i secoli e nell' ampiezza di tutta la terra, amministrato dagli uomini, ma con potestà tutto e solo ricevuta a quell' effetto da Cristo; talmente che, siane chi si voglia il ministro, il battesimo cristiano è operazione, in tutto il rigore della parola, di Cristo; nè già tanto perchè la facoltà di farlo viene da lui, quanto perchè l'azione del farlo, in tutto ciò, che vi è di efficacia spirituale, è azione, che procede da lui; di tal che voi ed io, quando rinascemmo nelle salutifere acque battesimali, fummo veramente battezzati da Cristo. La quale gravissima verità mi sembra con molta chiarezza espressa in quell' apparente contraddizione, ma assai profonda, che risulta da queste due parole dello stesso Evangelo, separate da pochi versi, e che affermano e negano la medesima cosa: l'una dice: Iesus... baptizabat; l'altra: Iesus non baptizabat; e pure entrambe sono verissime. Gesù battezzava, perchè tutta l'efficacia del battesimo, e tutta la potestà di conferirlo veniva da lui; Gesù non battezzava, perchè lo faceva non colla sua persona, ma pel ministero dei suoi discepoli, ed appresso dei successori di quelli. O non si potrebbe forse affermare con verità, che il Principe paga e non paga i suoi soldati? Li paga colla sua autorità; non li paga colle sue mani; chè sarebbe faccenda troppo brigosa. Che se si chiedesse per quale ragione il nostro Signore non esercitasse allora da sè quell'uffizio di battezzare, ma lo commettesse tutto ai discepoli, si potrebbe non incongruamente congetturare, avere egli ciò fatto per prevenire il pregiudizio, che la gente poco istruita pregiasse meno il battesimo conferito da altri che da lui, e quindi il rischio che si entrasse in dissidii ed in gare per riceverlo da lui solamente, e non da altri 2. Mentre Gesù andava coi suoi discepoli predicando e battezzando per le terre della Giudea, Giovanni ancora (e si noti bene quell' et, ancora) si continuava nel suo ministero di battezzare: Erat autem et Ioannes baptizans; perchè allora (osserva l'Evangelista) non era ancora stato messo in carcere: Nondum enim missus fuerat... in carcerem. Ciò veramente si potea intendere da sè; credo tuttavia averlo voluto l' Evangelista mettere in nota, per farci avvertiti, che quell'incarceramento dovette aver luogo poco dopo il discorso, che si riferirà; e di fatto allora avvenne, come tosto vedremo. In quest'ultima menzione, che si fa del ministero del Battista, e dell' ottava testimonianza da lui resa al Salvatore, ci si narra come egli, in quel tempo, avea lasciata Betania al di là del Giordano, ed era venuto in Enon vicina a Salim; perchè molte acque erano ivi: In Aennon (erat Ioannes) iuxta Salim; quia aquae multae erant illic, et veniebant et baptizabantur. Qual motivo avesse il santo Precursore di venire a questa quarta ed ultima stazione del suo ministero, il sacro testo nol dice espressamente; ma dovette essere il comodo dei moltissimi, che affluivano a lui, ed ai quali forse cominciava a pesare il doversi a quell'effetto condurre fino alla sponda del Giordano; e però volendo a loro servigio trasportarsi più dentro terra per quello scopo, allontanandosi dalla sponda del Giordano, preferi Enon, per la copia grande, che vi avea di acque, opportunissima al battesimo. Quest' Enon era posta nella regione della Giudea al di quà, cioè all'occidente del Giordano, e dovea essere meno nota di Salim, parendo che l'Evangelista, col dire: Aennon iuxta Salim, voglia fare conoscere quella dalla migliore conoscenza, che si avea di questa. Ora S. Girolamo ci fa sapere, che, a suo tempo, si mostrava ancora quell' Enon ad otto miglia da Scitopoli, verso il meriggio, vicina a Salim; e di questa Salim afferma, che era nel campo e, con nome derivato dall' antico, si appellava Salumias. |