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gran bene; e quanto più ce ne possiamo addensare attorno, tanto ci riputiamo più fortunati. E se tutto finisse coll' amareggiarci ed invelenirci una vita, che già di travagli inevitabili è fornita abbastanza, senza cercarcene noi dei gratuiti; pur pure! Ci saremmo resa, più che non è per sè medesima, dolorosa la vita. Ma il peggio è che quelle spine, oltre a trafiggerci la vita naturale, hanno l'altro ben lagrimevole effetto di soffocare in noi ogni germe santo di vita soprannaturale, fabbricandoci questa infinita turba di disgraziati anche scienziati, titolati, altolocati e milionarii, i quali immersi ed anzi affogati nelle cure temporali e terrene, hanno perduto ogni amore, ogni sentimento e perfino ogni lontana idea di quanto sovrasta alla materia ed al tempo. Dove debba andare una società costituita di questi elementi, è un problema che io non presumo di risolvere; ma dove ne debbano andare alla spicciolata gli elementi che la costituiscono, cioè quegli uomini così disposti, non può essere un problema per chi è Cristiano.

SECONDA PARTE

VI. Avete udito spiegare dal N. Signore la parte che dissi dolorosa della parabola; e certo dovrebb' essere dolore grande il vedere un seme prezioso, e quanto a sè così ferace rimanere affatto sterile per negligenza, per incostanza, ovvero, e credo sia questo il caso più frequente, per la foga ardente e soverchiante delle cure mondane. Ma la parabola avea pure la sua parte lieta; e facciamo di considerarla quì in ultimo un poco per nostra comune consolazione; e sarà molto opportuno il considerarlo in questo chiudere, che oggi facciamo il primo dei due Corsi di Lezioni, nei quali vi promisi darvi la Esposizione letterale e morale dei Quattro Evangeli. Sia lode a Dio che ci die' grazia di compierne questo primo stadio, ed auguriamoci, che questo sia pegno dell' altra che ci vorrà concedere pel secondo, il quale, di qui a quattro mesi con nuova lena ricomincieremo. Ma la contentezza non iscompagnata da un alito alquanto me

sto, la quale ci è ispirata dal compimento di un'opera buona, quanto sarebbe più piena, quanto più pura, se potessimo pensare, che un seme così copioso e così fecondo fosse tutto caduto in buona terra: in terram bonam! Pei tempi che corrono non ci è gran fatto a sperarlo; ma per non intorbidare la letizia di questo giorno, supponiamolo; e sia il medesimo Gesù che ci spieghi ciò che importa il cadere il seme in terra buona. Ecco le parole ond' egli chiuse la spiegazione della parabola, e colle quali io chiudo l'ultima di questo primo Corso di Lezioni. « Il seme poi che cade in terra buona rappresenta coloro che ascoltando la parola, l'accolgono e ritengono in un cuore buono ed ottimo, e recano frutto in pazienza (come ha il solo S. Luca); ed altri lo reca centuplo, altri sessanta tanti, altri trenta del seme (come aggiungono gli altri due Evangelisti) ».

Ora non vi pare una grande ed invidiabile fortuna questa di raccogliere una così ubertosa messe dal seme sparso? Ma a ciò si richiede, che il cuore sia buono ed ottimo, o bello e buono, come suonerebbe dal greco il xáλn xai áɣáłŋ; cioè in un cuore, che raccolga la parola e non la lasci per oscitanza dal nemico portar via; che la conservi e non permetta che per leggerezza colla sopravvegnente tribolazione s'inaridisca; ma sopratutto che non la lasci soffocare dalle sollecitudini mondane. Nè l' avere, o piuttosto l'essere buona questa terra dipende da altri, che da noi, e da una grazia dalla parte di Dio, la quale al nostro buon volere non potrà mai fallire; e notò S. Girolamo, che come furonvi tre gradi nel seme andato a male: la pubblica via, i luoghi sassosi e le spine, così ve ne sono pure tre nel seme che diede buon frutto: il cento, il sessanta, ed il trente per uno. Tocca ora a voi l'interrogare la vostra coscienza per sapere da lei, ed essa sola può dirlovi, quale di queste tre o piuttosto sei categorie sia la vostra. Ad ogni modo, anche a supporre che di tutti abbia ad essere delle tre felici, non vi sfugga, ciò non potersi ottenere, che in patientia; e vuol dire o nell'aspettazione longanime della eterna mercede, ovvero (e questo mi pare il vero senso di questo luogo) nel portare serenamente, e perchè non anche lietamente? per amore di Cristo le sofferenze della vita, le quali sono pel Cristiano ciò che vi ha di più nobile, di più santo, di più fecondo nella vita.

Quanto a me, come il bene delle vostre anime è stato l'unico

motivo pel quale impresi questa grave fatica, e vi posi tutto quel poco che valgo, così ora nel sospenderla a mezzo, supplico il Datore sovrano di ogni bene, vi conceda che Cristo inabiti nei vostri cuori per la Fede: Ut det vobis.... Christum habitare per Fidem in cordibus vestris; acciocchè possiate essere ripieni di ogni pienezza di Dio: ut impleamini in omnem plenitudinem Dei 32. E così sia.

NOTE

alla Lezione quarantesimaterza

1 Fu usato il mapaẞáλλv dell' appres- 6 Nella Palestina seminandosi di Nosare l'una all'altra le navi per la pugna vembre, per quello e pel seguente mese da Polibio (XV, 2. 13), e da Diodoro il seme anche con pochissima terra può Sic. (XIV, 6). in qualche modo germinare, perchè in 2 Quest'uso delle parabole fatto così quel tempo il cielo è comunemente 'colargamente dal solo G. Cristo, senza che perto di nubi. Ma appena queste si dine sia vestigio nell' A. Testamento, o ne leguano, ed il sole risplende scoperto facessero mai uso gli Apostoli nel nuovo, (questo è l'exortus est sol), allora quanto almeno se ne sappia, è cosa no-quel piccolo germe dee rimanere brutevolissima, e potrebbe scemare valore ciato, pel manco di terra, in cui non potè alla ragione, che se ne reca comunemente gettare radice.

dalla inclinazione, che vi aveano i Siri, Benchè delle spine Matteo dica che ed i Palestini in particolare. Per contra-creverunt, e Marco che ascenderunt, querio quella osservazione aggiunge peso sta varietà è solo tra le versioni latine; alla ragione provvidenziale, che se ne ma nel greco è in entrambi áviẞnav, che reca dal testo esposto nella Lezione. risponde al secondo, non al primo. Ma ad ogni modo l'ascendere suppone il cre

3 De Evangelis, Lib. II. N. LVI.

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La circostanza di averlo fatto dalla scere. barchetta è tralasciata da Luca; ma Mat- Questa raccolta del cento per uno teo e Marco che la recano, facendolo non è cosa rara nelle regioni orientali. coll' articolo (is to hotov) mostrano par- Varrone (De Re rust.) asserisce dei campi larsi di una barchetta determinata, la sibaritani, Plinio (Hist. Nat. IV, 23) di consueta, che probabilmente sarà stata Bisacio ed Erodoto (Hist. I, 193) delle quella di Pietro. Nè so vedere per quale campagne babilonesi, che il 200 per 1 ragione il Rosenmüller (Schol. in Matth. era raccolta ordinaria.

XIII, 2.) asserisca seccamente: articulus
To hic indefinite sumitur.

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Marc. II, 13.

? Il xataμóvas o, come oggi scrivono, xarà púvas (sottind. y&pzs) è adoperato da Tucidide (1, 32, 37), da Senofonte (Memor.

III, 7. 4) e da Gius. Flav. (Antiq. Lib.] 16 Quelle parole per loro oggetto imXVIII, cap. 3, § 4). Vi è chi in latino lo mediato riguardavano il popolo giudaico volge per solitatim, in italiano si rende-al tempo del Profeta; ma ciò non toglie rebbe molto bene per da solo. Ma il sin- che al tempo di Cristo potessero avere gularis della Vulgata è ottimamente scelto. un secondo avveramento; il quale non

10 Quel fiunt, come nota il Patrizi essendo imprevisto e meno ancora casua(Commentar. in Marcum h. 1.) è dal greco le, sono applicate non per semplice accomoyíveta:; ora il yívsoba come il latino fieri dazione, ma in senso spirituale agli Ebrei nella Scrittura si prende spesso per essere, posteriori; il quale senso vale quanto il perchè il rispondente 'n (haiah) vale letterale, allorchè è vero.

17 Luc. X, 24.

18 Hebr. XI, 13.

essere e farsi. Volle dunque dire Cristo che a quei di fuori tutto era velato di parabole o figure: il che fu da S. Paolo 19 Di quel desiderio si può affermare, più volte affermato (I. Cor. V, 12. 13; 11. che l' A. Testamento è pieno, e fu accenCor. IV, 16; Col. IV, 5; I. Thess. IV, II.). nato pure Ioan. VIII, 56. Vedi e. g. Ge

11 S. AGOSTINO (De Doctr. Christ. ib. nes. XLIX, 18; Isai. XLV, 8; etc.

1. Cap. 6.) intende quell' habet per bene 20 Il nescitis è nel greco oux oidate, utitur. L'etimologia delle voci non cor- cioè non vedete; e trattandosi di una parisponde ad una tale significazione; ma rabola il non vederla equivale a non inla sentenza nel fondo è la stessa, e si tenderne il senso, il valore ascoso. In alporge molto bene alla morale. cuni testi manca l'interrogativo dopo il 12 Il Crisostomo, Girolamo e l' Auctor parabolam hanc; ma il concetto resta lo Op. Imperf. (ap. Maldon, in h. 1.) di- stesso. scorrendo di ciò, che al popolo ebreo fu 21 È tanta l'analogia tra la dottrina, tolto in pena della sua perfidia verso il λóyos, il sermo ed il seme, che la stessa Cristo, osservano, che agli uomini, per la etimologia della voce sermo da alcuni è colpa del rifiutare il soprannaturale, è in-derivata a serendo; e Plutarco (De puer. flitto il gastigo d'averne ottenebrato an-educ. Cap. IV, § 4) chiama seme la dotche il lume della ragione naturale. Ditrina, il λèyov.

quì si può avere la spiegazione degli er- 28 Il non intelligit è dall'Alapide (in rori mostruosi, in cui questi disgraziati h. 1.) interpretato non penetrat, non capit dànno, e della incredibile inettitudine che vim et sensum verbi. mostrano ad intendere talora verità ele- 23 Si noti che in quest'applicazione vi mentari e vulgarissime. è una continua ipallage o catacresi; cioè

13 Molto male a proposito alcuni mo- uno scambio di generi, pel quale par derni esegeti in questo tratto evangelico rebbe che gli uomini sono seminati (qui vollero vedere una certa somiglianza con seminantur, qui seminatus est, parole ciò, che gli antichi sapienti aveano fatto che non si possono riferire nè a semen, coll' avere una dottrina esoterica pel di nè a σripua), quando veramente il seme fuori, ed un'altra acroamatica pel di den-è seminato, e l'uomo è rappresentato dal tro, per gli adepti. Se ben s' intende chi luogo ove quello è sparso. Ma se ciò sono per Cristo qui foris sunt, si vedrà guasta un poco la grammatica, non alche non vi è neppure una lontanissima tera punto l'intelligenza della parabola. analogia. 24 Matteo e Marco hanno scandalizan

* Matth. I, 23; II, 15; Ioan. XIII, 18. tur; Luca ha recedunt: quello è la ca15 Dell'uso dell' iva, come particella gione prossima, questo è l'effetto. La manon solo finale, ma anche effettiva, reca niera, onde ho reso italiano quel concetto esempii il Grimm. (Lexic. Graec. Lat. in nella Lezione, sembra comprendere enLib. N. I. a. h. v.) trambe le forme.

25 Ogni difficoltà sparisce da questo terminare tutto l'andamento della paluogo, se si considera che nel temporalis, rabola.

derivato da tempus, l'originale ha per 29 11 μέριμνα si deriva da μερίζω ο μερίζοquest'ultimo non xpóvos, ma xaipos, che è pat, che vale diversas in partes distrahor, propriamente tempo opportuno od occa- come fu detto da Terenzio (Andr. Act. 1. sione. Seneca (Epist. IX) ha temporaria sc. 5. v. 25), e da Virgilio (Aeneid. Lib. liberalitas. IV, v. 285); e di quì la solicitudo, che 26 È quello che S. Paolo (Hebr. X, scerpa in certa guisa l'anima. 34) disse perà xapās, ivi pure voltato per 30 GREGORIUS M. (In Evang. Homil. cum gaudio. XV.) Dove dopo di aver detto, che le cure 27 Nella tribolazione si potrebbe ri- secolaresche, massime delle ricchezze, sofconoscere ciò che si soffre in privato, focano il seme della parola divina, quia nella persecuzione ciò che dai pubblici importunis cogitationibus guttur mentis poteri. strangulant, soggiunge: Et dum bonum

28 In questo luogo S. Luca lascia l'ipal-desiderium intrare ad cor non sinunt, lage indicata nella Nota 23, e dà per se-quasi alitum flatus vitalis necant. Notanminati non gli uomini, come sembrano dum etiam quod duo sunt, quae divitiis dire Matteo e Marco (Qui seminatus est iungit; solicitudines videlicet et voluptates; dice il primo; Et alii sunt qui in spinis quia profecto et per curam mentem oppriseminantur ha il secondo); ma propria-munt, et per affluentiam resolvunt.

31 GREGOR. 1. c.

32 Ephes. III, 16, 19.

mente il seme: Quod autem in spinas cecidit, cioè il semen. La noto, perchè questa è la maniera propria, che deve de

FINE DEL SECONDO VOLUME.

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