Obrazy na stronie
PDF
ePub

ANTOLOGIA

N. XCVIII. Febbraio 1829.

Histoire des Français par J. C. L. SIMONDE DE SismonDI. Paris 1828. Vol. X, XI, XII.

[ocr errors]

ART. V.

(Vedi Antologia Vol. XXVIII. B. p. 144.)

Di è parlato altra volta in quattro separati articoli dei primi nove volumi della Storia dei Francesi, ed ora che sono esciti alla luce tre nuovi tomi; che contengono la storia di Francia dal 1328 al 1431, fa mestieri riprendere il nostro discorso dal punto in che lo lasciammo coll'ultimo articolo. Solo ci piace ricordare colla maggior possibile brevità le cose più importanti de' primi otto secoli, de'quali abbiamo già discorso.

Dal quinto all'ottavo secolo la storia ci pone sott'occhio il luttuoso quadro della decadenza di tutti i principii della civiltà. Tu non vedi più nè sicurezza esterna, né autorità di leggi nell'interno che raffreni le soverchierie de' potenti, nè rispetto di civili proprietà; ma invece, una successione di invasioni dalla Germania nelle Gallie, dall' occidente delle Gallie nell' oriente toglie ai miseri abitanti ogni godimento di pace; al che si aggiunge al

principiar del secolo 8.o la potenza de'Saraceni in Spagna, che compromette l'esistenza politica de'Franchi. Frattanto le lettere vengono meno; ed il clero prendendo i costumi de' barbari accresce la somma delle pubbliche calamità. Onde la penuria di scrittori di storie ci avverte del miserevole stato di abiezione in che era caduta la nazione sotto de' principi che il giudizio severo della posterità ha chiamati scioperati ed inetti. Ma l'astuzia ed il valore de' meres del palazzo, intorno alla legittima autorità de' quali pochi lumi fornisce la storia, inalzando al trono una nuova dinastia, ci mostra la nazione salita al finire dell'ottavo secolo ad un grado di possanza cui per l'avanti non era mai potuta arrivare. Carlo Magno estende il suo impero in Germania ed in Italia, tenta ritornare in onore le lettere, riduce a civiltà alcuni popoli estende, con modi crudeli però, il dominio della religione cristiana, ma contuttociò non riesce a dare ai francesi giorni felici, nè a gettar solide basi di maggior civiltà. Di questo grand' uomo sono rimaste in retaggio all' Europa due massime di diritto pubblico, che per molti secoli han dato cagione di guerre, di scismi, e di civili discordie; intendo parlare del ristabilito impero romano, e dell' assoggettamento del poter civile ai ministri del potere ecclesiastico. D'altro resto poi in meno di cinquanta anni spari ogni avanzo di gloria nazionale, fatto che per sè solo risponde ai sistemi coniati dagli storici intorno al regno di Carlo Magno.

Dalla seconda metà del VIII secolo sino quasi al finire del X la Francia ricadde in più basso stato che non fosse prima di Carlo Martello. Ma la feodalità facendo sì che almeno i nobili, vale a dire i gran proprietari di terre e di servi, fossero liberi e guerrieri, ritornò in meglio al finire del X e nell' Xl secolo la condizione politica della Francia, e stabilì almeno la sicurezza da'nemici di fuori. Per le stesse ragioni che spingevano i nobili a cercar libertà e sicurezza nell'ordine dei feudi, i borghesi si garantivano dalle violenze deʼsignori col reggimento municipale. Frattanto l'autorità de' re consisteva più nel

nome che nel fatto, e ritrovavasi più nei diplomi che legittimavano l'accaduto che nelle operazioni di effettivo governo. Nondimeno lo spirito cavalleresco, l'entusiasmo religioso e le crociate cominciarono ad allargare il cerchio delle comuni idee ed a far viemeglio sentire ai nobili ed ai comuni il pregio dell'unità nazionale. Sicchè vediamo nel XII secolo risorgere il poter regio che nel X e nell'XI era caduto al più basso segno di avvilimento.

Sarebbe difficile far le parti giuste in questo trionfo della monarchia, alla potenza de'nomi, allo spirito cavalleresco, alle crociate, ai sussidi dei comuni, all'astuzia, al valore e alla duplicità de're; solo si può dire che tutte queste cause contribuirono all' effetto: il quale era in gran parte ottenuto nel XIII secolo, da che vediamo in quel tempo il poter regio preponderante nel sistema politico di Francia, benchè non fosser distrutti nè la potenza de'feudatari, nè i privilegi de' comuni, nè l'indipendenza dell' aristocrazia ecclesiastica. La monarchia si volse allora a forme legali, e l'autorità della legge cominciò a soggiogare la fisica forza. Ma alla legge mancava garanzia politica perchè non vi era legittima distribuzione di poteri, che rappresentando con giusta proporzione i diversi interessi sociali, tornasse a formare la legittima unità dello stato; mancava poi anco quella specie di garanzia morale che consiste nell' avanzamento delle idee di probità e di giustizia nella maggioranza della nazione. Però al buono e savio Luigi IX succedette per breve tempo un inetto, indi ne venne un tiranno, da che gli uomini onesti di qualunque pensare saprebber difficilmente chiamare con altro nome Filippo il Bello. Il quale or con atti di crudeltà or con arti di perfidia oppresse i grandi, si tenne a forza devoto il clero, ruppe la fede de'contratti, e dette un gran colpo all' autorità papale conculcando Bonifazio VIII e tenendo Clemente V in tal dipendenza dai suoi voleri, che quasi la diresti schiavitù. Ma la discendenza dell' uomo che avea violato ogni modo di libertà, venne in breve a mancare (1328), e ad accrescere le miserie della Francia nacque disputa fra gli agnati ed i cognati per la

successione al trono, da che il principio di diritto pubblico che dicon della legge salica non per anco era fuori . di controversia.

Nei tempi di maggiore barbarie usava sciegliere fra più concorrenti della stessa famiglia il più valoroso, quelli che sembrava dover riescire miglior capitano; di poi i prefetti del palazzo non avean dato luogo a disputar di legge. Tale era il regno della forza. Venuto il regno della legge fu mestieri ai popoli soffrire molti guai, sostener guerre ignominiose non per interessi nazionali ma per una questione di persone. Di che alcuni soliti ricavar con troppa fretta una teoria dal semplice confronto materiale de'fatti, potrebbero trarre argomento a sostenere migliore il regno della forza del regno di ragione, laddove considerando meglio le cose parrebbe si dovesse piuttosto concludere esser forse minori i mali della violenza aperta di quelli della violenza aiutata dalla frode cui si sia dato un santissimo nome. La legge in quei tempi dettata dai soli potenti risguardava soltanto il loro vantaggio, ed il nome di giustizia valeva a contenere col sentimento del dovere i più, che colla forza aperta per lungo tempo non si sarebbero potuti dominare. Ma quegli ordini sociali pei quali o in un modo o in altro si mettono in opera i prinpii che risultano dal considerare la società come un ente morale che ha un individualità distinta affatto dalle persone riunite peʼvincoli sociali, che stipula per tutti, che ha de' rappresentanti de' ministri e de' soggetti ma non dei signori, gli ordini civili conformi a questi principii, lo ripeto, erano ignoti in quel tempo ai francesi. Non è da credere per altro che fossero pienamente ricevuti i principii contrari, poichè l' assurdo delle sovranità patrimoniali non ha fatto mai parte del senso comune che suole esser retto, ma si è generato dalle scuole che sogliono spesso fallire. Nondimeno la lotta dell' intimo sentimento che diceva a tutti, il poter sociale dovere essere un procuratore della comune utilità, col fatto che lo mostrava quasi semplice strumento patrimoniale de' potenti, accresce le difficoltà che s'incontrano nel definire qual fosse la condizione po

« PoprzedniaDalej »