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Parlando del governo Romano, dice il Gravina, ( della Trag. XVIII)" che le fibre sue più interne e i linea menti più fini di quel costume, senza la giurispruden,, za, per entro la sola erudizione assai grossolanamente e confusamente si raccolgono.,, In tutte le cose umane, e più chiaramente nelle istoriche, le questioni di fatto non possono separarsi dalle questioni di diritto, nè quelle di diritto da quelle di fatto. Il più degli storici non ha forse sufficientemente pensato a questa difficile unione ; e al rincontrarsi in un fatto, secondo le loro idee, luminoso e magnifico, lo lodarono senza cercarne le ragioni, le intenzioni, gli effetti; come i Politici al rincontrarsi in u n sistema, al parer loro, utile o bello, o neglessero i fatti che su quella teoria potevano gettare un lume troppo positivo, o ve li adattarono contorcendoli. Così la politica sistematica somigliò sovente a un romanzo, e la storia romanzesca a un sistema.

Tutto quello che tiene alla greca e alla romana grandezza, fu per lungo volger di secoli da gran parte del mondo esaltato, non dico a torto, ma senza che la moltitudine de' parlanti e degli scriventi rendesse a sè stessa una ragione chiara di tanta ammirazione. L'ideale del bello, del buono, del vero, del grande si volle trovare in que' costumi, in que' governi, in que' caratteri, in quelle opinioni, in que' libri. L'arte nativa e incantatrice, diffusa negli scritti e poetici e storici di coteste due singolari nazioni; l'antica abitudine di conformare dai prim' anni lo spirito a quelle idee, d' imitarle, di copiarle negli scritti nostri, di trasfonderle insomma negli animi ancor più addentro che le stesse nostre idee religiose; la presenza e la memoria immortale de' monumenti da quelle lasciati; quell' aria d'amenità e di gaiezza che sparsa in tutte quasi le parole e le opere loro, vestia di forme brillanti la strage stessa e il delitto; l'antichità che con la sua lontananza rende tutto desiderabile a certi uomini stanchi del presente; l'ignoranza di certi fatti e di certi costumi ; certa conformità di caratteri; l'orgoglio quasi nazionale che ci facea riguardare come qualche cosa di

proprio i destini d' Atene e di Roma, tutto insieme val se ad inculcare negli animi codesta venerazione, codesto affetto non sempre meditato e però talvolta eccessivo. Se qualch' uomo di buone intenzioni sorse a condannare la stupida ammirazione ed imitazione de' Greci e de' Latini modelli (la quale par da certuni vietata in parole, ma col fatto è inculcata, poichè que' modelli sono i primi e gli unici in cui la gioventù per dieci anni si specchia); se qualcuno oso dire che più largo campo ormai conveniva sin dal principio aprire alle menti fu gridato alla bestemmia; e si sarebbe gridato ancor più, se si fosse compreso che questo mutamento della educazio. ne letteraria portava seco di necessità un mutamento e ben più notabile nella morale. Le false idee sulla libertà, sullo spirito di conquista, sulla fortezza, sull' amor della gloria, che dominarono e dominano ancora nelle menti di molti, non come teorie (che troppo ci sarebbe da arrossire), ma come sentimenti, ch'è peggio; si debbono in gran par te, a mio credere, non solo a certa natural debolezza dell'umano orgoglio, ma in buona parte alla lettura e allo studio continuo de' greci e de' latini modelli. Al vedere certe idee arbitrarie e fattizie di valore, di grandezza, di gloria poste in sì vivo lume, l'uomo che dalle sue massime religiose fiaccamente insegnate, ne riceve una confutazione sì languida, non può non se ne invaghire a poco a poco, non può non n'essere, talor anche senza saperlo imbevuto. Con questi principii fu scritta la storia greca dai più si condannarono, è vero, certe azioni apertamen te detestabili; ma lo spirito ch'era il più condannabile, lo spirito che serviva a quelle di spiegazione insieme e di scusa, fu riverito ed amato.

IV. Egli è però facile, per fuggire un eccesso, gettarsi, quì come sempre, all'eccesso contrario; e al vedere in tanti de'Greci antichi quelle virtù senza fondo, quella politica senza giustizia, quella vivacità senza freno, quell'amore di gloria senza scopo, disconfessare quant'è nel carattere loro di vera grandezza. In tutte le cose gió. verebbe sempre cercare ne' pregi il difetto e ne' difetti il

pregio; diffidare non solo della cieca ammirazione,

ma

del cieco disprezzo: e ciò sarebbe da raccomandare segnatamente a taluno di quegli oltramontani, che giudicarono la politica e le conquiste di Roma. Ci lamentiamo che qualche popolo conquistatore abbia del suo peso compresse le forze vive e resistenti di governi che già furon grandi; ci lamentiamo che ne abbia distrutte fin le memorie, ch'abbia tentato di stritolare il rilievo di quel carattere ch' una nazione indipendente porta impresso in ogni opera sua. Ma nelle vicende storiche, se non si voglia donar tutto al caso, convien pur credere che qualche gran legge, regolatrice de'grandi mutamenti, ci sia; che quando un popolo non ha più forza di reggersi da sè, allora solo viene una estrania forza a comprimerlo; che i conquistatori non rompono un ordine, un'armonia, se non per la sciare a una mano più forte della loro l'uffizio di ricom. porre un ordine più vasto, un' armonia più sublime; che il bene può talvolta esser puro di male, ma il male non può mai essere al tutto privo di bene. Non è necessario, a dir vero, difender lo spirito di conquista, perchè la venerazione del nome romano è ancor fresca ; perchè l'Europa sente ancora l'orgoglio di possedere milioni di soldati, pronti a spargere il sangue ad ogni occorrenza; e perchè passeranno ancora molti secoli prima che l'ammazzare uomini a migliaia, prender città, e riscuotere più tributi del solito, cessi di parere una onorevolissima cosa. Ma quando questi secoli saranno passati, quando gli uomini si annoieranno di sentir parlare d'Atene e di Roma come di due governi esemplari, allora un filosofo spassionato avrà forse licenza di dire che Sesostri, Alessandro, Cesare, Attila, Carlomagne, non nascono se non quando ci ha dei principi nati per istrascinare il carro del vincitore e far le veci di buoi, quando ci ha de' re che vanno alla guerra con qualche migliaio di concubine; quando ci ha degli uomini liberi che gettano gli uomini servi in preda ai pesci; quando in tutta l'Italia non ci ha che un Romano ch' abbia delle minacce e delle promesse da fare; quando la nazione ha perduto il carattere, la lingua, la

coscienza di sè medesima : quando.... Ma lasciamo l'impaccio di finire il periodo al filosofo spassionato che nascerà di qui forse a trenta secoli: e seguitiamo.

V. Atene e Sparta: ecco dove vien quasi tutta a restringersi la parte più luminosa della Storia Greca celebrità, direbbe taluno, dovuta alla maggior prepotenza di quelle due città, o, direbb'altri, ai più gravi errori da loro commessi. Io non dirò nè questo nè quello, poichè ne' governi riputati i più giusti, io veggo quasi sempre una o poche città dar la storia dell'intera nazione. Le memorie che delle altre parti di Grecia ci ha conservate il tempo, dimostrano che il carattere greco teneva dell' Ateniese o dello Spartano giusta certe leggi di clima e d'origine. Il clima e l'origine paiono i due punti cardinali di tutte le storie, e di quelle principalmente de' popoli italiani e de'greci : senza ciò non si spiega la tanta diversità di caratteri, di costumi, d'ingegni, di lingue in un popolo stesso. Il suolo calcato, l'aere spirato dall' uomo, ha i germi in sè del costume publico, è quasi il commento della patria storia: e una descrizione geografica della Grecia, premessa alla narrazione delle vicende che s'alternarono in quella terra beata, sarebbe, sapientemente fatta, viva parte di storia (1). L'altra chiave, se così può dirsi, de' fatti, è l'origine primitiva de' popoli ; con la qual cosa si spiega la differenza del carattere Attico dallo Spartano, differenza che il terreno comune per tanti anni abitato aveva poi in certi punti sensibilmente scemata; sicchè nell'essenziale e nello spirito di quelle due

(1) Egli è un pensiero utile e bello del sig. Augusto Fabre, che consiglia i greci moderni a rifondare le loro città ne' luoghi stessi che le antiche memorie "Les sites choisis par les ci attestano più salubri al corpo e allo spirito.

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anciens pour les fondemens de leurs villes, seront les guides les plus sûrs que les Hellenes puissent choisir pour la reconstruction de la Grèce : l'état où se ,, trouvait leur pays lorsqu'il était vivifié par l'indépendance, pourrait seul lear faire présumer ce qu'il sera quand les ruines, les marais, les fanges fétrides, et lex exhalaisons meurtrières qu'y répandit le despotisme, auront dispara ,, avec lui.

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T. XXXIII. Gennaio.

repubbliche, troverebbesi, ben riguardando, più conformità che non paia (2).

VI. E dall' unione appunto di coteste due cause potrebbe ritrarsi la forma generale del carattere greco. La clemenza del cielo, la bellezza del suolo, e la ben commista varietà delle stirpi straniere ed indigene, diedero alla greca bellezza il suggello d'una perfezione, non grave, nè, come il Manzoni chiama la bellezza lombarda, molle e maestosa, ma svelta, animosa, e piacente. Quest' armonia delle parti esteriori non è che un indizio dell'armonica struttura dell' uomo intero: e la perfezione della macchina fisica è il simbolo della proporzione che regna o potrebbe regnare nei movimenti della forza interiore.

Ora, l'armonia de' movimenti o dell' animo o dell'ingegno ha sempre compagne la facilità de' mezzi e l'unità dello scopo. La facilità genera franchezza; l'unità è indivisibile dalla dirittura, e dirittura è il medesimo che finezza. Franchezza e finezza: ecco il carattere greco. Questo carattere spira e nella virtù e nel laconismo di Sparta, e nel coraggio e nell' arguzia d'Atene : questo ha dati alla Grecia i grandi eroi, i gran poeti; ha ispirato Leonida ed Eschilo, Tirteo e Senofonte: sue figlie sono la battaglia di Salamina e l'Iliade. Quest'è che colloca il bello greco in mezzo alla sublimità orientale e alla gravità italiana: quest' è che rende originale Anacreonte più del Petrarca, e Saffo più di Tibullo. Quest'è che rende il Greco talvolta superbo, disprezzatore dello straniero, ciarliero, mendace; ma valoroso, amorevole, pietoso, magnanimo. Quest'è che creandosi con agilità portentosa e con precisione unica, un mondo ideale, è bastato a formar la più brillante di tutte le mitologie : quest'è che troppo spingendosi nell'ideale, e sdegnando anche ne' doveri più sacri i vin

(2) La distribuzione delle razze è il principio che dà vita e colore all'istoria de'Galli recentemente scritta da Amedeo Thierry, dove qualche ornamento rettorien è bene da perdonarsi all'amor patrio; ma lo spirito dominante ben mostra la molta distanza ch'è tra la scuola storica del secolo decimottavo e quella del nostro.

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