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che i Romani ritennersi l'antico loro Diritto, della cui scienza ed uso serbansi non poche tracce sparse nella collezione delle stesse leggi Burgundiche, non che nel codice ordinato pei romani sudditi di quel regno e che nelle edizioni comunemente s'intitola da Papiano.

I. Leggi Burgundiche. Di queste leggi arrivò sino ai dì nostri una collezione, preceduta da due prefazioni, partita per titoli e compilata in due diversi tempi, sempre però sotto la signoria dei veri Re Borgognoni che furono avanti al conquisto dei Franchi. Nel silenzio dell' istoria intorno alla loro compilazione pensa il Savigny che una raccolta di leggi, composta della massima parte di quelle a noi pervenute, venisse pubblicata da Gundebaldo re, il quale ci avrebbe apposta la prima prefazione; e che il re Sigismondo, fattovi poi nuove aggiunte, correndo il secondo anno del suo regno (an. 514) le pubblicasse con l'altra prefazione sottoscritta da 32 Conti. Anche le due appendici che dietro traggono alla raccolta sarebbero state pubblicate dal re Sigismondo, se non forse da Godemaro ultimo che fu della vera stirpe dei Re Borgognoni. Trovansi in queste leggi alcune evidenti vestigia della conoscenza ed uso del Romano Diritto, che per certa consomiglianza d'espressioni sembra attinto al Breviario Visigotico, e sua interpetrazione, già stato pubblicato pochi anni prima (an. 506). Le particolari disposizioni di gius romano passate nelle Burgundiche leggi, governano: I. La donazione nuziale di cui non resta che l'usufrutto alla donna borgognona, la quale passi alle seconde nozze. 2.o Il repudio. 3.o I liberti, ai quali niegasi facoltà di chiamare in gius il patrono per le piccole offese. 4. Le donazioni e i testamenti da farsi alla presenza di cinque e sette testimoni.

Del resto, vissero i Borgognoni anche dopo il conquisto dei Franchi, con le proprie leggi, come lo attestano Carlo Magno in un suo Capitolare (1), Marculfo, Agobardo (an. 840) ed Jaconaro (2).

II. Legge Romana de'Burgundi o Papiano. Papiano. Circa la metà del XVI secolo pubblicò il Cuiacio una operetta (3) che indi in poi venne in tutte le edizioni intitolata : Papiani liver respon

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(2) Agobard. Ep. ad Lud. Pind. Bouquet T. VI, p. 356. Hinemar, de Divort. Lothar. et Tethergae Interrog. 5, T. 1. Opp. pag. 598 e Opusc. a. 16. T. 2. Opp. p. 234.

(3) Sotto il C. Th, Lugd. 1566 fol.

sorum, o, Papiani Responsum. Questa operetta è appunto quella legge che 'nella seconda prefazione delle Burgundiche venne da quei re promessa ai loro romani sudditi. Ne fà riprova il vedersi che i titoli e materie della medesima ricorrono quali appunto nella compilazione delle Burgundiche (4), che non altrove se. non fra quelle se ne rinnovassero de' simili, e, che o nell' una o nell' altra collezione giammai non manca il titolo o la materia corrispondente, se non quando sarebbe disconvenuto o all' uno o all'altro dei popoli, onde formavasi il regno. Dipiù, perfettamente simile nelle due leggi è il modo di punire o di comporre gli omicidi, e diversa affatto da quella d'ogni altro germanico popolo. Quanto al tempo in cui venne condotta l'opera si vede manifestamente avere la raccolta delle Burgundiche preceduto a Papiano ed esserne stata come l'originale, poichè Papiano spesso allega per fonte la legge del re. Ma per contrario sembra aver Papiano preceduto alle appendici, giacchè nella prima delle medesime leggonsi alcuni titoli di Papiano d' alcunchè variati, ove citasi per fonte la legge di Teodosio, che in quel libro ritrovasi assai più completa e meglio insieme ordinata.

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Primo di tutti ad avvisare l'origine burgundica del nostro libro fu il Cuiacio, il quale si contentò di darne solamente un cenno, ma il Lindenbrog, avendolo confermato con buone ragioni, fece che s'abbracciasse dai più questa opinione, la quale venne finalmente dall'Eineccio collocata nella più salda ed evidente dimostrazione. Che l'autore suo fosse chiamato Papiano può essere ma questo nome dell'Autore aderendo unicamente al titolo di libro dei responsi che non conviene all'opera, manca ogni autorità per crederlo. Oltracciò, nel migliore dei MSS. ella è intitolata semplicemente Lex Romana così al principio come alla fine; e il MS. parigino mutilato da principio non ha il nome di Papiano alla fine. Onde la conoscenza del nome dell'Autore dee riferirsi alla prima edizione che di quest' opera fu fatta dal Cuiacio correndo l'anno 1566; ed ecco al dire del Savigny per qual modo quell' illustre giureconsulto l' avrebbe per ishaglio attribuita a un Papiano. È da sapersi che nei MSS. per l'ordinario il nostro libro trae dietro al breviario Visigotico, e il Breviario finisce con un frammento del primo libro de' Responsi di Papiniano, ivi corrottamente chiamato Papiano. Ora non è improbabile che il Cuiacio s' ebbe tra mano un Breviario completo

(4) Vedine la tabella dimostrativa in questo vol. del Savigny p. 13. E in Iteinecc. Antiq. German. T. 1 , P. 310-319.

sotto cui senz'altro titolo e senza segno che incominciasse una nuova opera, veniva quella di cui parliamo, e che da lui fù ritenuta per la prosecuzione o riempimento del primo libro dei Responsi di Papiano; e, poichè l'opera doveva attribuirsi ad un ignoto Giureconsulto, non consentendo la cronologia od altro d'assegnarla al celebre Papiniano, quindi la intitolò da Papiano. Infatti nella edizione del 1566 il piccolo passo del vero Papiniano, forma il primo titolo della nostra opera. Coll' andare del tempo ravvisò il Cuiacio l'errore, e l'emendò tacitamente restituendo a Papiniano il suo passo, e incominciando la seconda edizione della nostra opera dal vero primo suo titolo: sennonchè le mantenne senza ragione quel vecchio suo titolo Papiani liber Responsorum che in guisa alcuna non le si addice. La qual conghiettura circa l'errore del Cuiacio si rende assai verosimile dal vedere, gli stessi Padri Maurini, che tanti mezzi avevano per evitarlo, vi ricaddero anch'essi nel secolo passato.

come

È repartita l'opera in quarantasette titoli. La derivano alcuni dal solo Ereviario Visigotico; ma s'ingannano: che ne derivi in qualche parte lo persuadono l'epoca della sua compilazione, l'uso del Breviario precedentemente fatto anche per le Burgundiche, e specialm ente poi quel vedersi che in più luoghi della medesima ripetesi quasi a parola la gotica intrepetrazione. Ma non per questo si rende meno evidente essere stata l'opera per la più parte tratta da pure ed immediate romane fonti, essendochè alcune volte sia la sola che di quelle ci offra una traccia; nel che consiste il massimo suo pregio pei legisti. E poi così mal condotta che a stento vi si riconoscono quei passi di gius romano che d'altra parte giunsero insino a noi: ciò nondimeno, ove seriamente si dasse mano a farvi sopra un lavoro critico (5) crede il Savigny che se ne ritrarrebbe egregio partito, come confermasi per prova da esso fattane sur una bella conghiettura dell'illustre erede del Vico sig. B. G. Niebuhr (6).

(5) Lo ha tentato in parte il sig Barkow nel suo "Specimen editionis legis Romanae Borgundioram (vulgo Papiani liber Responsorum) et foncibus I. R. illustratae Berolini 1817. Cf. Savigny vol. III aggiunte e correzioni a questo secondo volume, pag. 660.

(6) Aveva conghietturato il Niebuhr (Storia Romana P. II, pag. 392) che ogni terra limitata dee venire considerata come ristretta in certi confiai, e indivisibile quindi come reale. Onde tra le altre si spiega il perchè nella pratica dei romani le parti ideali s'incontrino assai più spesso che nella nostra. Ora il titolo 17 di Papiano dice: « Agri quoque communis, nullis terminis limitati exae. quationem inter consortes nullo tempore deneganda:a. (Ex-quatio,sıg silica par

Questa Romana Legge dei Burgundi perdè probabilmente gore in pratica quando il regno loro fu conquistato dai Franchi, presso i quali si usava il Breviario assai più copioso e meglio accomodato ai bisogni de'tempi.

Capo VIII. DRITTO ROMANO TRA I VISIcati. Anche tra'i Visigoti serbansi le vestigia del gius nostro sì nella raccolta delle leggi proprie a quella nazione, come nel codice particolare ai Romani. Da questo come più antico incomincia l'Autore le sue ricerche.

1. Codice dei Romani e Breviario. Dal Rescritto o Avverti mento (Commonitorium) preposto a questo libro sappiamo che la sua origine fu la seguente. Alarico secondo (regnò dal 484 at 507) per mezzo di Gojarico conte del palazzo, convocò un collegio di giureconsulti naturalmente Romani, che compì l'opera nella città d'Aire(Aduris) in Guascogna correndo l'anno 22 del suo regno (506). Compiuta l'opera venne presentata ad una assemblea di romani vescovi e nobili laici che l'approvarono. Ad ogni conte ne fu spedita copia (a noi giunse memoria di quella diretta a Timoteo ) firmata da Aniano Referendario del re, perchè quei soli esemplari da lui firmati doveano avere pubblica autorità. A ciascheduna copia andava unito quel rescritto (Commonitorium) in cui narravasi l'origine dell' opera e n'era prescritta l'applicazione sotto gravissime pene: rescritto che leggesi in ben poche copie de'MSS. a noi giunti, perchè in quelle eseguite per privati dovè considerarsi come inutil pena il trascriverlo. Non ebbe questo libro nome suo proprio. Alcuni scrittori lo chiamarono Lex Romana ed altri Lex Theodosii dal suo contenuto. Nel XVI secolo tolse nome di Breviario o Breviario Alariciano. Deriva da' fonti di due specie, cioè dalle costituzioni e dalle opere dei legisti; quelle han nome di leggi, queste di gius; e il più singolare si è

tizione reale; Ducange T. III, p. 195) cioè: “ Dei comuni appezzamenti pub ciascheduno dei proprietarii in ogni tempo e senza tema di prescrizione domandarne la real divisione, bene inteso per altro che non sieno terre limitate.,,. Tale spiegazione del nostro passo conferma ciò che per molte intime prove avea conghietturato il Niebuhr. E infatti, ove altramente lo si spiegasse, cioê dei comuni appezzamenti finchè non siano realmente divisi ec, la dizione communis in primo luogo sarebbe tauto-logica dell'altra nullis terminis limitati tanto, quanto non lo consente lo scrittore delle medesime; e inoltre bisognerebbe ri❤ Dunziare alla certa significazione che dell' ager limitatus danno gli antichi legisti nelle Pandette leg. 1, § 9 D. deflumın (43, 12) leg. 16 D. de Adquir. 1er. dom. (41, 1) Saviguy pag. 33, et seg.

che le costituzioni tratte dai codici Gregoriano ed Ermogeniano vengono collocate fra il gius e non fra le leggi, sicuramente perchè quei codici furono per privata autorità compilati. Nè quelle fonti sono come nelle Leggi Romane dei Burgundi o nelle Pandette troncate per ordinarle a materia, ma sibben furono lasciate in modo, che ciascheduna forma di per sè sola un insieme. Per numero ed ordine sono come appresso disposte :

I C. Th. libri XVI.

2 Novelle di Teodosio, Valentiniano, Marciano
Maggioriano, e Severo.

3 Gajo, le instituzioni.

4 Paolo, le sentenze libri V.

5 Codice Gregoriano titoli XIII.

6 Codice Ermogeniano titoli II.

7 Papiniano lib. I dei responsi (un solo passo).

Nè questo numero e quest' ordine è da riputarsi come casuale o proprio dei privati MSS. poichè per Luone ragioni argomentasi dal Savigny che in detta guisa venisse originariamente concepita e disposta l'opera; senonchè coll' andare del tempo alcuni passi, ed in ispecie del testo, sarebbero stati qua e là resecati', onde per questo unico lato, e lo si è fatto in parte, potrebbe pel confronto di molti MSS. sperarsi un arricchimento dell'altronde eccellente edizione fattane dal Sichard (7). Gli autori del Breviario estrassero ed interpetrarono, ma non alterarono le fonti onde attinsero, lo che si rende chiaro pel confronto col genuino codice Teodosiano. Non che peraltro quà e là non s'incontrino alcune leggiere mutazioni, ed una grandissima ne fu operata certo dal legista cui toccò lavorare su Gajo, che lo rifuse tutto in guisa da risparmiarsi poi la fatica di aggiungervi quella interpetrazione che trae dietro a tutte le altre parti di questo codice, eccetto i luoghi di per sè manifesti. Fu detta interpetrazione fatta contemporaneamente dagli stessi autori, ed è talvolta una parafrasi, tale altra un'ampliazione, e ben di rado un cangiamento del testo giusta le consuetudini locali o le nuove leggi. Quantunque questo libro sia per noi di un pregio indicibile, avvegnachè solo ci abbia conservate alcune delle fonti del gius nostro più rilevanti, come le sentenze di Paolo e i primi V libri del codice Th. (8) ciò nondimeno se avvertasi al gran nu

(7) C, Th. libri XVI ec. Basileae Henric. Petrus mense Martio, anno 1528 fol. min.

(8 Che una buona parte di questi cinque libri venisse ritrovata contem-
T. XXXIII. Gennaio.
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