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concesso, onde farlo con maggior verosimiglianza e produrre in noi una più compita illusione. Ma quello in che Richardson più si assomiglia a Shakespeare è l'arte squisita, o per meglio dire l'istinto di delicatezza, con cui ci rappresenta i caratteri muliebri più perfetti e più cari. In un secolo rozzo e licenzioso, il fiero e spesso cinico Shakespeare ha trovati colori di mirabile purezza e soavità per dipingerci quella sua Cordelia, quella sua lessica, quella sua Ofelia, quella sua Desdemona, quella sua Imogene. Dopo tali donne vengono certamente Enrichetta, Clementina, Pamela, Carlotta, Clarissa, che il non dotto Richardson, nato per vero dire in un secolo assai più gentile di quello di Sha kespeare, ha saputo immaginare, e in cui brilla il bello ideale dell' anima umana, l'uninione più perfetta della grazia e della virtù.

Ne tacerò la giudiziosa difesa di quella prolissità, che gli è generalmente imputata, e alla quale, secondo Villemain, dobbiamo quella compita illusione che si accennava pocanzi. Si, egli dice, vi hanno nel romanzo, che porta il nome di Clarissa, lungherie interminabili. Per farci conoscere tutta la famiglia Harlow, per farci conoscere Lovelaccio e i suoi amici, per dipingerci quella società non fittizia ma reale, che in mezzo al decimottavo secolo dava all' Inghilterra il tristo spettacolo d'una corruzione per così dire previlegiata, Richardson empie ben molte pagine, scrive ben molte lettere. Ma era egli possibile d'ottenere per via più breve lo scopo ch'ei s'era proposto? La forma epistolare, da lui adottata, non era ad un tempo il solo mezzo di darci una pittura così fedele, come quella che ci ha data, e il mezzo di renderla inevitabilmente sì lunga? Può dirsi peraltro che nella sua prolissità egli è stato rapidissimo. Nessuno più di lui ebbe l'arte di schivare le ripetizioni, di dar rilievo ai fatti e a' pensieri col solo metterli in bocca di tale o tal' altro personaggio, infine di unire all'abbondanza delle cose l'economia dell' intreccio, il che tien sempre vivi gli affetti vari de' lettori. Così spiegasi la loro ansietà, allorch'egli andava pubblicando i volumi della sua Clarissa, le loro preghiere di proseguir la sua

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storia, le loro suppliche or riguardo a Lovelaccio or in favore della sua vittima innocente. Del resto, osserva Villemain, la letteratura non solo riproduce i costumi della società, ma dipende ancora da certe forme, da certi accidenti della società medesima. Al tempo, in cui la Clarissa venne in luce, l'Inghilterra politica, cioè la classe predominante dell'Inghilterra, serbava ancora ne' suoi costumi un nonsochè di domestico, di grave, di solitario che permetteva e le lunghe riflessioni e le lunghe letture. Là ne'suoitanti castelli, fra la pace di quelle famiglie somiglianti a tribù, leggevasi senza alcuna fretta nelle lunghe sere d'inverno un lungo romanzo, e questa sua lunghezza, nella mancanza d'altri libri dilettevoli, dovea sembrare un prolungamento di piacere. In uno stato assai diverso di società, fra una gran moltitudine di libri d'ogni genere, quando si abbreviano le storie più serie perchè sieno lette, quando la verità appena può trovare udienza, certo la finzione non ha diritto di pretenderla a lungo. Riconosciute però e dichiarate le conseguenze di questo stato, ch'è il nostro, bisogna per giustizia e buona critica dimenticarle, onde ben giudicare un monumento letterario che appartiene ad un tempo già da noi lontano.

Ma è pur forza ch'io venga alle tre lezioni già accennate, il cui argomento è troppo più importante che quello delle due prime. Esse riguardano gli storici inglesi, ne'quali, al dir dell' autore, l'imitazione de' francesi è così visibile come ne' tragici contemporanei. Il primo in cui apparisca tale imitazione è Hume, ammirato in Francia più ancora che in Inghilterra, e gran propagatore in Europa di quella scuola storica, la quale porta il nome di filosofica, ed è forse così lontana dal vero gusto della storia com'è lontana dal gusto degli storici dell'antichità.

In che differisce questo gusto da quello della scuola indicata; e in che differisce dall' uno e dall'altro il gusto vero della storia? Io non istarò quì a ripetere, dice l'autore, ciò che già troppe volte è stato detto degli storici antichi. Ne' tempi moderni, prima del rinnovamento della storia, cominciato da Montesquieu, compito da Voltaire,

e seguito da Hume, tre scrittori principalmente mi sembrano aver lasciato una traccia profonda nella carriera storica, Machiavello, De Thou, e Bossuet. Ciascuno di essi tien via assolutamente diversa da quella degli altri due; ciascuno adempie, pel tempo almeno in cui ha scritto, alle principali condizioni della storia; nessuno sicuramente presenta il tipo perfetto della storia medesima, la cui forma dipenderà sempre dal genio dello scrittore, dalla sua epoca, dal punto di veduta ch'ei prende, dallo scopo speciale ch'ei si propone.

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Machiavello è ad un tempo moderno ed antico; specie d'originalità che gli è tutta particolare. Egli è antico pel vigore dell'anima, la forza dell' espressione, l' eloquenza ch'ei presta a'suoi personaggi, benchè non sempre a proposito, trasformando talvolta per essa, com'altri han già notato un cospiratore di Fiorenza in un cittadino di Roma. È moderno per l'esattezza, la penetrazione, la sagacia, l'arte di comprendere molto in poco, di presentare per così dire in iscorcio, ma senza storpiature o oscurità un'epoca intera. Nulla di più bello a questo riguardo, egli aggiunge, che il primo li bro della sua Storia Fiorentina. In esso, come ognun sa, dipinta a gran tratti tutta la barbarie del medio evo, non dirò con quella verità di colori che Villemain suppone, e che al tempo del Machiavello era forse impossibile, ma con un'abilità a cui nulla manca se non il sussidio di cognizioni più precise. Dopo Machiavello, prosegue Villentain, si distingue De Thou per insigni qualità che possono chiamarsi tutte moderne, l'imparzialita, cioè, la calma, la giustizia, l'indipendenza. Di tali qualità, che le passioni popolari quasi non permettevano agli storici antichi, e che ne' tempi di furore e di fanatismo in cui egli visse non erano punto più facili, egli è debitore al proprio carattere e alla filosofia di cui era nudrito. Dopo questo grand' uomo dabbene vien Bossuet, che gli è di molto superiore per l'ingegno. Egli ha qualche somiglianza con Machiavello per la rapidità e per l'ampiezza delle vedute. Ma le sue vedute sono assai diverse; e il suo carattere è troppo più solenne. Dall'alto della sua cattedra episcopale

piuttosto che dal suo seggio di storico ei raccoglie in uno la lunga serie degli umani avvenimenti, fa passare innanzi a se le umane generazioni, le spinge innanzi, le precipita verso l'abisso, e sembra aver predetto ciò che racconta. Egli, se volete non ha l'aria d'uno storico, ma piuttosto d' un oratore e d'un profeta.

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Quanta varietà, prosegue Villemain, nelle forme date da questi tre scrittori alle loro storie; e nondimeno quanto le forme storiche possono essere più varie! Quindi invece di fermarsi a parlare delle forme, impossibili ad assegnarsi, egii si volge a parlare delle qualità morali e intellettuali necessarie allo storico. In quella parte del suo ragionamento che riguarda le qualità morali, fra cui annovera primo l'amore della verità, è notabile un passo, che riscosse dall'udienza i più vivi applausi. Jo chieggo allo storico, ei dice, l'amore dell'umanità o della libertà; e voi vedete che non chieggo nulla di troppo. Intendo abbastanza che in certi soggetti storici l'amore della libertà manifestato con molta vivezza può sembrare un anacronismo o una cosa fuori di luogo. Dell'amore dell'umanità questo non può avvenire. La giustizia imparziale dello storico non deve mai essere impassibile. Conviene che anch'egli abbia un interesse suo proprio, che brami, che speri, che ami, che tema, che si affligga o si corrucci di ciò che racconta. Vedete Tacito egli è il più grande degli storici perchè è insieme il più integro e il più appassionato ; perchè pesa le cose come un giudice, e le afferma come un testimonio ancor tutto commosso e pieno di collera per ciò che ha veduto. Dopo l'amore dell'umanità Villemain colloca l'amor della patria, che, ove non si confonda con certo egoismo nazionale o municipale che spesso ne usurpa il nome è fatto anch'esso per ispirare fiducia. In ciò ch'egli aggiunge delle qualità intellettuali, di cui non pretende fare un elenco poichè gli sembrano infinite, è notabile quest' altro passo, di cui al solito riferisco i tratti principali. Che altro è la storia che il quadro della vita; e che avvi di più animato, di più interessante dello spettacolo che la vita ci presenta? Or perchè assistiamo noi con tanta curiosità, con

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tanta passione a questo spettacolo, e lo guardiamo ordinariamente con tanta indifferenza nella storia che lo riproduce? La colpa senza dubbio è tutta degli storici. Onde peraltro interessarci alla storia come alla realtà, appena so esprimere ciò che allo storico bisognerebbe. Volendo esprimerlo con una parola, dirò che gli bisogna l'arte della composizione, l'arte di disporre della realtà come il poeta disporrebbe della propria invenzione. La vita umana è un composto di fatti, di cui tutte le particolarità interessano più o meno i contemporanei, ma che pur bisogna compendiare e pei contemporanei e pei posteri. Lo storico deve scegliere quelle che il meritano, quelle che appartengono alla natura invariabile dell' uomo mentre dipingono in modo caratteristico gli uomini dell' epoca e del paese a cui si ri ferisce la sua storia. Ma dopo averle ben scelte, gli resta ancora di saperle ordinare, concatenare, avvivare; gli resta di sapere con una parte del vero far comprendere tutto il vero; gli resta insomma di sapere con piccoli mezzi produrre un grandissimo effetto; e questa è opera eminentemente poetica.

Nell'arte della composizione, egli aggiunge, appena conto lo stile, indispensabile in ogni genere di scritture, ma inseparabile dalle cose che in esse si trattano, e molto più dal sentimento e dalla forza d'immaginazione con cui se ne tratta. Quindi può dirsi che lo stile d' uno storico (non ignaro già s'intende della propria lingua) è tutto nel suo animo e nel suo ingegno, nel suo amore del vero, negli altri suoi nobili affetti, ec. ec. da cui solo può ricevere calore, evidenza, colore.

Or veniamo, egli dice, alle applicazioni. Hume, posto tant' alto nell' opinione de'suoi contemporanei, ha egli tutte o le principali qualità, che a nie sembrano indispensabili in uno storico? Certo nessuno vorrà negargli mente elevata, spirito sagace, perizia ed eleganza di scrivere. Ma le qualità morali, le qualità grandi dell'anima quasi gli si potrebbero negare. Vediamo primieramente qual sia in lui l'amore della verità. Ei non si curò punto (e la cosa è più che dimostrata) d' attingere i fatti alle

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