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gazione non è più tale, ma è vestiario distintivo dei servi del settimo e ottavo secolo di Roma. Finalmente è da notarsi che mentre col testo ei dice che nei monumenti comparisce il vestiario ampio e sontuoso e composto di tunica e pallio, in vece della succinta veste con cappuccio, ne porta poi l'esempio che dimostra tutto l'opposto, perchè ivi è la succinta veste con cappuccio è non il vestiario ampio e sontuoso composto di tunica e pallio. Si aggiunga ancora che in opposizione alla dottrina del testo io trovo che i b. r. Volsci i quali si avvicinano ai secoli di rusticale semplicità, hanno i personaggi distinti con lunghe vesti, ed i plebei con vesti corte e suceinte. In una serie sì estesa di contradizioni che confondon la testa di chi ha per le mani siffatti libri, come mai si potrebbe aver coraggio di promoverne e commendarne la lettura? A me pare che in quelle figure coperte di cappuccio vi si debbano riconoscere i Liberti, o Manomessi, o sia quei servi che per la loro fedeltà aveano acquistata la libertà non meno che la confidenza del loro Signore, i quali solevano accompagnare il cadavere nelle funebri pompe, distinti da quel vestiario . (1)

TESTO Tav. XXIX. La morte di Capaneo: in luogo della porta Elettride vedesi figurata dallo scultore la porta antica di Volterra, detta oggi porta all' Arco. Può notarsi in questo b. r. la cavalleria di sagittarj loricati di squamme di metallo, oltre la foggia delle armature tutte nazionali: nel museo pubblico di Volterra: Vedasi Tom. II. pag. 120, 125.

(1) V. Rosin. Antiq. Rom. Lib. V, c. XXXIX.

OSSERV. 85. Non è provato che la lorica di squamme di metallo sia realmente armatura nazionale degli Etruschi, anzi neppure dei Romani i quali molto tardi pare che la introducessero nella loro milizia, trovandosi in Plutarco (1) che Lucullo se ne armò, allorchè combattè contro Tigrane circa l'anno di Roma 670, mentre in Grecia erano già in disuso le armature di ferro fino dall'anno di Roma 363. vale a dire 307. anni prima. Già provai che neppure la forma del corsaletto alla Romana o alla Greca, che ivi si vede, è costume tutto nazionale, cioè esclusivo dell' Etrusca nazione, perchè lo vediamo sempre rappresentato nelle più antiche sculture Romane e Greche, non già nelle più antiche d' Etruria. Oltre di che le nudità, che si vedono in quei guerrieri (2), mi convincono che lo scultore seguisse in tutto il costume Greco nel trattare un fatto di quella nazione, e non si occupasse di mostrarci la milizia Etrusca.

TESTO Tom. II. pag. 120. le fanterie si distinguevano sempre in gravemente, e leggermente armate. Una spada breve cinta sul fianco sinistro (1) Vedi i monumenti Tav. XXXI. XXXII. XXXIII.

OSSERV. 86. Se il monumento è del settimo ed ottavo secol di Roma, come crede l' A. (3), ne

(1) Plutarch. in Lucull. p. 510.

(2) Dice Plinio XXXIV. 5. parlando della maniera di rappresentare i personaggi delle statue : Graeca res est nihil velare.

(3) Tom. II. pag. 177.

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segue che lo scultore vi abbia dovuto rappresentare le armature o Grêche o Romane, e non già nazionali degli Etruschi anteriori al dominio de' Romani (V. Osserv. 86. ). Greche io dico, se intese rappresentarle analoghe al soggetto; Romane se analoghe al costume dei suoi tempi, nei quali tutta l'Italia avea costumi Romani; ond'è che dalle urne di Volterra non si può avere verun esempio delle armi Etrusche anteriori al dominio dei Romani in Italia. TESTO Tom. II. pag. 124. Non altrimenti le

corazze ec.

OSSERV. 87. Vedansi le mie osserv. 69. 85. e 86. TESTO Tav. XXX. Combattimento dei sette contro Tebe sotto la porta Elettride. Urna ig alabastro di buono stile e alto rilievo: nel museo pubblico di Volterra. V. Tom. II. pag. 120-125, e 277.

OSSERV. 88. Non so per qual ragione l'A. trovi espresso in quest'urna il combattimento de' Sette contro Tebe. Secondo lui la scultura di essa deve essere del settimo ed ottavo secol di Roma, perchè il buono stile vi comparisce alquanto in decadenza.

TESTO Tom. II. pag. 177. La decadenza del buono stile può altresì notarsi in non poche urne con epigrafi Etrusche e Latine, che pajono del settimo od ottavo secol di Roma, talchè supponendo che il cangiamento seguisse a grado a grado, dee a buona ragione stimarsi, che quella nuova scuola più conforme al Greco stile, maggiormente fiorisse nel corso de' due secoli precedenti.

OSSERV. 89. Lanzi ha dette quasi le stesse parole nel periodo seguente, I caratteri delle

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»urne misti di Latino e d'Etrusco pajono del " settimo o dell'ottavo secol di Roma,, (1). Non potea fiorire uno stile conforme al Greco nel corso dei due secoli precedenti, cioè nel 500, e 400 di Roma; poichè esso potè essere introdotto in Etruria soltanto dopo il 487 quando Roma avea assoggettato tutto il tratto della penisola Italica chiamata Magna Grecia (2). Son dunque riportate male a proposito testimonianze di urne cinerarie di Volterra tutte conformi al greco stile, per provare i costumi, la religione e le arti dei popoli Italiani anteriori al dominio dei Romani in Italia.

TESTO. Tom. II. pag. 176. Non sì tosto i Romani dettero ospizio alle arti Greche, singolarmente dopo la presa di Siracusa (2] Ceterum inde primum initium mirandi Graecarum artium opera. Liv. XXV. 40. Plutarch. in Marcell.), par che sì bella emulazione facesse germogliare in Etruria un nuovo stile, in cui gli artefici compariscono in certo modo emuli dei Greci. In questo senso ebbe ragione Winckelmann d'asserire, che se le arti Etrusche non debbono ai Greci l'origine, dovettero loro però l'avanzamento (1) Vedi i monumenti Tav. XXX. XLVI. XLVII. XLVIII. )

OSSERV. 90. Quel primum initium di Livio spiega meno che avanzamento ed emulazione, ed insieme dimostra quanto poca stima si facesse delle arti Etrusche dette Toscaniche, allorchè si conobber le Greche.

(1) Notizie prelim. circa la scultur. pag. XIX.
(3) V. Micali Tom. 4. p. 105. Ved. le Osserv. 85.88.

TESTO Tom. II. pag. 177. A tal epoca (dopo la presa di Siracusa ) possono riferirsi senza riprensione i lavori Etruschi che più gareggiano col Greco stile; ma è da ripetere col Maffei (2) Osserv. Letter. Tom. V, pag. 316. ) che niuno può sapere cosa sia arte o antichità figurata Etrusca, se non ha veduta la doviziosissima raccolta del museo pubblico di Volterra. Quivi, in più ceutinaja d'urne intagliate ec.

ÖSSERV. 91. Chiaramente dimostra questo passo che l' A. comprende benissimo, che tutte le urne Etrusche di Volterra, non meno che quelle di Todi, Perugia, Chiusi e Tarquinia, per esser d'uno stesso stile, sebben condotte più o meno perfettamente, debbono reputarsi posteriori alla presa di Siracusa, epoca in cui tutta l'Italia fu soggettata ai Romani, ed ove, secondo il titolo di quest' opera, deve aver fine ogni storia e di arti e di costumi nazionali; poichè sebbene gli Etruschi, e gli altri popoli Italiani insieme collegati tentassero in progresso di tempo di scuotere il giogo già imposto loro dai dominanti Romani, e riprendere l'antica lor forma di governo e la perduta libertà per mezzo della guerra sociale, non poteron per questo tornare indietro nei passi già fatti verso la civilizzazione, per mezzo delle arti, delle scienze e de' costumi stranieri, ormai introdotti per tutta l'Italia per opera dei Romani couquistatori. Dunque tutto ciò che ha carattere di nazionalità in genere di scienze, arti, costumi e lingua presso gli antichi Italiani, deve far epoca distinta nella storia loro, da incominciare colle loro origini, e terminare alla presa di Siracusa. Lo stesso nostro A. consente in più

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