Obrazy na stronie
PDF
ePub

le corazze, i corsaletti, gli stinieri, ed altre consimili salde difese di rame, facevano parte della grave armatura de' Toscani; (6] Lastatua d'un guerriero ( Tav. XXI. ) dà una bell' idea dell'armatura Etrusca. I bassirilievi delle urne citati dal Buonarroti (ad Dempster. c. 27. ) sono una scorta meno sicura. Vedi i monumenti Tav. XXIX. XXX. XXXI. XXXII. XXXIII.)

OSSERV. 70. In tutto il corso datoci dal nostro A. della storia degli Etruschi non si trova mai fatta menzione ch'essi usasser corazze di metallo prima d'esser soggetti ai Romani. Egli quì lo dice senza provarlo; la sua affermativa vacilla, trovandosi appoggiata soltanto all' ese mpio della prodotta statuetta, che in sostanza dee tenersi per un Marte o altro simulacro religiose. I donario d'argento della Real Galleria di Firenze, la pietra Maffejana ed i b. r. Volsci di Velletri, monumenti sicuramente Toscanici, e che contengono dei guerrieri, ce li mostrano difesi da pelli e da panni, e non da corazze e corsaletti di metallo. Quindi i Romani che guerreggiarono con varie nazioni appresero altresì da esse le diverse armature di difesa che poi propagaronsi per tutta l'Italia, già loro soggetta. Delle armature Sannitiche ci resta tuttavia una descrizione lasciataci da Livio, fra le quali ei rammenta una certa piastra di rame che nomina spongia (1), usata per coprire il petto, che il nostro A. a pag. 125. del Tom. II. spiega pettorale di maglia, ma che in sostanza secondo Giusto Lipsio (2) deve pren

(1) Spongia pectoris tegumentum. Liv. X., 40. (2) Saturn. Serm. L. II., Dialog. XI.

dersi per una certa piastra di rame che tene. vano i Sanniti sul petto, e non ripetuta dietro le spalle, come era usata dai Greci; e ciò affinchè l'uomo armato potesse difendersi pugnando e non fuggendo.

TESTO Tav. XXII. Urna cineraria in terra cotta di stile Toscanico, rappresentante una Deità marina con ali al capo ed agli omeri, tenente due ancore nelle mani; esiste nel museo Imperiale di Firenze. Ved. Tom. II. pag. 139.

OSSERV. 71. Anche Strabone ci fa noto qual fosse l'idea che ai suoi tempi si aveva dello stile Toscanico, senza scostarsi da quel che ce ne dice Quintiliano. Ecco le parole del Geogra fo, questi muri, (posti avanti gli atrii dei tempj Egizj) hanno sculture di grandi simulacri, molto simili a quelle dei Tirreni, ,, ed alle antiche opere dei Greci (1), tantochè lo stile Toscanico, secondo questo scrittore, è simile all' Egizio ed al Greco autico. In quest' urnetta, oltre il non esservi traccia veruna di Egizio o di antico Greco, che è quanto dire di stile rozzo e primitivo, vi si vede tutto il carattere della scultura simile a quello delle urne Volterrane, che dal nostro A. son giudicate del settimo e ottavo secol di Roma (2). Deità marine con ali al capo non si videro mai, nè si trova che alcun mitologo ne faccia menzione. Se fossero ancore quelle che ha in mano la presente figura, sarebber guarnite d'anello, ove attaccavasi la gomena, come si vede in

(1) Strab. L. XVII, pag. 8c6.

(2) L'Italia avanti il dominio de Romani T. II, pag. 177.

tutte le vere ancore delle monete Etrusche di varj paesi (1). Come poi si potrebbe interpetrare la figura e ciò che tiene in mano, si ve

drà all' osserv. 74.

TESTO Tom. II. pag. 139. Dal vedersi poi fatta particolare menzione dell' ancora presso i Toscani, s'accresce pár anco il sospetto che lor si appartenga il merito del trovato, non senza ragione scorgendosi quell' utile ferro tante volte scolpito sulle loro monete (4] L'ancora qual vedesi sulle monete, si osserva anco in un monumento Toscanico. V. Tav. XXII.)

OSSERV. 72. Altro è un simbolo d'una moneta, altro quel d'un' urna. Spesso nelle monete si rappresentò il simbolo di quel popolo al quale appartenevano, onde per tale poteasi prendere una qualche sua invenzione; ma le urne consacrate unicamente agli estinti non sogliono avere altri simboli che di religione. Non comprendo poi come l' A. nostro creda che il sospetto d'essere i Toscani inventori dell' ancora si possa accrescere dall'osservazione di quell' urna, mentre nè egli nè altri han finquì mai parlato della nascita di siffatto sospetto. In certe note fatte recentemente (2) ad una versione dell' Argonautica di Apollonio Rodio (3), l'invenzione dell'ancora che dalla figura del gomito ripiegato ebbe il nome di anupa per meglio attaccarsi al fondo del mare, pare attribuirsi agli

(1) Ved. Lanzi Tom. II, pag. 26, ove ne rammenta tre ed altre tre ne riporta alla Tav. I, e III. del Tom. II

(2) Di Mons. Flangini.

(3) Lib. I. v. 1413.

Egizj, i quali ebbero una città detta delle ancore, perchè era vicina ad una cava di pietre d' onde traevansi quelle ancora che erano di pietra curvata, usate poco dopo quelle di sassi informi nominate anche da Omero. In fatti chi mai negherà agli Egizj il primato nella navigazione? Se le invenzioni son per lo più figlie del bisogno, gli Egizi ebber bisogno prima degli Etruschi di tale invenzione. Ma queste son mere congetture che non convengono alla solidità della storia.

TESTO. Tav. XXIII. Nume marino alato in atto di avvolgere e tirare a sè due persone di sesso diverso. Esiste nel museo pubblico di Volterra. Vedi Tom. II. pag. 137. not. 1.

OSSERV. 73. Questo monumento è riportato coll' antecedente, e col susseguente in sussidio del testo al Tom. II. pag. 137; onde sarà preso in esame nell' osservazione che segue.

TESTO Tav. XXIV. Deità marina con ali al capo ed agli omeri, in mezzo alle quali si vedono due occhi, tenente una spada nella destra. Esiste nel museo pubblico di Volterra. Vedi Tom. II. pag. 137. n. 1.

OSSERV. 74. Al capo della presente figura nou vi sono ali, ma una pelle di una testa ferina con orecchie ben distinte. I tre sopra indicati monumenti contengono tre mostri, le cui gambe sono serpentine e similissime a quelle dei mostruosi Giganti, con la sola differenza, che all' estremità vi si vede una quasi coda di pesce, in luogo di una punta di coda o di una testa di serpente, come i Giganti sogliono avere. I Numi marini espressi nei Sarcofagi portano quasi sempre sulle loro schiene Ninfe la

scive; questi hanno in mano micidiali strumenti di tormento e di morte. La quantità di furie che vedonsi nelle urne di Volterra, e specialmente nei loro laterali, indica che i numi infernali erano assai venerati nelle cerimonie funebri (1). Ma in genere di furie mostri infernali, Mani e Larve, tante e sì varie sono le descrizioni dei poeti e mitologi, e le rappresentazioni degli artisti, che difficil cosa sarebbe il volere assegnare ad ognuno di essi la precisa figura e gli attributi che dieron loro gli antichi. Mi limito pertanto a riflettere che le figure alate nel capo e negli omeri con faci in mano, e pugnali e martelli, scolpiti nelle urne di Volterra, Todi e Perugia, vedonsi anche nelle grotte Cornetane coi medesimi simboli, colla medesima vestitura e con gli stessi ornati, in atto di tormentare le anime dei colpevoli. Quegli utensili spiegati per due ancore dal nostro A. alla Tav. XXII. sono in mano di alcune di esse, mentre stanno in atto di straziare con quelle ritorte punte i corpi dei dannati; altre han quelle spade medesime che tiene in mano la figura della Tav. XXIV. e sono in atto di vibrarle contro di essi; altre poi li tormentano colle loro faci accese, come con faci sono espresse nelle urne di Volterra e Perugia. Il mostruoso Nume scolpito nell' urna

(1) In un ms. che io posseggo lasciatomi dal mio amico Ab. Lanzi, e che fra non molto darò alla luce, trovo che egli tiene per furia una di queste simili figure espressa in un' Urna di Chiusi, ove è rappresentata la morte di Partenopeo. Vedasi in Dempstero Tom. I, p. 389. Tab. LXXI. n. 2.

« PoprzedniaDalej »