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razioni di popoli, le quali, conforme ad un vecchio simbolo, si figuravano per mezzo di simulacri bicipiti. (r] Ipse (Janum) faciendis fueServ. XII. 198.)

deribus praeest

OSSERV. 174. Questa interessantissima scoperta che si è appropriata l' A. affettando quel forse quasi che dubitasse di se stesso, la dobbiamo originalmente al Lanzi, il quale pose fine con essa alle infinite congetture che sopra tal simbolo sognarono il Guarnacci ed i seguaci suoi (1). Confuta egli dottamente Ateneo (2), che scrisse essere stato Giano il primo impressorę della moneta di rame, e vi sostituisce la dottrina di Servio con le seguenti parole (3) Ma' esso (Ateneo) non fù creduto da Plinio, come si notò, nè da' miglior critici ed io tengo piuttosto, che se le confederazioni de' popoli dieder luogo da principio a formare dei si"mulacri bicipiti; per la stessa ragione si stam» passero nelle monete. Dobbiamo a Servio que"sta parte d'istoria: ipse (Janus) faciendis fee

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deribus praeest; nam postquam Romulus, et T. Tatius in foedera convenerunt, Jano simula,,crum duplicis frontis effectum est, quasi ad

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imaginem duorum populorum (1]. Aeneid. , lib. XII. vers. 147. ), Di sì fatti plagj abbonda quest'opera in modo che troppo lungo sarebbe individuarli. Piacemi quì di far conoscere al nostro A. come i grandi uomini e di vero merito si servono delle altrui notizie. Ne sia un esempio il grand' Eckhel, che parlando appunto

(:) Orig. Ital. Tom. II. pag. 141. (2) Lib. XV. pag. 692.

(3) Saggio di L. Etr. Tom. II. 97.

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delle monete bicipiti dice: Ad explicandum varium Jani in his numis scultum utitur Lanzius dictatis Servii (Sagg. Tom. II. p. 97.). Ipse (Ianus) etc. ... Addit Lanzius, non tan,, tum foederatos hoc etc..... Hoc vir eruditus ,, ingeniose etc...,, Quindi scende il citato Eckhel al particolare di alcune obiezioni, su tale articolo, alle quali facile sarebbe rispondere. Anche quì il nostro A. sostituisce ad una voce del Lanzi una sua correzione che io non so quanto sia plausibile. Le precise parole di Servio sono le seguenti. Rite hunc quoque invocat: quia ipse faciendis foederibus praeest. Il Lanzi aggiunge al pronome ipse il nome Janus fra parentesi per indicare di chi si parla. Eckhel imita il Lanzi ripetendo l' Ipse (Janus) Ma che dico Eckhel! ogni scolaruccio che apprende le concordanze latine avrebbe fatto lo stesso. Non così il nostro A. che per un suo particolar modo di latinizzare scrive Ipse (Janum ). Supposi a prima vista che questo fosse un errore di stampa, ma dipoi mi son convinto che il nostro A. usa nella lingua latina una particolare gramatica, che noi non conosciamo, perchè ne ho trovati i seguenti esempj sparsi nella metà della sua opera.

Al Tom. I. pag. 10 sembra non potersi dubitare esservi stato auticamente un secolo felice per qualche bontà di governo e di costumi. Saturoi gentem, haud vinclo nec legibus aequam, Sponte sua veterisque Dei se more tenentem. 203-204.

V

Virg. VII,

Ivi a pag. 31. not. (1). Dionys. Į, 16-38 Strab. , pag. 172. Sisenna ap. Nonius, XII, 18. Ivi a pag. 35. (6) Callia Siracusano (ap. Dionys. I, 72, et Festus, in Romam )

Ivi a pag. 123. Livio chiamò capi delle origini (3) Capita originis L. V, 33.

Ivi a pag. 165. (6) Strab. V, p. 161. Dio Coccejanus ap. Tzetzes ad Licophr. v. 44.

Ivi a pag. 182. (1) Sisenna, ap. Nonius.

Ivi a pag. 242. (3) Ipsi de ea ( Italiae ) judicavere Graeci genus in gloriam suam effusissimum;

Ivi all'ultima pag. (1) Ennius et Lucil. ap. Festus in Bilingues.

Tom. II. pag. Ŏɔ. (2) Eam ( Haruspicina) postea crevisse rebus novis cognoscendis. Cicer. de Divin. II, 23.

Ivi a pag. 156. meritò che i suoi monumenti fossero ricercati e sparsi per tutto il mondo conosciuto. (2) Signa Tuscanica per terras dispersa. Plin. XXXIV, 7.

Questi errori oltre quei di stampa, e quelli sull' interpetrazione del tutulo, delle mura dei Lavici, degli Etruschi dottissimi nelle arti e della sentinella Mina da me altrove notati, e compresi nei soli due primi volumi che ne suppongono altrettanti negli altri due dell' opera del nostro A. sono una sufficiente prova, anche per quei che non conoscessero la lingua latina, ch'egli non solo erroneamente corregge il Lanzi ove disse ipse (Ianus), sostituendovi il suo ipse (Janum), ma che neppure è in grado di giu. dicare dell'antica lingua d'Italia, e suoi differenti dialetti. (1) In quell' articolo egli pretende ancorchè senza prove, ammaestrarci contro l' opinione del Lanzi, che l'Etrusco non sia un

(1) Questo è il titolo del Capo vigesimonono della prima parte della sua opera.

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idioma misto del Greco antico, quindi passà a sostenere l'analogia dell' Etrusco con l'antico latino. Ma chi può ragionare dell'antico Latino senza ueppur conoscer le regole del Latino moderno? Che diremo poi del Greco? Lo stesso titolo del capitolo, ove il nostro A. vuol decidere delle lingue, contenendo uno sbaglio d' inesattezza Grammaticale, dimostra abbastanza ch'egli neppure della sua propria è pienamente istruito. Infatti l'articolo della non può reggere a un tempo la voce antica singolare femminina, e la voce suoi plurale mascolina; nè di simili errori va esente il resto della sua opera. Se il dotto Lanzi nel suo Saggio di Lingua Etrusca si fece arbitro nel giudizio delle lingue Etrusca, Greca e Latina potea ben farlo con fondamenti non contrastabili. La sua storia Pittorica, la raccolta delle sue iscrizioni Latine, la sua versione d'Esiodo son certa prova di quanto quel grand' uomo va lesse nella sua propria lingua non meno che nelle dotte. Il nostro A. ha da opporre altrettanto in prova del suo sapere? Poche parole abbiamo per vero dire scritte in Latino da esso, ma già si è veduto da quauti errori sono imbrattate. Cost si dica del resto. E dovremo noi bilanciare sulla preponderanza in dottrina di questi due confron tati scrittori? Inoltre, letto quest' elenco di errori grammaticali, non dee più sorprendere se l'opera da me esaminata si mostri cosi piena di sbagli nel confronto dei monumenti coi classici i quali sono ordinariamente scritti in latino o in greco. Essi han bisogno d'esser molto studiati e bene intesi. Sotto questo rapporto non oserei garantire il mio lettore sull' esattezza delle spiegazioni che ho tentato dare ai monumenti qui esaminati, noa

meno che sulla storia delle arti che ho procurato sviluppare in queste mie osservazioni, poi-chè non v'è chi ancor sapendo non trovi chi più sappia e conosca. E da costoro appunto io bramo d'esser meglio istruito sulle materie che tratto, pronto sempre a ridirmi ove sia convinto d'avere errato, se non quì, almeno certamente in altro lavoro ch'io preparo per pubblicare le più interessanti sculture delle urne cinerarie che si son ritrovate finora nei contorni di Volterra.

TESTO Prefazione alla spiegazione delle Tavole. La pubblicazione di questi Monumenti per la più parte inediti.

OSSERV. 175. Ho promesso nell' osserv. 1. di dar conto dei monumenti inseriti in questa raccolta, e già pubblicati da altri, ai quali, men tre gli noto, aggiungo anche quei, che sebbene di diverso tipo, pure per esser d'egual soggetto, e di simile scultura, essendo egualmente ri portati anche dal nostro A. possono considerarsi come repfiche di monumenti pubblicati da altri!

Carta Topografica dell'Italia antica. D' Anville. Tav. I. Pianta di Volterra. Inghirami Etruscarum antiquitatum fragmenta.

Tav. VII Porta antica di Volterra detta all' Ar

co. Gori Mus. Etr. Tom. III. Clas. I. Tab. VI. Tav. VIII. La stessa porta dalla parte della città. Gori Mus. Etr. Tom. III. Glas. I. Tab. V. Tav IX. Mura di Volterra. Gori Mus. Etr. Tom. III. Clas. I. Tab. I.

Tav. XI. Mura di Fiesole. Gori Mus. Etr. Tom.
III. Clas. I. Tab. III.

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