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da lui accennati inconvenienti della guerra: e quel tunc institutum pare spiegare anche dichiaratamente che quest' uso fu adottato come per generale convenzione, che poteva aver forza di disciplina e precetto convenzionale sebbenc non comandato con leggi scritte (1). Plinio dunque pare che parli, non tanto dell'origine di tal costume, quanto dell'adozione di esso generalizzata presso tutti i Romani. Ma siccome soggiunge che tal costume non fu adottato da varie famiglie, le quali mantennero l'antico loro modo di seppellire intieri i cadaveri, ne segue che neppure negli altri paesi d'Italia si dee tenere per generalizzato quest' uso del bruciare ; molto più che altrove non ebbero le ragioni di guerre che aveano in Roma per abbracciarlo generalmente. Or io dico che se nei sepolcri di Tarquinia si trovano intieri cadaveri apparterranno forse alle famiglie che non ebbero l'uso di abbruciarli, non già alle famiglie più antiche; così dietro gli esempj di Patroclo, di Pallante, di Numa, e perfino se si vuole dello stesso Ercole (2), non si potrà dire che l'uso di abbruciare i cadaveri è abbracciato più tardi; ma dovrà dirsi che questi due usi furono alternati dalle circostanze non meno che dalla volontà degli antichi.

TESTO Tav. LII. Benchè le pitture della grot ta sopra mentovata sieno per la massima parte

(1) Il Forcellini dichiara la voce Institutum coi seguenti termini: speciatim dicitur de publicis moribus consilio et ratione sumptis, et civili disciplina, quae litteris non mandantur sed observantur communi opinione.

(2). Schol. in Homer. Iliad. L. I, v. 52..

cadute o smarrite a cagione dell'umidità, si rappresentano solo in questa tavola e nella seguente le più conservate, delineate da un abilissimo artista.

OSSERV. 147. Dopo che queste grotte e le loro pitture ci sono state fatte già tante volte conoscere e con disegni e con illustrazioni e con descrizioni da M. d'Agincourt, Byres, Paciaudi, Caylus, Piranesi, Winckelmann, Passeri, Dempstero, Gori, Lanzi ed altri, anche negli atti di accademie diverse, trovo superfluo che il nostro A. le riproduca con copiose descrizioni, con lo sfarzo di tre Tavole e con figure grandi più del bisogno, senza poi aggiunger nulla a ciò che tanti altri han detto, senza far gran conto di tali rami in sussidio dell'opera, e con la precedente millanteria di dar monumenti per la maggior parte inediti, e con altre proteste della prefazione, tutte opposte alla esposizione di questi monumenti dei tempi Romani ovvj ed inutili all'opera. Vedansi inoltre le mie osserv. alla Tav. LI. e servano per la presente Tav. LII. e per la susseg. Tav. LIII.

TESTO Tav. LIV. Agata onicina in forma di scarabeo eccellentemente lavorato.... Vedesi in questa belle proporzioni della figura, vero. ed espressivo l'atteggiamiento, bene intesa la musculatura anche nelle membra in moto, graziosa la composizione, ed uno stile che molto si accosta alla bella imitazione della natura: esiste presso dell'autore; Vedi Tom. II. pag. 158. 172, not. 1.

OSSERV. 148. L'A. si esprime poco felicemente; poichè anche il ritratto d' Esopo eseguito con precisione può esser bella imitazione della natu

ra ma natura brutta: Volea forse dire imitaziozione della bella natura, distintivo speciale delle scuole di arti del miglior gusto. L'atteggiamento della figura che si vede nel disegno non corrisponde alla bella descrizione che ce ne vien data dall' A., poichè pare che non pianti.

TESTO Tom. II. pag. 158. Soverchia energia nelle mosse, robustezza di forme, muscoli fortemente pronunziati, furono i particolari caratteri, che senza soccorsi stranieri gli artefici d' Etruria impressero alla propria scuola, in cui scorgiamo sempre un' espressione risentita, un esuberante sfarzo di parti scientifiche, ed una tal qual severità e rigidezza di contorni, distintivo della maniera Toscanica, come se questa volgesse a trarre il fonte della bellezza dalla sola notomia. (1) Vedi i monumenti Tav. XX, not. 1. XXI, LIV, LV.`)

OSSERV. 149. I particolari caratteri che il nostro A. attribuisce alla scuola Toscanica non son coerenti all' idea d'una scuola rozza e primitiva come ci vien descritta da Fabio, Quintiliano, Strabone, Cicerone e Plinio (1). Egli stesso dovrebb'essere informato della descrizione che i sopraccennati autori ci danno dello stile di quella scuola, mentre ne riporta nella sua opera la seguente dottrina, come se tutti gli avesse letti e ben ponderati:

TESTO Tom. II. pag. 157. (1) Lo stile Etrusco chiamossi propriamente Tuscanicus dai Latini: però parlando delle opere delle arti dicevasi signa et opera Tuscanica .)

(1) Parlo estesamente di questa scuola all'osserv. 65. e seg.

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OSSERV. 150. Ho motivo peraltro di credere ch' egli abbia raccolta questa dottrina non già dai citati scrittori Latini, ma dalle seguenti parole del Lanzi. Lo stile etrusco è quello che ,, regnò in questa scuola dalla sua fondazione fino a un certo tempo; e che i Latini propria" mente chiamano tuscanicus. Non dicean essi homines nè agri tuscanici; ma bensì opera, e „ signa tuscanica „ (1). La differenza fra l'originale e la copia si è, che il Lanzi scende immediatamente ad indagare quale idea i Latini avesser legata a questa voce toscanico e a quali segni lo ravvisassero: quindi lo descrive rozzo e primitivo: ma il nostro A., lungi dal copiare anche in questa parte l'esattezza del citato scrittore in siffatta indagine, vuole essere originale, e dimentico di aver citati i Latini, compo-. ne a capriccio le qualità che attribuisce alla scuola, quali sono la soverchia energia nelle mosse, la robustezza di forme, e di muscoli fortemente pronunziati: qualità che i Latini da lui citati non diedero mai allo stile Toscanico. Un misto di sentimenti strappati or quà or là da varj autori, ed un aggregato d'invenzioni e fantastiche asserzioni potranno dunque formare la vera storia delle arti Toscaniche? Come potrà egli mai renderci conto della vantata sua diligenza di tener fermo il piede sopra fedeli e sincere citazioni, (2) mentre ci dà a nome degli

(1) Notizie prel. circa la scult. p. VI.

(2) Il desiderio nondimeno che fu in me di operare virtuosamente, potrà riconoscersi dalla mia diligenza a tener fermo il piede sopra fedeli, e sincere citazioni. L'Italia avanti il dom. de' Rom, Tom. I. Pref.

scrittori Latini le qualità della scuola Toscanica totalmente inventate da lui? E quando anche dai citati scrittori non si raccogliesse qual era lo stile Toscanico, pure lo stesso nostro A. mi somministra i dati per provare, che lo studio della notomia, la bene intesa muscolatura, la grazia nella composizione, ed uno stile che molto si accosta all'imitazione della bella natura (1) non posson essere i caratteri dello stile Toscanico auteriore allo stile Greco, introdotto in Italia dopo essere stata occupata dai Romani. Imperocchè se fossero state in vigore le sopraccennate qualità costituenti gran parte della bellezza nella scultura, e pittura, perchè mai se ne doveva quindi iguorare l'applicazione alla poesia, alla musica, all' eloquenza, ed alle arti insomma che diconsi liberali? E mentre non ci è noto per la storia che gli Etruschi di que' tempi avessero alcun poeta, alcun oratore, alcun tragico di grido da paragonare agi'infiniti che n'ebbero i Greci, dovremo noi supporre che nelle sole arti della scultura ed incisione avessero sì grandi uomini, e cognizioni sì estese? Eppure queste egualmente che il resto delle arti liberali si partono da eguali principj. Fu lo sviluppo del seutimento della stessa bellezza che nutrito nel petto de' Greci si trasfuse in tutte le loro opere di genio, e si manifestò ad un' epoca stessa. Con tal genio animatore le fabbriche presso i Greci divennero architettura, i simulacri divennero scultura, i racconti ideali divennero poesia, il sermone divenne eloquenza. Torno dunque a ripetere che se questo genio avesse animato gli Etruschi

(1) V. la spiegazione della Tav. LIV. n. 1.

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