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pa sopra l'altra stampa e dal vedere in tal guisa che sono perfettamente eguali. Inoltre ogni rame dell'opera porta il nome del disegnatore ad eccezione del presente, dunque esso è stato fatto soltanto incidere e non disegnare dall' originale. Si,noti frattanto, con lode del Sig. di Agincourt, con qual tratto di modestia ed ingenuità egli ce ne dà i disegni nella sua opera colla seguente protesta, non volendosi far merito delle altrui produzioni., Io devo, dic' egli, "i disegni ed i dettagli di questi sotterranei, interessanti per tauti rapporti, a M. Byres Architetto Scozzese e dotto antiquario, istrui"to per lunga dimora in Roma: che conoscen" do tutta l'importanza di tali anticaglie le ha "fatte disegnare con esattezza ed incidere da „ varj anni in quà in un gran numero di tavo"le, fra le quali mi ha gentilmente permesso " di scegliere quelle che io pubblico quì. Io "ne ho verificata l'esattezza sul luogo mede"simo e l'ho trovata intera in quanto ai sog„ getti, ma lo stile del disegno mi è parso mi"gliorato e non del carattere proprio degli Etru" schi (1). Questa ingenua confessione mi fa sospendere qualunque giudizio sulle pitture che ci presenta l' A. nelle due seguenti Tavv., giacchè non avendole io vedute nel suo originale potrei restare ingannato seguendo la sola scorta di tali disegni sempre alterati .

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TESTO Prosegue. Sopra una grossa intonacatura di calce bene spianata, ricorre al sommo delle pareti una linea di dentelli bianchi in prospettiva che ne fingono la cornice.

(1) V. l'introduzione ove tratta della pittura .

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OSSERV. 144. Dunque gli Etruschi usarono intonaco e calce, il che stà in opposizione con l' altra opinione dell' A. ove dice che la calce non vedesi mai adoperata in edifizi di vera costruzione Etrusca (1).

TESTO Prosegue. A piè delle pareti si alza un gradino che rigira tutt'all' intorno, sopra cui si posavano le casse sepolcrali simili a quella che vedesi figurata nella Tavola in rame: maniera la più antica di seppellire i morti presso gli Etruschi, che può anche chiamarsi in prova della grande antichità di questi ipogei.

OSSERV. 145. Contro il sentimento dell' A. riporterò quello del Sig. d' Agincourt, che mi pare men prevenuto e più ragionato (2). „, Non " è credibile che simili lavori sieno opera di abitanti di una Città recentemente fondata: nè sono quei neppure dell' arte nascente. Per convincersene basta gettare uno sguardo ai soffitti di questi due ipogei. L'intelligenza che ne ha ordinate tutte le parti, la loro distri"buzione in grandi compartimenti quadrati, che " per i loro aggetti presentano l'immagine dei cassettoni, di cui i soffitti degli edifizi sono ordinariamente formati, tutto persuade che "gli Etruschi allorchè destinarono questi luo,, ghi alle sepolture loro fossero già pervenuti ad un alto grado di civilizzazione e di abilità nelle arti. Il Lanzi (3) scrisse con più precisione del tempo che si può assegnare a quest' ipogei. Benchè (dic' egli ) opera dei tempi Romani

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(1) V. l' osserv. 22.

(2) Aginc. Histoire de l'art par les Monum. Pl. X. XI. Arch.

(3) Saggio di L. Etr. Tom. II, pag. 267.

non lascia di porgere un'idea del gusto nazionale. Non esiterei a convenire col sentimento di questi due degni soggetti contro il parere addotto dal nostro A., qualora fossero bastanti appoggi per giudicare di tali materie i disegni e le descrizioni che di questi monumenti si vedono in varie opere. Aggiungo in prova delle surriferite opinioni il sapersi, che non sempre nè dappertutto fu adottato il costume di bruciare i cadaveri (1). Anche in Volterra vi sono urne sebben rare, che han contenuti i cadaveri non bruciati (2), eppure quell' urne son reputate de' tempi Romani. Pisa conserva molti Sarcofagi de' tempi anche bassi Romani, ove furon seppelliti gl'intieri corpi dei defonti (3). In tutta la Magna Grecia è rarissimo l'uso di bruciare i corpi, trovandoli sempre nelle lor casse insieme coi più bei vasi dipinti indicanti i migliori tempi dell'arte.

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TESTO Tom. II. pag. 96. La maniera più antica era di seppelire i morti fuori dell'abitato, circondando il cadavere di lastre di pietra o grandi tegoli, o pur ponendolo in casse se polcrali, Indi vedesi abbracciato più tardi l'uso di bruciare i cadaveri, e custodire le ceneri in vasi o urnette quadrangolari, rinchiuse cautamente in grotte incavate nella rupe a modo di camere, adorne talvolta di travi, fregj e rosoni artificiosamente scolpiti, e dipinti. (1) Vedi i

(1) Plin. Hist. Nat. L. III, c. 2. Cic. de Legib.

P. 345.

(2) Dissert. istorico Etrusca sopra l'origine della nazione Etrusca e della Città di Volterra del Cav. Giuseppe M. Riccobaldi del Bava. Firenze 1758. (3) Morrona Pisa illustrata.

sepolcri di Tarquinia, Tav. LI, LIF, LIII, e la figura di altri sepolcri Gentilizj, Mus. Etr. Tom. III. Tav. 1-10.)

OSSERV. 146. Maniera la più antica; grande antichità: più tardi: anticamente: dipoi: molto prima.... queste ed altre consimili sono le cifre delle quali il nostro A. costantemente si serve per segnare l'epoche più importanti della sua opera essenzialmente istorica. Così egli astutamente si esenta da ogni censura, qualora anche ponga un fatto istorico più secoli prima o dopo del suo vero ordine cronologico. Quantunque abbiamo chiare notizie dagli antichi scrittori che l'uso di bruciare i cadaveri sia antichissimo, pure non vedendosi sempre adottato da ogni famiglia, nè da ogni popolo, non possiamo tenerlo per indizio di maggiore o minore antichità nei sepolcreti; nientedimeno piace al nostro A. di sostituire a tali verità istoriche un suo piano ideale e disporre consecutivamente i varj usi di seppellire, non piacendo ad esso quel disordine di inumare e di abbruciare alternativamente i cadaveri. Ma riflettasi che fino da' tempi d'Omero fu in uso l' abbruciare i cadaveri, per cui da Achille fu abbruciato quello di Patroclo (1): quindi alle colonie venute di Grecia a quei tempi in Italia non dovea essere ignoto questo costume. Ed infatti noi lo vediamo praticato anche in Italia fino da' primi anni della fondazione di Roma, poichè Numa secondo Plinio (2) proibì che nel suo corpo si versasse il vino, solita cerimonia

(1) Iliad. 1. XXIII.

(2) Lib. XIV, c. 12,

usata a quei corpi ch'eran sul rogo per abbruciarsi; e Plutarco (1) espressa mente racconta che Numa vietò nel suo testamento, che il suo corpo dopo la sua morte fosse abbruciato col fuoco: il che non avrebbe sicuramente potuto vietare, come osserva l'Arduino (2), se in Roma non fossero state in uso le due maniere di seppellire e di bruciare. Io son d'opinione che siccome Omero ci descrive l'uso di bruciare i cadaveri come uno dei maggiori onori recati agli estinti di gran distinzione, ed introdotto soltanto nei funerali i più sontuosi, qual fu quello di Patroclo celebrato da Achille, così quest' uso venuto in Italia fosse riserbato nei primi secoli ai soli personaggi distinti. Virgilio ce ne dà un esempio nelle sontuose esequie di Pallante (3), e Numa lo vieta per sè come uomo frugale e filosofo, e lontano perciò dalla sontuosa pompa del rogo, che indicava a mio credere fasto e grandezza. Così resterebbe in certo modo difesa la supposta contradizione di Plinio, che ammette l'uso del rogo destinato per Numa, sebbene dai Romani tutti non costumato che alquanto posteriormente. Dalle di lui parole che sono le seguenti: Ipsum cremare apud Romanos non fuit veteris instituti: at postquam longinquis bellis obrutos erui cognovere, tunc institutum (4) si raccoglie a mio credere che Plinio parla della generalità dei Romani alla quale tal uso non si estese, se non dopo i

(1) In Numa.

(2) Adnotat. in Piin. Lib. VII, c. LIV. (3) Aeneid. 1. XI, v. 83.

(4) Plin. Lib. VII, c. LIV.

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