AL FINTO EUSEBIO CRISTIANO Et ne auferas de ore meo verbum veritatis usquequaque. Ps. CXVIII. I. Un uomo che impose a sè stesso il nome di Eusebio Cristiano, che viene a dire un Cristiano pio e religioso, pubblicò alla macchia un virulento opuscolo contro di me, il qual da prima in varie città d'Italia segretamente fu sparso, e a poche e certe persone confidato: di che uscitone il rumore, parlandone tutti, rari erano tuttavia quelli che letto a veduto l'avessero: di poi, resosi più comune, anche alle mie mani pervenne(1). Non avrei obbligazione di rispondere, nè rispondere certamente, se l'incognito autore avesse combattute delle mie opinioni indifferenti; attesochè le sopraccrescenti mie occupazioni mi tolgano il tempo e le forze da entrare in discussione con quelli che di loro osservazioni m'onorano. Ma non è una placida discussione a cui m'inviti Eusebio Cristiano: anzi volgendo a me, come a reo convinto, uno sguardo severo, m'intima la capitale sentenza, e colla maggiore solennità annunzia al pubblico che io ho traviato (2), e fa sapere a tutti ch'egli ha finalmente scoperto il tôsco delle mie dottrine mortifere (3), e scrive solo acciocchè i suoi nazionali nol succino: queste mortifere dottrine mie (1) Il titolo è questo: Alcune Affermazioni del signor Antonio Rosmini Serbati prete roveretano, con un saggio di Riflessioni scritto da Eusebio Cristiano. lo citerò quest'opuscolo colla lettera R (Riflessioni) e col numero della faccia. (3) Ivi. (2) R. facc. 4. |