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cose che desidera, senza nostro danno o vergogna; nè riprendendo più di quello, che ci constringe l'obligo che ne abbiamo; ma nè pure biasimando, nè schernendo persona, anzi tacendo le condizioni non buone, e le buone (che pure alcune se ne ritrovano in ciascuno) moderatamente laudando. Perchè quanto i vituperi offendono colui, contra il quale sono detti; così le molte laudi, oltre che si danno con gran rischio del giudicio e della bontà di chi parla, spesse volte offendono chi ascolta; perciocchè per l'amor proprio che ci regge, il bene e il male che si ode dire d'altrui, si rivolge subito, e si paragona a noi stessi. E di qui viene, che ciascuno che ha simili meriti o difetti, si risente, e ovvero si duole che si tacciano le sue laudi, o teme che si scuoprano i vituperi; ed avviene molte volte che si offende una persona solamente col portare poco rispetto ad uno della medesima o maggior qualità, giudicando che altrettanto e forse peggio sarebbe fatto a lui.

Ma non solamente dobbiamo aver riguardo di non offendere colui con chi si parla in cose appartenenti al vizio ed al biasimo; ma di non riprendere nè beffare in persona di altri qualunque qualità che sia parimente in coloro, con quali si ragiona, come la patria, il nome, la professione, il mancamento del corpo, e altre disavventure. E pensare che le parole senza poter a dietro tornare, escono e volano in ogni parte; onde i Greci le chiamarono pennate; e perciò astenersi di dire in assenza d'altrui, tutto quello che in sua presenza si tacerebbe, e massimamente parlando di colui, la grazia del quale cerchiamo; e farlo così avvedutamente, che si tacciano ancora le cose fastidiose, guardandosi di dar nuove infelici, e di ragionare di cose discare, se non siamo sforzati; perchè come coloro i quali ci portano avviso di un felice successo, sogliono essere premiati, benchè non vi abbiano alcuna parte, se non forse di un desiderio, che noi tosto sappiamo il nastro bene; così coloro, che portano tristo ed infortunato avviso, sogliono essere odiati; ed in breve quanto a'vizi ed alle cose mal fatte, il più sicuro partito è di tacere o dovendone parlare, farlo modestamente e con parole tronche, senza acerbità di censura; anzi mostrando dispiacere, ed iscu

sando volentieri ognuno, quando si può, ovvero diminuendo il male, perchè il modo solo e l' esaggerazione è odiosa, che il resto si consente ad ogni uomo da bene. Conciosiacosache spesse volte il tacere in simili occasioni, possa dare indizio di cattivi costumi, se non si tace in presenza di persone, il rispetto delle quali ci renda scusati; ma quanto alla parte di chi ascolta, si acquista e si mantiene la grazia, udendo pazientemente e dimostrando attenzione, e talvolta eziandio piacere (di essere corretto;) e non facendo il sospettoso, nè pigliando sempre in mal senso le altrui parole; nè dimostrando mai di volersi accorgere ad ogni modo del male animo, che altri abbia verso di noi.

Più lungo e più particolare ragionamento si richiederebbe sopra tali avvertimenti, ma a noi basta di averli brevemente accennati, aggiungendo solamente alcune poche cose d'intorno all'adulazione. Perciocchè potrebbe forse parere ad alcuni, che fossimo passati troppo avanti ne' suoi confini, e ad alcuni altri, che ne fossimo rimasti troppo a dietro, essendo l'adulazione dalla maggior parte degli uomini, riputata la più certa, e forse la sola via di acquistar la grazia. Per il che rispondendo agli uni ed agli altri dico, che secondo me, sono due sorti di adulazione. La prima nasce dalla malizia, e dall' interesse di chi parla; la seconda dall' uso ordinario del conversare. Quella con disegno di trarne profitto, artificiosamente si spinge innanzi, e si studia d'ingannare. Questa senza alcun disegno, per sola tema di non offendere, mal vo lentieri va seguendo quell' altra, dalla quale non pur gli è fatta la scorta, ma è tirata seco come per forza, con porre in obligo certe umiltà, e rispetti servili, e vanissimi titoli, che sono già fatti proprii, e richiesti da ogni quailtà di persone; in modo che non si può del tutto fuggire anco dagli uomini virtuosi; e stando in questi termini circoscritti dall' usanza, noi ne abbiamo di sopra ragionato, astenendoci dall' altra vera adulazione, come da cosa non solo disconveniente ad un uomo da bene, perchè questo, come è facile a dire, così persuade poco, ma per avventura, come da cosa non molto degna di un uomo veramente accorto.

E per intendere ciò più fondatamente da' suoi principii,

cosa

fia bene d'investigare prima, che cosa ella sia, e poi conte si adoperi, e ultimamente ciò che ne segue. Ma a dover conoscere che cosa ella sia, ci faremo da quello, che è più noto a ciascuno, cioè che l'adulazione si ritrova principalmente nelle corti, ed ancora nelle republiche, e che in ogni luogo, quanto alle persone di chi adula, e di chi è adulato, l'adulatore ha bisogno o desiderio di alcuna cosa, la quale può acquistare, o conservare per mezzo di colui, che egli adula; perciocchè la persona che è adulata, è sempre o del tutto più potente dell' adulatore, o almeno tale, che in qualche modo può fargli favore o disfavore. Per il che nelle republiche si usa fra gli eguali, ed ancora da' superiori verso gl' inferiori. Resta adunque che solo i miseri e bassi uomini, che non sono riputati di poter giovare o nuocere in alcuna non si adulano. Ed all'incontro, che tanto i magnanimi ed i felici, quanto i presuntuosi, e quelli che si contentano dello stato loro, non sono adulatori. Ora tutto quello che altri vuole, si desidera come bene, ed il bene è virtù, onore, utilità, o piacere. Chi desidera la virtù, non ha che fare con l'adulazione, perchè non è mezzo che giovi, nè giovando sarebbe eletto. Il medesimo avviene nell' onor vero, che non è mai separato dalla virtù. Ma per ottenere le dignità ed i gradi e talvolta, laude, ed appresso per il guadagno o per lo diletto, si adopera l'adulazione; benchè per questo ultimo fine del diletto, più rare volte, come per esempio, quando altri finge di essere innamorato, perchè se ama da dovero, dice quello che sente, e spesse volte meno. Si adula adunque massimamente per acquistare utilità ed onore, e così per lo più gli avari e gli ambiziosi, sono gli adulatori.

Abbiamo veduto di che qualità di persone siano gli adulatori, e qual sia il loro fine. Ora essendo l'adulazione il mezzo che essi adoperano, conviene considerare il numero e la natura de' mezzi, che hanno gli uomini, per conseguire gl' intenti loro. Questi sono tre, la forza, la ricompensa, e l'amorevole volontà d'altrui. I due primi non convengono agli adulatori, perchè chi può far forza, o vuole dare la debita ricompensa, non adula; seuza che la forza è sempre del più potente, dove l'adulazione è del più debole; e la ri

compensa, rende gli uomini almeno in quell'atto eguali fra loro, dove l'adulazione gli fa disuguali. Resta l' amorevolezza, e questa si guadagna con la benevolenza, e si mantiene e gode con l'amicizia, o con la simulazione dell' una e dell' altra. L'adulazione adunque che non disegna dell'amico il bene, ma il suo proprio, sempre o con parole, o con ossequio, e talora con piccioli doni, quasi con esche, si studia di far ritratto; e s'ingegna di assimigliarsi alla benevolenza e alla amicizia per tutte le vie possibili. E prima alla benevolenza, laudando e celebrando colui, con chi ancora non conversa, acciocchè egli lo risappia; perchè tutto il suo fine è di acquistare a se grazia con colui, e non a lui gloria con gli altri uomini. E poi quando ha penetrato avanti, e già può conversare, imita, e supera ancora in dimostrazione la vera amicizia; perciocchè non desidera per colui assolutamente il vero bene, che spesse volte gli è dispiacevole; ma quello che gli pare bene, di che finge dilettarsi, conformandosi seco affatto di volontà; e però secondando gli umori di quel tale, e celebrando le sue opinioni, accresce in lui tutti gli affetti suoi naturali, e mostra alcuna volta di patire l'indisposizione, e l'infirmità istesse, come si legge degli adulatori di Dionisio, quando egli infermò degli occhi. Appresso perchè conosce che la severità non è atta all'amicizia, se ne spoglia talmente; che ognora mostra piacere o stupore di quello che altri dice o fa. E perchè naturalmente piace a ciascuno la libertà di poter fare e dire ogni cosa a modo suo, e la superiorità sopra gli altri, l'adulazione rifiuta del tutto le parti principali dell'amicizia, che sono la libertà dell'am monire e del riprendere, e diventa quasi un eco di colui a chi si adula, e finalmente bandisce tutta l' egualità. E perciò, oltre la reverenza e rispetto che l'adulatore ritiene in tutta la conversazione, si fa anco inferiore in tutti i beni dell' animo e del corpo e della fortuna, e nei mali superiore. ecc.

XIX. Sed tempus est ut post longum per varia rerum genera diverticulum, ad Bernardum Guidonis revertamur, cuius biographia romanorum Pontificum, voluminis huius primum praecipuumque caput est. Neque iam de Bernardo rursus loquar, nisi quod auctorum nomina ab eo idemtidem laudatorum heic adscribam; insuperque indiculum addam Pontificum, ut hi facilius in libro nostro a lectoribus reperiantur.

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