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L'ERESIA DEI FRATICELLI E UNA LETTERA INEDITA DEL BEATO GIOVANNI DALLE CELLE 1).

I.

L'ERESIA FRATICELLESCA

L'eresia dei Fraticelli avrebbe dovuto formare il tema prediletto dei cultori del materialismo storico; poichè non v' ha dubbio, che la quistione della povertà è il perno di tutto il moto fraticellesco; nè v'ha altra eresia, nè anteriore nè posteriore, in cui la protesta contro l'ingiusta partizione tra poveri e ricchi sia più fiera, e il fattore economico appaia come il movente principale di una rivoluzione d' anime e di coscienze. Recentemente il prof. Rodolico nel suo bel libro La democrazia fiorentina nel suo tramonto ha un capitolo speciale su questo argomento, dove in contrapposto con quello che io scrissi anni or sono, cerca di provare << un' influenza sia pure indiretta di questo mo

1) Dai Rendiconti della R. Accademia dei Lincei. Seria quinta. Vol. XV. Anno 1906.

mento di vita religiosa sullo spirito di ribellione che anima il popolo minuto »... « Quando in una società, egli aggiunge, da per sè stessa abbastanza ribelle è lanciato un grido, sia pure da labbra mistiche, che lo stato primitivo, in cui non v'era nè il mio nè il tuo, è il più perfetto, e che la proprietà è una conseguenza del peccato originale, non tutti si sottopongono al sacrifizio di spogliarsi; i più tireranno da quel precetto conseguenze ben diverse: il richiamo dello stato di natura sarà rievocato dai contadini, tumultuanti per le vie di Londra nel 1381 che, massacrando alcuni nobili, cantavano: Quand Adam bêchait - quand Eve filait - où donc était le gentilhomme? Il principio che la proprietà è frutto del peccato farà proclamare ad Anversa la teoria che è lecito rubare al ricco per darlo al povero. E queste stesse idee turberanno da per tutto la coscienza popolare, faranno a Firenze concepire un Dio, solo esclusivamente protettore del popolo minuto, che si chiamerà popolo di Dio, imaginando così una divinità tutta a proprio benefizio» 1).

4) Niccolò Rodolico, La democrazia fiorentina nel suo tramonto (1378-1382). Bologna, Zanichelli 1905, pagine 73-74: cfr. p. 49 dove, citate alcune mie parole di una vecchia pubblicazione Un codice della Marciana di Venezia sulla quistione della povertà, Venezia, 1877, aggiunge che a torto io voglio escludere « confronti tra le quistioni religiose medievali e quelle nello stesso tempo avvenute, politiche ed economiche ».

Se l'eresia minoritica produsse questi effetti, ebbe la maggior punizione, che alla coscienza religiosa si possa infliggere, questa cioè che gl' insegnamenti suoi fossero proprio capovolti, e che nuove cupidigie si accendessero in quegli animi, in cui anche le antiche ella voleva spegnere. Ma fino a che non siano meglio di mostrati, a questi influssi persisto a credere poco. E per non parlare dell' Inghilterra e di Anversa, dove occorrerebbe di dimostrare che l'eresia fraticellesca avesse gettate tante radici come da noi, a restringerci a Firenze, io ripeto che il movimento ereticale può bene talvolta trarre alimento da contemporanei moti politici o sociali, ma nella sua origine e nel suo carattere è schiettamente religioso, anzi la sua forza sta appunto nell' esagerazione dello ascetismo, nella perfetta abnegazione di sè, nello staccarsi così bruscamente da ogni affetto e da ogni interesse terreno, che uno dei capi del movimento, il Clareno, non si sa bene se debba dirsi un santo, come lo predicavano l'abate di Subiaco e l'agostiniano fra Simone da Cascia, o un nequam haereticus come lo chiamava Giovanni XXII nei suoi brevi. Io non nego nè ho negato mai, che tutti i moti ereticali, non il solo dei Fraticelli, si dilatano quando le circostanze politiche o sociali sono loro favorevoli. Ed io stesso dimostrai come i Catari sapessero trarre tanto profitto dalle agitazioni del clero inferiore milanese, o della Pataria che si

voglia dire, contro il clero superiore, che nel corso del tempo non si fece più distinzione tra Patarini e Catarini, sicchè un moto, che al principio era tanto ortodosso da porsi sotto la protezione e direzione di Gregorio VII, divenne coll' andare del tempo schiettamente ereticale. E lo stesso possiamo dire del Catarismo puro. Che i Catari non abbiamo nulla che fare coi Ghibellini, è bene evidente; giacchè rispetto all' ascetismo cataro, predicante l'astensione dalle carni non solo il venerdì e il sabato ma tutti i giorni della settimana, quei fieri guerrieri dovevano sorridere di compassione. E il divieto non pure dalle seconde ma benanche dalle prime nozze doveva parer loro una strana aberrazione, la quale, se avesse trionfato, avrebbe posto fine alle guerre non per il soverchiare di questo o quel partito, ma per mancanza assoluta di combattenti. Tuttavia la dissidenza, o per meglio dire la ribellione religiosa sa ben trarre vantaggio dalle discordie politiche. Non v' ha alcun dubbio che nel secolo XIII in Firenze, quando fervevano le lotte tra Guelfi e Ghibellini, la maggior parte delle famiglie nobiliari fiorentine, i Nerli, i Pulci, i Cavalcanti ed altri molti prendevano sotto la loro protezione gli eretici, talchè si venne a non far più distinzione alcuna tra il dissidio politico e il religioso, e tutti i Ghibellini furon detti Patarini, ed è notevole che lo stesso Dante pare si sia lasciata vincere la mano dai ricordi dei

suoi maggiori di parte guelfa, e il cardinale Ubaldini e lo stesso Federigo II, se non li dice patarini, chè questo nome non è neppur ricordato nella Divina Commedia, li mette però nell'inferno tra gli eretici schietti, come a lui pareva fosse stato Papa Anastasio.

La stessa cosa accadde più tardi per l'eresia fraticellesca. I Fraticelli al principio non sono se non una parte dei frati minori, che staccatisi dai Conventuali, i quali sempre più si allontanavano dall' ideale della povertà francescana, ebbero da Celestino V la facoltà di comporre una nuova congregazione sotto il nome di Poveri Eremiti di Celestino. All'abdicazione di Celestino, ripararono in Grecia per campare dalle persecuzioni di Bonifazio, e senza dubbio in quel tempo presero il nome di Fraticelli della povera vita, o Fraticelli semplicemente, come si legge in due testi, che debbono per chiunque chiudere la discussione, cioè la Cronaca delle tribolazioni dello stesso Clareno e la bolla di Giovanni XXII, che abolisce definitivamente la corporazione fraticellesca, andando più in là dello stesso Bonifacio VIII, che si era contentato di ridurla all'impotenza col toglierle il dritto di confessare e di predicare 1).

4) Mi permetto di rinviare per le prove a due pubblicazioni precedenti: Tocco, I Fraticelli o poveri eremiti di Celestino secondo i nuovi documenti. Bollettino

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