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Signori, della storia fatale del secolo scorso, se credessi necessario enumerarvi le arti infinite con che ingannati i Reggitori delle Nazioni dalla congrega di tutti gli empj insiem ristrettisi sotto il nome di filosofi, forzarono la mano di un Pontefice, impaurito dalle minaccie di mali maggiori, ad offerire egli stesso in olocausto la Compagnia, ugualmente a lui fedele che al suo Gesù. Ignazio non morì pure allora, ma col consenso del Pontefice stesso riparò nelle Russie, quasi a nuova Manresa, da cui sarebbe sortito poi per nuove fatiche, per nuovi patimenti, per nuove glorie. Noi tutti, o riveriti Signori, noi tutti fummo testimonj delle seconde fatiche; noi tutti lo fummo della seconda guerra, e dovemmo sentir con orrore per le cattoliche nazioni alzarsi un solo urlo di belve che cercavano di saziare la loro fame rabbiosa sui. figli d'Ignazio; e dovemmo vedere meravigliando. che anche questa volta aprivano per nostra vergogna le braccia a riceverli le da noi divise per fede America ed Inghilterra. Sarem noi anche serbati a vederne le glorie seconde? Oh io lo spero, o Signori, io lo spero! La Compagnia le comprerà forse con altri sacrifici, ma già essa vi è avvezza, e non li teme. Già la Francia repubblicana sente le di lei difese eloquenti alzarsi dal seno della sua Assemblea. Già il profondo Britanno, già il libero popolo di Wasington schiudonle a gara scuole e collegi. Già l'Augusto Pontefice che divise nella sua stessa. Sacra Persona gli ultimi di lei affanni e pericoli, chiamasela intorno nella recuperata sua Sede. Già noi oggi la rivediamo in questo suo Tempio, e presto

la rivedremo nelle adjacenti sue mura. Ella ha dimenticato gli oltraggi, ha coperte di pietose bende le sue ferite per non vederle, e se alcuna cosa pure ricorda è di ricambiare le offese che il mondo le fece con un raddoppiamento d'amore....

O Ignazio, che io guardo tuttor vivo ne' tuoi, la tua sete di patimenti è ancor soddisfatta da quella moltitudine di furenti marosi che testè ti battevano? Sembrati che Iddio abbia esaudito abbastanza la tua preghiera? Oh lascia dunque che quind' innanzi la tua Compagnia, da Te chiamata al patire, conosca bensì le sofferenze, ma sian quelle sole che le verranno dal continuo sudare pel vantaggio e la riconciliazione delle anime; e fa che in questi beneficj perenni gran parte abbia la Città nostra, dov' oggi si festeggia novellamente la gloriosa tua ricordanza !

DELL' AUTORITÀ

(V. il preced. volume a facc. 60)

ARTICOLO V.

UNITÀ DEL POTERE SOVRANO NE' GOVERNI COSTITUZIONALI.

Negli Stati ove abbia luogo una rivoluzion po

polare, vale a dire ove l'autorità sia rovesciata dalla moltitudine, il potere si riorganizza quasi necessariamente nel senso di quella rivoluzione. Si faceva il tale e il tale altro rimprovero al Sovrano; si appoggiava la querela a questo ed a quel torto sofferto. Se il Sovrano è vinto in una lotta violenta, se egli cade, il potere di fatto che a lui sottentra non può non pensare di prima giunta a riparare i torti ed a far cessare i lamenti. Ma ciò di che si trova non meno occupato, si è d'impedire che le ingiustizie e gli abusi antichi si rinnovellino; e per conseguir questo scopo, si è naturalmente portato a limitare il potere del nuovo Sovrano. Di qui le diverse istituzioni de' governi misti, i consigli nazionali sotto il titolo di parlamento, di camera, di Stati generali, ecc., e la division de' poteri. Erasi creduto d'aver compreso che quando un sol uomo può dettare la legge e farla eseguire, non havvi nulla che lo rattenga, ed egli è padrone assoluto; la qual cosa in sostanza è vera. Imperocchè l'attributo del potere sovrano, si è di comandare e di essere obbedito. Per conseguenza è

venuto in mente che il mezzo di rendere gli abusi d'autorità, se non impossibili, almeno più difficili, sarebbe quello di decomporre e dividere l'autorità, facendo esempigrazia un potere legislativo, un potere esecutivo, un potere giudiziario, ecc., e di attribuire questi poteri a persone o ad assemblee differenti. Per un secondo calcolo, conseguenza naturale del primo, si è voluto che le parti fossero press' a poco eguali, affinchè potessero mutuamente bilanciarsi; il che si è convenuto chiamare l'equilibrio de' poteri.

Se questo ragionamento fosse giusto e fondato, egli è evidente che, ridotto alla pratica, in luogo di distruggere gli abusi,. distruggerebbe la stessa Sovranità. Di fatto la esistenza di più poteri eguali sarebbe la negazione di un poter superiore. Il buon senso dice adunque che il sistema dell'equilibrio è fondamentalmente falso ed erroneo.

Per rispondere a questa difficoltà, sarebbe mestieri presupporre che i poteri eguali s'intendessero così bene tra loro, che non avessero altro che un medesimo spirito, un medesimo oggetto, una .medesima volontà. Imperocchè presupporre in loro uno spirito ed una volontà contraddicentisi, e presupporli nel medesimo tempo eguali in forza, è stabilire fra loro una lotta che non può terminare e che produce la inazione. Ora l' inazione forzata nel governo equivarrebbe all'impotenza, cioè alla distruzione totale del sovrano potere. Se voi dunque presupponete, come abbiamo detto in primo luogo, che i poteri eguali sieno invece mossi da un medesimo spirito, da un medesimo pensiere, da una medesima

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volontà, voi ne fate necessariamente un potere unico; e in questo caso egli è vero che voi non distruggete la sovranità; ma voi distruggete il preteso equilibrio, e rendete di nuovo gli abusi, come per lo innanzi, possibili.

Del resto, non sarà necessario far osservare che quest'ultima presupposizione è del tutto gratuita e ridicolosa. Non si è giammai veduto nè si vedrà giammai la sovranità divisa in più poteri eguali, e producente il meraviglioso equilibrio che ha sognato la moderna politica. Dividere il poter supremo per modo che uno proponga e voti la legge, un altro comandi la forza armata, un terzo renda la giustizia, ecc., ciò non è difficile; e nella stessa monarchía, questa divisione esiste a certi riguardi. Ma fare in modo che non abbiavi gerarchía fra questi differenti poteri, non superiorità, non inferiorità, non influenza maggiore, non forza preponderante, questa è cosa al tutto impossibile; e saranno fadarno consultati gli annali de' popoli per trovare un solo esempio di tal fenomeno.

La divisione de' poteri è buona in sè stessa, ed anche necessaria, affinchè si abbia l'ordine ed una sopravveggenza efficace. Gli uomini od i corpi di cittadini incaricati del governo e dell'amministrazion generale, debbono potere osservarsi gli uni gli altri, avvertirsi, illuminarsi, e rattenersi a un bisogno. Ma questa divisione puossi chiamare la divisione della sovranità? Per chiarirci in proposito, fa mestieri discendere all'applicazione, e vedere gli esempj che noi abbiam sotto gli occhi.

Secondo la costituzione belgica, la sovranità si

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