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aurum in Ierusalem quasi lapides (2 Paralip. I, 15), un bel Cavallo, per le regie quadrighe, comperavasi in Egitto ed in Coa per la somma di 150 Sicli (3 Reg. x, 29: 2 Paralip. I, 17). (132) A' tempi di Mosè pare, che un bello Ariete immacolato si estimasse circa 2 Sicli di argento (Levit. v, 15; cf. Comment. Soc. Gotting. T. 111, p. 166-168).(133) A' tempi di Cristo S. N. in Gerusalemme vendevansi due Passeri per un Asse, e cinque per un Dipondio, o sia per due Assi (v. la prec. nota 93). (134)

IV. Prezzo degli Schiavi. Sebbene, giusta la Legge Mosaica, i miseri Schiavi trattar si dovessero

(132) Posto che il Siclo fosse fin d'allora tetradrammo, uno di que' Cavalli regii veniva a costare 600 Dramme; prezzo non troppo alto, poichè in Atene, a' giorni di Aristofane, un bel Cavallo da corsa o da sella pagavasi un 12 Mine, o sia 1,200 Dramme (v. Boeckh, Econom. des Athen. 1, 14,not. 334). L'Equus publicus, estimato in Roma mille Assariorum (Varro, L. L. VIII, 71, ed. Müller), forse si riferisce a tempi anteriori alla prima moneta d'argento, e perciò non dà regola certa. In Roma stessa, a' tempi di Varrone (R. R. 11, 1, 14), gli asini Reatini erano pregiati a segno, che a memoria di lui asinus venierit sestertiis millibus sexaginta, et unae quadrigae constiterint quadringentis millibus, cioè 73,700 Lire odierne Italiane (v. Letronne, Tabul.).

(133) In Atene una bella Pecora, destinata pe' sacrificj, valeva circa 10 Dramme, ossia due Sicli e mezzo (Boeckh, Op. c. 1, 14, not. 346: v. anche Annot. al C. I. Gr. n. 1688).

(134) In Atene davansi 7 fringuelli (σnivo, Aristoph. Av. v. 1079) per un Obolo, equivalente a circa 15 centesimi di lira Italiana, ossia a 3 Assi. In Gerusalemme il prezzo degli uccelletti vivi dovea essere un po' più alto che altrove, a motivo delle offerte assai frequenti che far se ne dovevano al Tempio (Levit. XIV, 4, al.).

con particolare umanità (v. Ackermann, Arch. S. 170), pure estimavansi a prezzo d'argento del pari che l'altre proprietà. Il giovinetto Giuseppe fu dagl'invidi suoi fratelli venduto per 20 Sicli agl' Ismaeliti (Genes. XXXVII, 28), che l'avranno rivenduto per prezzo alquanto maggiore nel vicino Egitto. E di fatti nella Legge di Mosè la vita di uno Schiavo o di una Schiava viene, a prezzo medio, estimata 30 Sicli (Exod. xx1, 32). E per 30 Sicli permise che fosse venduta la vita sua dal perfido suo discepolo Giuda il nostro Redentore (Matth. xxv1, 15). (135)

(135) In Atene il prezzo di uno Schiavo variava dalle 100 alle 200 Dramme (Boeckh, Econom. des Athen. 1, 13): ed in Alessandria d'Egitto il prezzo medio di uno Schiavo era di 120 Dramme (Flav. Ant. Iud. x11, 2, 3), che rispondono per appunto a 30 Sicli tetradrammi. In Roma pare non oltrepassasse i 200 Denarii. Ivi il servo ricevea pel suo mantenimento mensuale 4 o 5 Modii di grano, e 5 Denarii in contanti (Seneca, Epist. Lxxx, 7); e se era frugale e diligente potea in capo a sei anni accumulare un peculio sufficiente pel suo riscatto (Cic. Philipp. VIII, 11). Nel decorso di sei anni egli percepiva 360 Denarii; e posto che ne spendesse la metà per mantenersi vestito e per altri bisogni, gliene restavano 180 per redimersi. Quindi si pare come un migliaio di mercadanti accorse tosto per l'editto di Nicanore, che prometteva di dare per un Talento 90 Schiavi, che venivano a costare circa 67 Dramme a testa (v. la prec. nota 114). In casi straordinarii il prezzo di uno Schiavo fu assai più basso e vile. Le persone d'Iaso presa dai Peloponnesii furono da questi vendute a Tissaferne in massa per uno Statere Darico, o sia per 20 Dramme, a testa (Thucyd, v111, 28). Nelle contrade del Ponto, tuttora esenti dai danni della guerra Mitridatica, uno Schiavo

V. Mercede diurna, mensuale ed annua. A' giorni di Gesù Cristo S. N. la mercede diurna di un operaio ne' lavori rustici era di un Denario, come si pare dalla parabola Evangelica (Matth. xx, 1-16): Conventione facta ex Denario diurno acceperunt singulos Denarios. (136) Altri dubitar potrebbe, se si parli di un Denario reale, oppure nominale, o sia di dieci Assi, quale si era quello dello stipendio diurno delle milizie Romane; ma dee senza meno intendersi di un Denario effettivo, perchè altrimenti sarebbonsi nominati dieci Assi, siccome altrove un Asse e due Assi o sia un Dupundio. (137) Anche il

vendevasi per 4 Dramme, ed un Bue per una Dramma (Appian. Mithrid. 78). Il prezzo variava di molto anche in riguardo alla condizione e qualità personali. Così in Atene uno Schiavo pagavasi 200 Dramme, mentre che un altro non ne valeva a pena 50, ed altro ne costava 500 e ben anche 1000 (Xenoph. Memorab. 11, 5, 2: cf. Boeckh, Econom. des Athen. I, 13: Letronne, Journ. des Savants 1833, p. 484).

(136) Che il Denario fosse la mercede diurna di un operario, intorno ai tempi del Redentore, confermasi anche per quella storiella narrata dagli antichi dottori della Sinagoga (Berescith R. LX1, 6: cf. Michaelis, Comment. Soc. Gotting. T. 111, p. 146), che i loro padri cioè, a' giorni di Alessandro Magno, risposero agli Egiziani (che ripetevan da essi le spoglie portate via dall' Egitto, duce Mosè) che erano in credito della mercede di un Denario al giorno pe' 600,000 Ebrei, che in Egitto furono, pel decorso di 210 anni, ingiustamente astretti ad opere servili. Per tal modo gl' Israeliti avrebbero dovuto avere dagli Egiziani 45,990,000,000 di Denarii; somma che superava certo di gran lunga il valore delle pretese spoglie.

(137) E tanto confermasi osservando, che il tumultuante Percennio, lamentando la misera condizione del gregario Romano, dopo aver detto denis in diem Assibus animam et corpus

buon Tobia assegnava al compagno di viaggio del giovinetto suo figliuolo una Dramma al giorno, Apaxun ins nuɛpas (Tobiae v, 7, ed. Gr.), oltre il vitto e l'altre cose necessarie; onde sembra più probabile, che gli operai della vigna, oltre il Denario diurno percepissero dal padre di famiglia il vitto giornaliero, (138)

La mercede mensuale di un capo Pastore pare fosse di 30 Sicli all'incirca, o sia di un Siclo al giorno, e perciò quadrupla di quella di un operaio

aestimari, si contentava poi, ut singulos Denarios mererent (Tacit. Annal. 1, 17). Intorno al variar che fece lo stipendio delle milizie Romane veggasi il dotto Letronne (Consider. p. 27-29, 86). In Egitto il soldato, sotto i Tolomei, oltre il pane, percepiva circa sei Dramme di argento ogni mese, o sia poco. più di un Obolo al giorno (C. I. Gr. T. 111, p. 303); e a' tempi di Settimio Severo ricevea ogni bimestre 7 Artabe di grano e 20 Oboli (C. I. Gr. n. 5109).

(138) Nell' Editto di Diocleziano, sotto il titolo de Mercedibus Operarum, leggesi: OPERARIO RVSTICO..... DIVRNI DENARII VIGINTI QVINQVE; e pare doversi supplire PASTO, siccome in appresso PASTORI PASTO DIVRNOS DENARIOS VIGINTI. Que' Denarii aeris (v. la preced. nota 55) dovevano equivalere a 2 in 3 centesimi di lira Italiana; poichè due paja d' Uova nello stesso Editto trovansi estimate quattro Denarii. In Atene la mercede diurna di un operaio rustico era di 4 Oboli di Dramma Attica, (Lucian. in Timon. 6, 12: cf. Boeckh, Econom. des Athen. 1, 21, not. 545), equivalenti a circa 64 centesimi di lira Italiana. Gli operai della vigna dovevano avere mercede un po' maggiore sì per riguardo alla diligenza speciale necessaria in cotale cultura, e sì per la lunga giornata che fece lor dire: portavimus pondus diei et aestus. Varrone (R. R. 1, 17, 2) annovera fra' lavori maggiori dell' agricultura vindemias ac foenisicia.

comune. Il profeta Zaccaria, che facea le parti di primo Pastore, richiese la sua mercede; e poi soggiunge: et appenderunt mercedem meam triginta argenteos (Zachar. X1, 12). (139)

Conforme alla semplicità de' prischi tempi si è la mercede annua proposta da Mica al giovine Levita di Betleem nell'invitarlo che fece a rimanersi presso di lui come Sacerdote di casa (Iudic. XVII, 10): Daboque tibi per annos singulos decem argenteos, et vestem duplicem, et quae ad victum sunt necessaria; e sì che Mica dovea essere facoltoso, anzi che no, se la madre sua avea potuto metter da parte la somma di 1, 100 Sicli. (140)

(139) La mercede di un Siclo al giorno parer potrebbe ampia, anzi che spregevole; ma vuolsi avvertire, che il Profeta, oltre le assidue sollecitudini di supremo Pastore, nel decorso di un solo mese avea avuto il dolore ed il danno di dovere sterminare tre pastori subalterni. Neemia (2 Esdr. v, 15) ricorda, come esempio di estrema ingordigia ed estorsione, i Duci del popolo, che lo precederono, i quali gravaverunt populum, et acceperunt ab eis in pane et vino et pecunia quotidie Siclos quadraginta.

(140) In Roma, a' giorni di Seneca (Epist. LXXX, 7), un servo ricevea, oltre il vitto, 60 Denarii all'anno; onde nell'ipotesi di chi pone il primitivo Siclo pari ad una Dramma, o poco più, il Sacerdote della casa di Mica (non ostante la grande diversità de' tempi e de' luoghi) sarebbe stato in peggior condizione che uno schiavo in Roma. Pel sostentamento annuo dell' adultera (simbolo del popolo Giudaico prevaricante) il Profeta (Osee 111, 2) diede 15 Sicli, ed un Chomer e mezzo equivalente a 45 Modii di orzo (Hieronym. in Osee l. c.), che rispondono all'incirca a' 48 Modii che da prima davansi ad uno schiavo in Roma (v. la prec. nota 123).

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