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DISCORSO

D'INTRODUZIONE

Haec loquere, et exhortare, et argue cum omni imperio. Ad TITUM. II, 15.

Ego quod erat mei officii praestiti, nibil amplius possum; succurre o Deus! sacerdotio, quod conculcatur, leges violantur, fas subvertitur. S. JOAN. CHRYSOST. Hom. IV. De verbis Isaiae.

SOMMARIO

ART. I. La rivoluzione italiana in rapporto alla Chiesa.

ART. II. Gravezza della rivoluzione italiana, tanto maggiore quanto più calcolatá.

ART. III. Tendenze sistematiche della rivoluzione a togliere ogni esi

stenza giuridica della Chiesa.

ART. IV. La rivoluzione italiana è l'ultima e più infausta opera del protestantesimo e della frammassoneria.

ART. V. Come la politica dei cessati Governi in Italia abbia fatto trovare la Chiesa a fronte della rivoluzione.

ART. VI. Dei primi atti collettivi dei Vescovi Subalpini, e di quelli del Santo Padre PIO IX relativi al primo periodo della rivolu

zione nel Piemonte.

ART. VII. Carattere fondamentale degli Atti collettivi dell'Episcopato italiano. Versa nel vero spirito di unità e d'indipendenza. ART. VIII. Questi Atti consuonano mirabilmente con tutte le serie dei monumenti episcopali e papali per la indipendenza della potestà ecclesiastica da ogni potere laico e civile.

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ART. IX. Importanza di essi Atti: si desume dalli proficui effetti da

essi recati.

ART. X. Delle nuove condizioni onde i Vescovi e i cleri rialzeranno e raffermeranno la energia della loro ecclesiastica indipendenza, e il diritto dei religiosi istituti. Voti e speranze per l'avvenire.

ARTICOLO PRIMO

La Rivoluzione italiana in rapporto alla Chiesa.

1. Non ci è dubbio: a misteriosi fini di provvidenza corrono i tempi nostri in tutta Europa, e specialmente in Italia. Il giudicarne è assai difficile. Ma non così la speranza dei futuri eventi, pei quali, dopo quella degli uomini, comincia la storia di Dio; et dicet homo si utique est fructus justo, utique est Deus judicans eos in terra. Ps. 57.

2. La rivoluzione, oramai giunta sino ad accerchiare di armi minacciose il patrimonio di San Pietro, e a prospettar Roma, a cui da un secolo agogna come a suprema conquista (1), si crede alla vigilia (come dicono i suoi corifei) di quel suo gran giorno, in cui dal Campidoglio proclamerà i così detti principii dell'89, e il trionfo della società moderna sulle ruine di quella del medio evo e della Chiesa cattolica. Giacchè (dicono eziandio) l'Italia è fatta, e il Papato disfatto.

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(4) « Depuis long-temps la République française fomentoit le trouble et » la révolte dans les États Romains, et y préparoit sourdement la révolution qui devoit décatholiciser la capitale du Monde chrétien. G.-M. DEPLACE, De la persécution de l'église sous Buonaparte, Lyon, Impr. de Ballanche, 1814. L'autore vi segnò in corsivo il vocabolo décatholiciser, dacchè egli dice (in nota) ce terme barbare fut créé du temps de l'Assemblée constituante, pag. 9.

3. Ma se tutto ciò fosse vero, no'l griderebbero. È tuttora un delirio. Possibili, e diciam pure probabili nuove ruine. e forse anche che Dio no'l permetta) nella stessa Roma: ma, Italia fatta, e Papato disfatto, per quanto correlative elle sieno le due sentenze ne' disegni della rivoluzione sociale e anticristiana, altrettanto opposte e inconciliabili saranno sempre in effetto e in opera.

4. E in vero, qual debba essere questa Italia, la quale tuttavia corre precipitosa a una meta che ella ignora, e che non dee aver nulla delle antiche tradizioni religiose e civili, è assai malagevole a difinirlo per lunghe e severe riflessioni che vi si facciano. Finora non vediamo altro che ruine e propositi perseveranti di ogni cosa disfare, e nulla fare che durar possa, o non venga tosto in condizioni di sempre più chiarire i principii dissolutivi su' quali si erge il tristo sistema di questa che dicon società moderna o neopagana, di che vuolsi il più forsennato esempio in Italia, Ruine e danni vediamo di elementi, pei quali sperabil fosse di veder l'Italia pigliare suo stato di nazione potente e libera e saggia e forte per costumi e scienza, per leggi e istituti buoni e proprii, non possiamo illuderci di scorgerne almeno in germe, o in isfera di probabilità.

3. Noi proporremmo a tesi di ragionamento degno de' più eruditi pubblicisti questo calcolo di probabilità sulle sorti d'Italia procedente nella via presa, e nelle condizioni politiche in cui si è messa dietro i rivolgimenti più determinativi, da dieci anni in qua. Per un cotale discorso al certo non sarebbe difficile a rilevare la serie delle cagioni più ree e

fatali, onde l'Italia avrà progresso indefinito di danni e sciagure; e sarebbe, all'opposto, nonchè difficile, ma diremo meglio impossibile il discernere ond'ella abbiasi a sperare virtù fattrice di nazione grande e forte. Bisognerebbe ragionare a ritroso di tutti i criterì logici, morali e politici. perchè si potesse fondare certezza, o almeno speranza di vedere, dietro lo stato e le norme in cui già si è posta . una Italia signora di sè e temuta alle sue frontiere, autonoma in sua politica e giurisprudenza, ordinata da sue proprie leggi, composta da sue convenienti istituzioni, operosa per sè nelle sue molteplici industrie, arbitra e tutelatrice dei suoi commercî, e non diciamo infine onorabile per dignità morale.

6. Lasciando ad altri il considerare in tutta la sua ampiezza un argomento sì vasto ed importante, a noi giova il toccare di una, e certo principalissima, delle cause onde l'Italia è trascinata alla peggiore ruina, che è come il segno supremo di questa rivoluzione, la quale da tre secoli fa il giro d'Europa per soqquadrarvi la società cristiana e fedele, e ristabilirvi in suo luogo e reintegrarvi una società scredente e pagana. Il presente scritto, togliendo a proemiare una raccolta di autorevoli documenti, pei quali si manifestá che cosa abbia operato, e che agogni, la rivoluzione italiana riguardo alla Chiesa cattolica, prima vera ed eterna grandezza d'Italia; non può versare in altre considerazioni che nelle precipue concernenti al gravissimo danno delle cose italiche, laddove venga al suo termine una cotale opera di distruzione non men folle che sacrilega ed empia.

7. L'Italia, profondamente cattolica, e unica tra le nazioni per l'immortale privilegio di avere la Santa Sede Apostolica, il Magistero infallibile e universale del Sommo Pontificato e Primato di giurisdizione e di ordine in tutta la Chiesa di Gesù Cristo, per qualsivoglia mutamento di rivoluzione politica non può tôrre carattere e principio positivo di sociale e civile grandezza, rimossa dal sommo ed essenziale pregio di sua nazionalità, cioè dall'essere cattolica, e grande, e onorata, e perpetuamente civile, e signora del senno e della virtù pel seggio romano dei Papi.

8. Ciò posto, l'opera d'una rivoluzione intesa a distruggere, o almeno a cacciare d'Italia il Papato, o a ridurvelo in condizione di privata esistenza e di niuna propria esternità giuridica e sovrana, dee riuscire per l'Italia a tutto quel danno misurabile da' gradi a cui giunga la violenza delle aggressioni e sovversioni delle cose ecclesiastiche, e dei più fieri attentati contro la santa e sovrana Sede di Pietro. L'Italia, trascinata a consumare una si rea e orrenda opera, non potrà aversene altro effetto da quello del suo medesimo annichilamento morale e politico. La cieca demenza no'l vede; ma non si asconde agli occhi dei veggenti il segnale che sull'ultimo grado de' trionfi rivoluzionari in Italia sarebbe posto a suggello dell'ira di Dio, non altrimenti che avvenne per la nazione giudaica.

9. Ci sbigottisce il considerare la probabilità d'altri passi di questa rivoluzione; la quale, benchè ora disorpellata e nuda in tutta la sua mostruosità, nondimeno ha preso potere di giungere al suo peggiore estremo, laddove resti

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