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regii Stati. E poichè assegnava per ragione di siffatta domanda la necessità di coordinare lo sviluppo delle leggi a quello della società, l'E.mo sig. Cardinale Giovanni Soglia, allora Segretario di Stato, con Nota ufficiale (Docum. n. VI.) dei 27 dello stesso mese gli faceva riflettere, come l'ordinamento della disciplina ecclesiastica e delle leggi che la riguardano è del tutto indipendente dalle innovazioni politiche di uno Stato, e come sul proposito della immunità, già larghe e recenti concessioni erano state date al Piemonte dai romani Pontefici. Non pertanto nell'augusto nome di PAPA PIO IX gli significava avere SUA SANTITÀ condisceso che si tenessero i richiesti trattati affine di conoscere, se, e quale altra facilitazione potesse farsi dalla Santa Sede sul punto dell'immunità ecclesiastica, ed a tale effetto avere destinato plenipotenziario per parte della medesima Santa Sede l'E.mo sig. Cardinale Giacomo Antonelli.

5. In seguito di ciò il predetto ministro sig. marchese Pareto ai 14 del succeduto settembre con altra sua Nota ufficiale (Docum. n. VII.), diretta al Cardinale plenipotenziario pontificio, notificò ch'egli insieme col signor ab. Antonio Rosmini erano stati deputati per plenipotenziari del suo Governo, a nome del quale presentò un progetto di Concordato con alcune succinte nozioni di fatto sullo stato attuale della giurisdizione ecclesiastica negli antichi dominii di Terraferma (Docum. lett. A.). La scelta dei plenipotenziarii Sardi non riuscì disaggradita alla SANTITÀ DI NOSTRO SIGNORE, come è manifesto dalla Nota, con cui il Cardinale plenipotenziario ai 16 dello stesso mese accusò ricevimento delle comunicazioni fattegli dal ministro Sardo (Docum. n. VIII.). Fu però ben tosto riconosciuto quanto fossero inopportune ed esagerate le inchieste o piuttosto le pretensioni di quel Governo contenute nel suo progetto (Docum. Lett. A.), e come fossero fondate su falsi principii. Ed infatti l'abate Rosmini, dopochè le ebbe udite, rifiutò di prestare l'opera sua affine di sostenerle al cospetto della Santa Sede. Il SANTO PADRE intanto si degnò di ordinare al Cardinale suo plenipotenziario di fermare invece, tranne le particolarità proprie a ciascun luogo, come basi del richiesto Concordato quegli articoli che erano stati riconosciuti poco prima dal Governo granducale di Toscana per fondamento d'una convenzione (Docum. n. IX.).

6. Ma quando il sig. Cardinale Antonelli, in esecuzione dei comandi del SANTO PADRE, incominciava le sue conferenze col ministro Sardo, allora il sacro Collegio dei Cardinali e lo stesso romano Pontefice fu necessitato ad allontanarsi da Roma: e per tal ragione fu allora intermesso ogni trattato.

7. Non fu però intermessa la violazione delle prerogative della Chiesa nei dominii di S. M. Sarda. Irrompeva ogni giorno più contro alla religione ed alla morale la sfrenata licenza della stampa; e la legge menzionata di sopra; e pubblicata dal Governo per comprimerne gli eccessi, restava inefficace; ed altri progetti di legge più vigorosi proposti alle camere legislative erano rigettati, ed i reclami promossi dall'autorità ecclesiastica tornavano vani, ed intanto veniano pubblicati oltraggi ed ingiurie alle persone più cospicue ed intemerate, segnatamente del ceto ecclesiastico e persino al Vicario di Gesù Cristo. Ora tutti questi mali cagionati dalla legge, che avea resa libera la stampa, furono accresciuti da una seguente legge promulgata ai 4 ottobre dello stesso anno, in cui è disconosciuta la sorveglianza dei sacri pastori nelle università ed in tutte le scuole sì pubbliche che private, il cui governo è commesso ai consigli di pubblica istruzione, eziandio in ciò che si attiene all'insegnamento del catechismo ed ai maestri e direttori di spirito (Docum. n. X.). E fu in seguito introdotta pure la pratica di sostituire alla formola stabilita da Pio IV il simbolo apostolico nell'emettere la professione di fede, la quale ora vien fatta in mano dei rettori laici delle università dai professori, dottori, licenziati e maestri, quando pure questi fossero sacerdoti. I reclami promossi a tal uopo da alcuni vescovi non furono ascoltati, che anzi fu spedita, agli 8 di dicembre dello stesso anno 1848, una circolare (Docum. n. XI.) del presidente del consiglio universitario ai presidi e vicepresidi delle facoltà, con cui viene interdetto di potere in avvenire rassegnare ai vescovi le tesi da sostenersi nei pubblici esami. Quindi è poi derivata quella colluvie di tesi erronee divulgate colla stampa e sostenute nei pubblici esami: tesi enunciate in gran parte nell'opera, che fu poi condannata, di Giovanni Nepomuceno Nuytz, professore nella regia università di Torino, intitolata « Tractationes in jus Ecclesiasticum universum.

8. Nè le ingiurie recate alla Chiesa in quel tempo si limitarono a que

ste ordinazioni; che anzi neppure risparmiarono le persone ed i beni degli ecclesiastici, nè la veneranda dignità dei vescovi. È noto come i padri della benemerita Compagnia di Gesù cacciati da prima violentemente da Genova, furono poi obbligati nel marzo del 1848 a chiudere tutte le case e collegi posti in que' reali dominii: ed una tale arbitraria violenza fu quindi appresso sancita con decreto dei 25 agosto 1848 (Docum. n. XII.), col quale tanto i Gesuiti, quanto le Dame del sacro Cuore furono definitivamente espulsi, e tutti i beni sì mobili che immobili, fabbricati, redditi e crediti appartenenti ai Religiosi e Dame suddette, furono attribuiti al pubblico erario e consegnati in amministrazione all'azienda generale delle finanze. Nè quel Governo si è dato mai carico di fare ragione alle pontificie proteste rappresentate all'uopo con Nota ufficiale del Cardinale Segretario di Stato, sotto il 23 di settembre (Docum. n. XIII.). Ed è parimenti noto, che sul finire di quello stesso anno e sul cominciare del 1849, poichè la Camera dei Deputati aveva deliberato essere necessario di abolire le decime ecclesiastiche in Sardegna, fu di presente incaricata dal Governo una commissione, affine di proporre un idoneo progetto di legge per l'abolizione suddetta con tutte quelle misure, mutazioni, e disposizioni che vi si riferivano, abilitandola a procurarsi da qualsiasi dicastero, uffizi ed autorità tutti i ragguagli e documenti che potessero occorrerle pei relativi studi e lavori. E con quest'ordinazione che ledeva la immunità, fu gittato il seme di gravissimi mali che poscia ne derivarono.

9. Ed in questo tempo, anzi pochi giorni dopo di aver trasmesso il riferito progetto di Concordato, il marchese Pareto con sua Nota ufficiale dei 26 settembre, nel raccomandare alla Santa Sede di essere cautelata nel dare le dispense sul primo grado di affinità a norma del chirografo di Gregorio XVI. dato ai 22 novembre 1836, minacciava a nome del suo Governo la privazione dell' exequatur agli atti pontificii contenenti siffatta dispensa. Questa Nota spedita in conformità alla menzionata legge dei 25 aprile 1848 sull'exequatur, è ingiuriosa alla Sede apostolica più ancora che quella legge stessa, sia perchè direttamente inviata, sia perchè intendeva ad applicarla in oggetto relativo ai sacramenti. Fu perciò lasciata senza risposta, nella speranza appunto di ripararne l'oltraggio, quando il Governo, ravvedutosi

in occasione delle conferenze pel Concordato, cessasse di avversare la Chiesa anche su questo particolare.

10. Nè poi per essere intermesso allora ogni trattato, erano pure interrotte le apparenti relazioni di quel Governo colla Santa Sede. Anzi erano esse conservate con ogni premura: e mentre erano conculcati i più sacri diritti della Chiesa, erano insieme mantenuti ministri plenipotenziarii ed inviati straordinarii in istraordinaria missione presso il SOMMO PONTEfice. Infatti fu spedito in Gaeta con tale carattere il conte Cesare Balbo: ma per opera di lui non fu promosso alcun aggiustamento, nè fu data alcuna ragione di speranza all'animo vivamente addolorato del SANTO PADRE, a cui fu accresciuto dipoi il dolore per l'esito della missione straordinaria del conte Siccardi. Vennero essi in Portici ove dimorava SUA SANTITÀ nell'ottobre del 1849 pel doppio scopo, sì di proseguire l'interrotto trattato, sì di ottenere qualche apostolica provvidenza per le due sedi di Torino e di Asti, dalle quali si voleano dimessi i proprii pastori. Riuscì ad essi impossibile d'impetrare che questi due prelati fossero invitati dal SoмMO PONTEFICE a dimettere le loro sedi; imperciocchè mancavano quei motivi richiesti dai sacri canoni per tale effetto. Sicchè restato non soddisfatto questo loro desiderio, si partirono da Portici sul finire del novembre, senza avere mai parlato di Concordato fuorchè sul principio, quando manifestarono in voce di essere abilitati a trattare.

11. L'animo indulgentissimo della SANTITÀ DI NOSTRO SIGNORE rimase fortemente colpito dall'esito di questa missione, anche rispetto alla sinistra impressione che ne avrebbe potuto provare il giovane Re Vittorio Emanuele, Destinò quindi d'inviargli in suo nome monsignore Alessandro Charvaz, già vescovo di Pinerolo, allora arcivescovo di Sebaste, assunto poi all'arcivescovado di Genova, con sua lettera pontificia e col carico di dichiare a quel Sovrano le sue benevole disposizioni verso di lui e de' popoli a lui soggetti, e il grave obbligo impostogli dall'apostolico suo ministero di rigettare le domande che gli erano state fatte per indurre alla rinunzia i due prelati di Torino e di Asti. Il Re nella risposta che diede a SUA SANTITA Sotto il 15 di gennaio 1850, replicò quello che avea detto in voce a mons. Charvaz; l'assicurò di proteggere que' due illustri prelati; promise

the are quando prima proposta ale camere una legge suli istruzione prisbiva use font riconosciuto il diritto proprio dei vescovi, e che in

pp opportuno avrebbe fatto ricominciare glinterrotti trattati di Concurlalu e puí diede pure a leggere a quell'arcivescovo già formulato un propio di legge sulla stampa, destinato a reprimerne gli eccessi.

12. Quente assicurazioni e promesse del Re avevano aperto Tadito a buone speranze, nondimeno le cose rimasero nell'andamento già preso. Infalli, siccome lu poi risaputo, in quel medesimo tempo, cioè sul finire del 1849 e sul cominciare dell'anno seguente, furono fatte gravi violenze contro l'arcivescovo di Cagliari, il quale credette suo dovere di non cedere alle esigenze di quella commissione menzionata di sopra, e deputata a preparare il progetto di abolizione delle decime: e perciò ai 2 gennaio 1850 fu apposta perfino la mano regia su quella mensa arcivescovile: sicche illustre arcivescovo si trovò necessitato a pubblicare un monitorio di scomunica contro ai trasgressori delle leggi canoniche sulla immunità ecclesiastica. Questo medesimo progetto di abolire le decime fu poi causa di una circolare degli 14 gennaio dello stesso anno 1850, colla quale erano avvertiti í vescovi dell'isola a sospendere la collazione dei vacanti benefizi, per quanto lo consentisse il servizio della Chiesa e il decoro del culto. E fu in seguito di questa circolare che il Governo si è poi talora arrogata la facoltà di giudicare sulla convenienza di conferire o no i benefizii in quelTisola, e si è valso eziandio del suo exequatur per impedire alcuna collazione di essi, benchè fatta con autorità pontificia.

43. Quindi nel seguente febbrajo fu posta un'altra causa tendente ad accelerare la calamità di quel regno. Fu presentato dal ministro Guardasigilli sig. conte Siccardi alla discussione della Camera legislativa sotto il 25 del predetto febbraio un progetto di legge intorno al foro ecclesiastico, alla immunità locale ed alla osservanza di alcuni giorni festivi (Docum. n. XIV.): e con tal progetto oltre che si violava la fede delle recenti promesse date dal Governo per tenere trattato sul punto della sacra immunità, erano altresì conculcati i più solenni Concordati vigenti in quel regno, e sempre per parte della Santa Sede inviolabilmente osservati.

44. Ora nello stesso giorno e nell'ora medesima in cui veniva pro

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