vuta alla poca energia della causa, non alla resistenza delle parti, che si mostrerebbe ugualmente nelle decomposizioni operate dall'elettrico. Rimane per queste ultime riflessioni annientata dal Paoli quella objezione che già fu fatta alla sua teoria, come cioè fra parti lontane e mobilissime avvengano poi movimenti non rapidi, anzi lentissimi. Ma si narrino alfine, dopo di avere così bene preparata la via, si narrino i molti e quasi infiniti fatti che stabiliscono la reale esistenza del moto molelare ne'solidi. Il Paoli vi consacra un intero articolo, cioè il decimo: e ci manifesta una serie di fatti così luminosi e palpabili, che non sapremo in quale altro caso celebrar si dovessero i caratteri di una fisica evidenza. Primo si offre il fenomeno ovvio ad ognuno della molla, che per lunga pezza piegata, non torna poi alla sua primiera situazione o figura quando le sia tolta la forza comprimente; nè il fatto si accorderebbe colla formola datane da Nuvier (1), se la somma de'momenti delle forze che agiscono sulla molla non fosse variabile in rapporto inverso della durata di tensione. Questo fatto è analogo in tutto a quello di pressione lungamente esercitata sulla barra di ferro del professore Pictet. Vengono poscia le irregolarità del termometro a vetro che il Bellani (2) asserì capace di continuare per anni e mesi: non dissimili nell'effetto e nella causa da quelle osservate dal DeLuc nel suo termometro metallico (3); irregolarità (1) Bull. phil. 1823 p. 94 (2) Lett. al Dandolo sull'uso di vari strumenti necessarj al governo de'bachi p. 6. (3) Trans. fil. pel 1778. dipendenti da ciò, che dopo il riscaldamento le parti non tornano alla primitiva loro distanza e posizione, ma tornanvi bensì con un moto lentissimo dopo molti e molti mesi. E il perdere in gran parte la loro duttilità e flessibilità quelle sostanze metalliche del Bellani lavorate in tempo assai remoto, che altro indicava se non cangiamento di posizione nelle molecole? E quei gres flessibili di Cadet (1) perdenti a gradi a gradi la loro flessibità, quelle pietre o quelle rocce che s'indurano col tempo come alle osservazioni di Bacone, del Baglivi del Molina, del Breislak (2); quel successivo consolidarsi de'fabbricati dovuto all'induramento progressivo de' cementi, come opinarono Fourcroy e Cadet; quella continua oscillazione degli edificj avverata dall'insigne astronomo italiano Cesaris, dal Bouguer (3), dal Fabroni sulle chiese di Parigi da Vicat sulle volte del ponte di Souillac, che altro significano se non un moto intestino di parti? Il fendersi spontaneo del vetro, già riferito da Boyle; le osservazioni di Seebech circa la frattura di quelle lamine che cangiarono il modo di agire sulla luce (4); quelle registrate ne'comentarii di Bologna da Balbi, da Laghi, da Casali sul frangersi delle bottiglie (5), nelle quali la frattura seguita di alcune ore l'urto ricevuto, non provano e tutte e sempre un movimento di parti? Nè altro provano certamente le fenditure prodotte dalla lima (1) Bull. de pharm. t 6 p. 147. (2) Vojage dans la Camp. t 2. p. 266. sulle gemme che Brard descrive come sempre crescenti (1) fatto prima di lui riferito da Plinio (2): : * e quelle dell'enidri o delle calcedonie di Main riportate da Cadet (3). Che se tutto ciò appalesa il moto molecolare nell'interno de'solidi, abbiamo altrettanti fenomeni che ce lo addimostrano sulla loro superficie. Basterà citare quelli delle lamine di cristallo discorse dall'enciclopedia metodica (4) all'articolo adhérence; e il cubo di marmo levigato posto sovra di un piano da Coulomb (5), per rimuovere il quale doveasi adoperare una forza tanto maggiore quanto più era il tempo trascorso nel contatto, e decidere poscia sulla verità dell'asserto. Qui riferisce l'A. molti altri fatti che noi per amore di brevita lasceremo, sulle cristallizzazioni spontanee dell'orzo amorfo, sull'imbiancamento dello zolfo, sulle macchie che appajono alla superficie de' cristalli alluminosi di Marsiglia. Ma non debbonsi preterire quelli che vediam nascere sotto l'influenza del calorico; quali sono i nuclei di rame formantisi nelle piriti d'Agordo; il tessuto fibroso cangiantesi in cristallino sulle sferoidi basaltiche del Watt; il vetro mutato in porcellana del Reaumur; la malleabilità, la fragilità, la durezza, la tempera che pur si acquistano da molti e molti metalli. Viene in seguito la vitriolizzazione delle piriti ferruginose senza influsso calorifico; e vengono i cangiamenti chimici nei principj del vetro, per le belle esperienze di f (1) Min. app. t. 3. p. 167. (2) Lib. XXXVII. cap. 10 de rat. prob. gem. (3) Bull. de pharm. t 6. p. 147. & (4) Dict. de chim. t. 1 p. 486. Moscati, di Bellani, e di Faraday, con le quali il vetro assume un color porporino se resta esposto alla luce; il mutamento dal Boyle osservato nella turchina dove alcune macchie sembravangli de loco in locum migrare a simiglianza del gagate (1); quello da Patrin stabilito nel petroselce e nelle calcedonie zaffirine del fiume Amore, da Pallas rinvenuto ne'diaspri delle tombe de'tartari. Ma nella testa scolpita in selce piromaco del sobborgo di Roule (2), la quale meritò l'attenzione di Fourcroy, di Berthollet, di Vauquelin, di Guyton, abbiamo un esempio quasi maraviglioso di alterazione avvenuta in uno de'corpi i più compatti che si conoscano, alterazione derivante sicuramente dall' azione lentissima di un moto intestino. Nell' undecimo articolo si fa il Paoli a discutere l'impotenza di alcune cause per produrre varj fenomeni che nei minerali si osservano, e che al mo to molecolare si debbono, anzichè all'azione dell' acqua, dell' atmosfera, della evaporazione, come taluni argomentarono. Di fatto gli esperimenti dal Davy operati con la macchina pneumatica sopra molti cristalli e specialmente sulle enidri, fanno credere che dove non esistano particolari fenditure, quelli rimangono impermeabili all' aria ed all' acqua; il che resta convalidato da quelle altre sperienze di Doebereiner sul vetro impermeabile all' ossigene ed all' azoto, ma permeabile all' idrogene. Che se dell' azio'ne chimica dell' acqua si favella, egli è chiaro che a seconda dei principj di Bergman l'acqua non è atta a disciogliere nelle viscere della terra quelle (1) De intest. mot. part. solid. quiesc. sect. VIII. 6G.A.T.XXIX. tali sostanze che non vale a risolvere coi più forti (1) Pag. 139 §. 116. (2) Instit. geol. §. 348, 432, 439, 443, 671 etc. |