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venerate follìe; passano per autorevoli gl' imprudenti consigli, gli stolti disegni, le incaute risoluzioni; e si consacrano infine col rispettabil nome della virtù i vizj più enormi, e gli errori più grossolani.

Tale si è, Uditori, lo stato infelice dell' anima, o abbandonata alla sua natural debolezza, o maltrattata da quelli stessi rimedj, da cui maggiormente si lusingava di aver Boccorso. Ma s'egli è vano sperar da essi salute, saranno forse perciò le malattie dello spirito di lor natura incurabili? dominerà per questo senza riparo l'errore? e l'amabile verità, cura e riposo dell' inquieto intelletto, sarà da esso eternamente cercata e non mai posseduta? Ah non è la condizione dell' Uomo sino a tal segno infelice. La provida Natura, o, per dir meglio, il Padrone e l'Artefice della Natura, oltre all' avere stabilito e saggiamente proporzionato alla grandezza dei mali il rimedio, ha fatto ancora di più. Ha egli disposto che questi mali medesimi divengano l' istrumento di molti beni, ed ha rivolto in pro nostro le nostre medesime disavventure. Quindi, per render facili queste scoperte, ei non le ha già distinte con un linguaggio speciale, nè le ha confinate ad una sola Nazione; ma le ha fatte comuni ad ogni sorta di genti e di linguaggi: nè ha condannato il genere umano a cercarle o tra le linee dei Geometri, o dentro ai calcoli degli Algebristi; ma le ha lasciate all'arbitrio di noi medesimi, ed alla libera facoltà di tutti quanti i Mortali. Per forza dunque di questa saggia disposizione, sebbene la mente sia circondata da mille errori, ha per altro il fortuna

to potere di ravvisarli, di considerarne le cause; e di arrestarne i progressi. Simile a quegli artefici che, volendo por mano a un divisato lavoro, dirugginiscono prima ed aguzzano i ferri con cui lo debbon formare; prepara ancor' essa e dispone avanti le proprie forze; n' esamina il ́ differente valore; ne misura i limiti e l'estensione; e prima di porle in opera, nel miglior modo che può, le rende attive e gagliarde. Quindi rivolgendosi alla massa confusa delle sue cognizioni, ad una ad una le separa e le sviluppa; si forma delle regole e dei principj per giudicarne con sicurezza; e secondo i rapporti che in esse scuopre, assegna a ciascheduna il suo posto, e fissa a tutte la propria loro natura. Dipoi dalle idee più composte alle più semplici trapassando, scende dai particolari alle specie, dalle specie ai generi, e da questi per gradi alle più astratte nozioni, ed ai più universali principj; ai quali in ultimo pervenuta, scuopre di là dall' alto, e come da un sol punto di vista, tutta la serie delle schierate nature, e le tante e sì varie diramazioni del Vero. Così colui, che da una bassa pianura non può distinguer gli oggetti circonvicini, và guadagnando le altezze di qualche aperta collina; e mira di là, non senza maraviglia, separato e distante quel che dai fondi credeva unito e vicino: indi, a misura che più si avanza, nuova sempre contempla e più magnifica scena; sino a che, giunto alla cima, gode di là signoreggiar collo sguardo la vasta estensione delle so ttoposte campagne, e riunire in un sol punto di vista la varietà sorprendente di tante cose, che gli erano per

l'avanti interamente nascoste. Finalmente questo immenso lavoro non è già l'opra di alcuna causa straniera, ma sol della propria attività dello spirito; la quale egli spiega pel canal di due forze; per l'attenzione, cioè a dire, e per l'esame; nomi, per verità, comuni e volgari, ma poco intesi, e meno usati fra gli uomini. Non dunque altrove, fuorchè nel fondo di noi medesimi, dobbiamo cercare il rimedio dei nostri mali; nè havvi altro mezzo nella natura, fuori di quello che abbiam descritto, che possa dar qualche ordine alla confusione della mente, e prepararla nel modo che si conviene alla cognizione del Vero. Non perchè gli oggetti esteriori sieno i primi ad esser sentiti, sono per questo i primi a dover essere esaminati. La verità delle cose hassi a scoprire per la verità delle idee; e il primo studio di un' anima ragionevole non altro certamente esser debbe, che l'anima e la ragione. Nè ci seducano le stolte opinioni di certi falsi sapienti, i quali non solamente questi eccellenti e nobilissimi studj trascurano, ma ancora chi li coltiva deridono ed hanno a vile: quasi la mente, che può spaziare, a dir loro, dall' alto dei Cieli sino alle viscere della Terra, non sia capace di fare un sol passo per rientrare in sè stessa ; e il sapientissimo Iddio, avendoci fatto conoscere lontanissimi corpi, che poco o nulla ci possono interessare, ci abbia di poi lasciati in una intera. ignoranza di quello che più ci tocca, cioè a dir degli spiriti e delle lor facoltà. Imperciocchè costoro che così pensano, piuttosto che la mancanza dei nostri lumi, o la provvidenza del Creato➡

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re, accusar solo dovrebbero la propria ignoranza e dappocaggine; se forse dir non vogliamo la mala loro fede, o altra causa peggiore. Piccoli sono, non v' ha dubbio, i confini dell' umano intelletto, limitato ed angusto il regno della ragione; vastissimo per lo contrario il campo delle verità sconosciute, e di quelle che forse mai non sapremo: e sino là dove splende il maggior lume della evidenza, ivi presso si trovano per l'ordinario le più invincibili tenebre della ignoranza. Ma l'esperienza ci fa vedere che questo intelletto e questa ragione non ci abbandonano quasi mai, che allora quando superbi cercar vogliamo certe verità curiose ed ardite, alle quali non giunge la nostra corta natura, o che nulla rilevano pe' nostri veri interessi. Così quando vogliamo internarci in tuttaquanta l'essenza della nostr' anima, quando tentiam discernere gl'imperscrutabili vincoli che la uniscono al corpo; quando perfine osiam penetrare nelle secrete corrispondenze dell' una e dell' altra sostanza; allora forza è certamente che ci perdiamo, e che ci manchi del tutto ogni soccorso. Ma quando si tratta di svilupparne le proprietà, di additarne le operazioni, di fissarne e paragonarne le forze, di cercar finalmente i diritti che le competono, e i doveri che l'accompagnano; non sono allora, Uditori, le straniere scoperte, che soglion farsi sui corpi, di gran lunga sì vive e così certe, come queste domestiche ed interiori, che noi facciam sulla mente. Le verità che scopriamo diventano allora parte essenziale di noi medesimi; e la certezza che le accompa

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gna è eguale a quella della nostra stessa esistenza. Possiamo, egli è vero, ingannarci, giudicando dei corpi, di cui non ci son ́ note le proprietà, che per l'ajuto dei sen◄ si (mezzi stranieri, e ben sovente fallaci ): ma non può l'anima non sentire quello che in essa di mano in mano interviene, e non accorgersi colla maggiore evidenza di quegli stati nei quali trovasi, attualmente. Quindi laddove le verità sensibili non sogliono tramandare che un lume debole malsicuro e cangiante; inondano per lo contrario le verità spirituali la mente con una pienezza straordinaria di luce; luce non mai soggetta nè a diminuzione nè a cangiamento, e contro la quale vana è la forza, ed inutile la resistenza. Ma costoro che, involti nella materia e strascinati dai sensi, altro non san pensare nè immaginare fuorichè sensi e materia, non sogliono persuadersi per l'ordinario che possa esservi al mondo verità d'altra sorte, fuorchè di quella che ad essi è nota. Avvezzi mai sempre a star fuori di sè medesimi, non sanno dimorare seco stessi un sol momento; e, dissipati tuttora tra la folla infinita degli altri oggetti, perdon di vista quei che sono loro proprj, e dei quali soltanto, rigorosamente parlando, è nociva e colpevole la ignoranza. Similmente coloro, che ad altro mai non attesero che a tener conto di nomi e di parole, o ad ammassar nella mente un confuso registro di fatti e di opinioni, non possono immaginarsi che altrove consista l'uman sapere, che là dov' essi tante infelici vigilie, e sì grandi fatiche impie garono; e disusati all' esame ed ignoranti del modo di

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