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si è compiaciuta inviarci, ed abbiamo egualmente ammirato in essa la magnificenza di Vostra Maestà, e la eleganza del lavoro. Penetrati da una viva riconocenza rendiamo alla Maestà Vostra le più distinte grazie per un dono si generoso, che sarà sempre conservato e ammirato come un monumento della di Lei munificenza e della memorabil epoca che rammenta. Noi ne faremo uso per la prima volta nell' imminente ricorrenza della festività dei gloriosissimi santi apostoli Pietro e Paolo alla occasione del solenne Pontificale, che celebraremo nella Basilica di San Pietro, e così la città intiera sarà ammiratrice nel sommo pregio del dono della grandezza del donatore. Noi ripetiamo alla Imperiale e Reale Maestà Vostra i sensi a Lei ben noti del Nostro animo, e in pegno del paterno affetto le diamo con tutta la effusione del nostro cuore l'apostolica benedizione. Datum Romæ apud Sanctam Mariam Majorem die 23 Junii 1805, Pontificatus nostri anno sexto.

XXX.

Bref de Pie VII à l'empereur Napoléon 1o.

Romæ, 1 Julii 1805.

PIUS PP. VII.

Carissime in Christo Fili noster, salutem et Apostolicam benedictionem. Partono da Roma i Signori Brigode e Durosnel destinati dalla Maestà Vostra Imperiale e Reale ad accompagnarci nel Nostro viaggio. Noi tradiressimo il Nostro cuore se non rendessimo una lodevole testimonianza alla condotta da essi tenuta, alle attenzioni e alle cure che si son date per Noi, e dobbiamo attestare che non potevano meglio riempire le graziose intenzioni di Vostra Maestà.

Nel tempo che li medesimi si sono qui trattenuti, Noi abbiamo avuta per loro tutta quella considerazione che meritavano due soggetti, che appartengono alla Maestà Vostra, desiderando di far conoscere nei riguardi per essi i titoli di riconoscenza e di affetto, che ci legano strettamente al loro padrone.

Soddisfatti come Noi siamo della premurosa assistenza reddutaci da questi due giovani nel Nostro viaggio non troverà la Maestà Vostra inopportuno, che li raccomandiamo alla di Lei bontà, e la preghiamo a fargli conoscere in qualche favorevole congiuntura con qualche loro vantaggio la di Lei Sovrana soddisfazione per la loro condotta a Nostro riguardo.

Dopo di ciò rinnoviamo alla Maestà Vostra i sentimenti del Nostro paterno vivissimo affetto, col quale restiamo dandole con tutto l' animo l'Apostolica Benedizione. Datum Romæ apud Sanctam Mariam Majorem die 1 Julii 1805, Pontificatus nostri anno sexto.

XXXI.

Bref du Pape à l'abbé du mont Cenis.

DILECTO FILIO RELIGIOSO VIRO GABETO MONTIS CENISII ABBATI.

Prus PP. VII.

Romæ, 3 Augusti 1805.

Dilecte Fili, salutem etc. Redditæ sunt tuæ ad nos litteræ, quibus multas tuorum quoque monachorum nomine gratias nobis egisti ob sacrum calicem nuper dono ad vos missum. Æquum profecto erat, ut aliquod benevolentiæ in vos nostræ pignus acciperetis, qui nos in Galliam proficiscentes, indeque redeuntes omnibus liberalissimæ hospitalitatis officiis prosecuti estis. Huc accedit instituti vestri ratio, quæ nostrum sibi amorem patrociniumque mirifice conciliat. Vos enim christianæ charitatis erga viatores exercendæ gratia montis asperrimi verticem perpetua quasi nive horridum rigentemque alacriter incolitis, exemploque vestro, quid sanctissima religio valeat, qualia juvandorum hominum studia excitet, palam ostenditis. Qui se philosophos esse aiunt, cum hoc nomine indignissimi sint, humanitatem nescimus quam inflatis buccis quotidie crepant, a minima tamen incommodorum vestrorum in ea sublevanda parte sibi suscipienda alienissimi deprehenduntur. Nostram itaque voluntatem nunquam vobis defuturam, vestrique hospitii res magnopere cordi nobis esse, atque in perpetuum fore vobis pollicemur, dilecti Filii, quibus Apostolicam benedictionem intimo præcipuoque cordis affectu impertimur. Datum Romæ etc. die 3 Augusti 1805, etc.

XXXII.

Bref de Pie VII à l'empereur Napoléon 1er.

PIUS PP. VII.

Romæ, 6 Septembris 1805.

Carissime in Christo Fili noster, salutem et Apostolicam benedictionem. Noi abbiamo ricevuto la lettera di Vostra Maestà Imperiale e Reale dei 18 Agosto.

Le dimostrazioni che ci dà in essa del suo attaccamento alla religione e della sua opposizione al falso spirito filosofico del secolo ci hanno colmati di consolazione. Tuttociò che deriva immediatamente dalla Maestà Vostra, risente sempre della grandezza e della rettitudine del suo carattere.

Abbiamo intesa con trasporto di giubilo la sua disposizione a presentarsi a tutte quelle modificazioni che saranno possibili, rapporto alle ordinazioni emanate sugli affari Ecclesiastici nel suo Regno d' Italia. Con egual contento ancora abbiamo rilevata la di lei intenzione decisa e pronunziata di non darci soggetto di rammarico e di malcontento. Noi la ringraziamo con la maggior effusione del cuore di questi sentimenti, ai quali può ben esser sicura che corrispondono i nostri con la più perfetta e sincera reciprocità.

Niente di più grato potea farci la Maestà Vostra della destinazione del Cardinal di Lione per trattare con lui sopra i differenti oggetti relativi alla esecuzione del Concordato Italiano. La dottrina e la religione di questo degno Ecclesiastico ci ispirano la maggior fiducia del buon esito. Noi andiamo a destinare una persona degna di trattare con lui di questo affare, e ci auguriamo il più sollecito e felice successo per il bene della Religione e dei fedeli unico oggetto dei Nostri voti.

Noi cercheremo per tutti mezzi possibili la sollecitudine, ma Vostra Maestà dev' essere persuasa, che nelle materie che interessano la Religione, tutto conviene che sia pesato con esattezza e maturità. Sia persuasa egualmente che da Noi non si conosce alcuna politica, e che le massime del Vangelo e le leggi della Chiesa sono la Nostra guida in tutte le nostre operazioni. Perciò può esser sicura che si procederà con semplicità, con verità, e con il vero spirito di conciliazione e di moderazione possibile.

Non possiamo però dispensarci dal far osservare alla Maestà Vostra che nelle recenti ordinazioni emanate nel Regno Italiano, sulle quali le abbiamo presentato i nostri rilievi, non solo si contengono cose che secondo il Concordato dovevano concertarsi con la Santa Sede, e le quali si sono stabilite senz' alcuna nostra intelligenza, ma ve se ne contengono ancora ci quelle che direttamente opposte agli articoli del Concordato medesimo non possono formare oggetto di discussione. Il prospetto delle deviazioni delle ordinazioni dal Concordato, che noi già inviammo alla Maestà Vostra, chiaramente lo dimostra.

Se per una parte possiamo Noi prestarci a commettere ai conciliatori di suggerirci le providenze, et le modificazioni più opportune sulli oggetti, che secondo il Concordato dovevano stabilirsi con il vicendevole concerto, e che nelle ordinazioni sono stati definiti senz' alcuna nostra intelligenza, e in una maniera che si trova in opposizione con le leggi della Chiesa, per l' altra non sarebbe possibile l'ammettere discussione su quelli, nei quali le Ordinazioni si oppongono direttamente agli articoli del Concordato. Non si potrebbero in alcuna maniera e con alcuna modificazione approvare in questa parte le ordinazioni senza fare una ferita ad una convenzione tanto sacra e tanto celebrata. Noi acconsentendovi, o proseguendo a dissimulare, attireressimo sopra di Noi il comune rimprovero di negligente custode dei diritti della Chiesa convenuti e

stabiliti nello stesso Concordato, e la Maestà Vostra medesima discapitarebbe nella opinione della fermezza e della immancabilità delle sue promesse.

Noi non dubitiamo che in questa parte la Maestà Vostra non dia le più sollecite ed efficaci providenze, che alla sua saviezza parranno più convenevoli, per cogliere in seguito ogni effetto alle succennate ordinazioni, e che queste providenze saranno prese anche per i Stati di Parma e Piacenza, per i quali hanno luogo le stesse riflessioni, come già Noi facemmo rilevare a Vostra Maestà nella nostra lettera dei 31 Luglio.

Con la maggior compiacenza leggiamo nella sua lettera ripetute le proteste di Vostra Maestà di avere in tutte le determinazioni l'oggetto di recar vantaggio alla Religione e alla Chiesa. Ma pur troppo in alcune cose la di lei religione in mezzo a tante e si gravi cure è stata sorpresa, che le rette di Lei intenzioni sono state deluse. Si è fatto credere a Vostra Maestà che varie cose siano state fatte con utilità della Religione e con il gradimento stesso dei Vescovi e del clero, Noi abbiamo le prove che ciò è stato fatto credere a Vostra Maestà, ma che realmente in molte parti non sussiste.

La Maestà Vostra conosce la purità delle nostre intenzioni e la sincerità del nostro affetto verso la sua Augusta Persona. Può esser più che sicura, che in quelle parti, nelle quali può l'approvazione posteriore supplire alla mancanza del convenuto precedente concerto faremo che si usi tutta la moderazione e facilità compatibile con il fine primario che è quello del maggior bene della chiesa, della Religione e dei popoli. Abbiamo una ferma fiducia che la Maestà Vostra del pari in questi oggetti gradirà dal canto suo, che si facciano tutte quelle modificazioni che corrispondano allo stesso fine. Egualmente però siamo persuasi che sarà di suo piacere che in quelle cose, che non ammettevano altro concerto secondo il Concordato, si torni all' esatto adempimento del Concordato medesimo.

Vostra Maestà dev' esser convinta che Noi siamo animati dal più vivo interesse per la sua vera gloria e prosperità, e che siamo sinceramente desiderosi di vederla raccogliere il dolce frutto della riconoscenza e dell' amore dei popoli a Lei soggetti.

La sua somma penetrazione conosce certamente che i popoli sono giustamente attaccati sempre in particolar modo agli oggetti della Religione che professano.

Non discrediamo che siasi trovato da alcuno che sia stato fatto troppo per il clero in Italia, come Vostra Maestà Ci dice. Sia però persuasa che la gran maggiorità dei popoli benedirà sempre e sarà trasportata d'amore e di fedeltà verso la Maestà Vostra quanto più favorirà la causa della Religione e della Chiesa.

Quale consolazione sarà per Noi, qual gloria per la Maestà Vostra il dimostrare avanti al mondo ed alla posterità che oggetto di promuovere la Religione, da cui dipende la vera felicità dei stati ha strettamente uniti i nostri animi, e che a quest' oggetto sono dirette le nostre cure? Questo pensiero Ci riempi di gioja, come sarano stati oppressi dalla maggior tristezza, se ci fossimo trovati nella

necessità di far conoscere, che nelle pubblicate ordinazioni Noi non avevamo avuto alcuna parte.

Penetrati dalla fiducia di vedere in breve le cose composte con la maggior reciproca soddisfazione, e con la maggior gloria di Vostra Maestà innanzi a Dio ed agli uomini, restiamo con darle con tutta la effusione del Nostro cuore la paterna apostolica Benedizione. Datum Romæ apud S. Mariam Majorem die 6 Septembris 1805, Pontificatus nostri anno sexto.

XXXIII.

Pièces relatives à la rétractation de M Scipion Ricci, ci-devant
évêque de Pistoie et de Prato, en Toscane.

Io infrascritto Scipione Ricci, già Vescovo di Pistoia et Prato, confesso e dichiaro di venerare, ed accettare puramente, e semplicemente con il cuore, e con lo spirito tutte le Costituzioni apostoliche emanate dalla Santa Sede, contro gli errori di Bajo, di Giansenio, e di Duesnello, e loro discepoli, da San. Pio V fino al presente, ed in specie la Bolla Dommatica: Auctorem fidei, che porta la condanna di ottanta cinque Proposizioni estratte dal Sinodo di Pistoia, celebrato sotto la mia presidenza, e publicato per mio ordine. Riprovo quindi e condanno sotto le stesse qualifiche, che ne' rispettivi sensi, espressi nella sullodata Bolla tutte e singole le dette Proposizioni, desiderando, che a riparazione dello scandalo sia reso publico questo mio atto. Finalmente protesto di voler vivere e morire, nella Fede della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana, con perfetta sottomissione e vera ubbidienza al nostro San. Padre Pio VII, e a' suoi successori Romani Pontefici, come successori di San. Pietro, e Vicarii di Gesu Cristo. Firenze, questo di nove Maggio 1805.

Firenze, li 9 Maggio 1805.

Io Vescovo Scipione de Ricci mano propria, Io sottoscritto attesto, sul mio sacro carattere, che la presente dichiarazione è stata sottoscritta in mia presenza, da Monsignore Vescovo de Ricci, ed a me consegnata dal medesimo, per umiliarlo alla Santità di Nostro Signore Pio VII, in fede di chè ho firmato quest' attestato di mia propria mano e l' ho munito del mio sigillo.

(L. S.) BENEDETTO FERAJA, ARCIVESCOVO DI FILIPPI,
VICEGERENTE DI ROMA.

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